Cronicario: Fra la terra di Vichinghia e il “defecit” Usa
Proverbio dell’8 febbraio Il sole e la luna sono le migliori lampade
Numero del giorno: 2.800.000 Aumento occupati a tempo indeterminato nell’Ue nei primi nove mesi del 2016
Poiché ieri mi sono intristito col pianto greco, oggi decido di regalarmi un bel viaggio in Vichinghia, la terra dei biondi pallidi ai confini dell’Artico, più comunemente nota come Svezia che, fra le altre cose, ha lo straordinario vantaggio di stare fuori dall’euro e così almeno per oggi non ci penso.
Lo sapete già. Nella terra di Vichinghia la vita va che è una bellezza. Vi do giusto un paio di dritte per farvi schiattare d’invidia.
Ecco la prima: il mercato immobiliare.
Prezzi (e debiti delle famiglie) alti come si deve, mentre noi ci dobbiamo accontentare dell’Istat che rilascia i dati di compravendite e mutui, che al terzo trimestre 2016 crescono fra il 19 e il 20% rispetto a un anno prima. E dovremmo pure essere contenti.
La seconda è anche peggio. In Svezia il congedo parentale lascia nelle tasche dei bravi genitori il 60% del reddito. Da noi il 30.
Pure là, come dappertutto, la diseguaglianza è aumentata, ma comunque anche quelli più poveri qualcosina in più l’hanno mangiata, al contrario di quello che è accaduto qua.
E infatti la diseguaglianza misurata dall’indice di Gini è assai minore rispetto a quella da noi, dove lo stato spende un fracco di soldi e non conclude nulla.
Concludo in bellezza con una panoramica yankee-teutonico-vichinga.
Vedete: i vichinghi sono imbattibili. Nel caos del cronicario globale, che è tutto un rumoreggiare di crash in atto e in potenza, la Svezia è un’oasi nordica dove la mente si riposa e vede tutto d’un azzurrino boreale.
Socchiudo gli occhi e mi immagino vichingo anch’io, almeno per dieci minuti. Solo che quando riapro gli occhi la realtà mi aggredisce così
L’uomo più felice del mondo, sospetto. Ma il resto dell’America chissà. Non saranno rovinati come noi o quei poveracci dei greci, però guardate che gli capita.
E non è tanto la cifra, ma è il refuso che mi sconcerta. L’immagine l’ho presa dal WSJ, che notoriamente non sbaglia mai. Mi sorge il sospetto, perciò, che non sia un refuso. Che volessero davvero scrivere defecit invece di deficit. Forse ci vogliono dire qualcosa. E poi capisco: è latino: finalmente gli americani più istruiti hanno deciso di imparare un’altra lingua. Cosa non farebbero per dar fastidio a Mister T.
A domani.









