Perché agli Usa il debito costa meno di niente e a noi no

Come qualunque buon governante dovrebbe sapere – e purtroppo così non è – un debito è sostenibile se genera una crescita superiore al suo costo. Seguendo la definizione di un economista della Fed di S.Louis, potremmo indicare il costo del debito come la differenza fra il tasso di interesse reale (quindi al netto dell’inflazione) che il governo deve pagare sui suoi debiti e il tasso di crescita del pil, che corrisponde sostanzialmente a quello della crescita del reddito nazionale. Detto in soldoni, se pago dieci di interesse sui debiti, ma guadagno undici, alla fine pago i debiti e mi rimane pure qualcosa. Il debito ha un costo che mi posso permettere.

Si potrebbe discutere a lungo, come in effetti si fa, sul senso e la ragione di questi debiti, domandandosi persino se senza costanti deficit che finiscono con l’aumentare il debito complessivo magari non si crescerebbe di più. Ma queste sono discussioni che ci porterebbero lontano, quando invece lo scopo di questa rapida illustrazione è osservare questo grafico diffuso dalla Fed, che rappresenta il costo del debito pubblico americano, definito come da premessa, dagli anni ’60 in poi.

La curva descrive proprio il gap fra il costo degli interessi e l’incremento del reddito, quindi va in territorio negativo (esempio: anno 1972) quando il reddito cresce più degli interessi.

L’osservazione condotta dagli economisti della banca consente di sapere alcune cose molto interessanti. La prima è che a partire dal 1960 la curva è stata negativa per il 63% del tempo. Ciò significa che la crescita del reddito è stata superiore al costo degli interessi per tutto questo periodo. Gli unici momenti in cui la crescita del reddito è stata inferiore agli interessi è stato fra il 1981 e il 1995, nei primi anni 2000 e poi per un breve periodo all’indomani della crisi del 2008, quando il pil collassò. Ma è il primo periodo ad essere più interessante. Il picco di aumento del costo del debito si osserva nei primi anni ’80. Nel 1982 la differenza fra costo degli interessi e crescita arriva al picco di 8,75. Come mai? I cultori della storia economica ricorderanno che nel 1980 il nuovo presidente della Fed Paul Volcker portò i tassi di sconto al 20% per combattere l’inflazione a due cifre, con ciò determinando uno shock su tutti i mercati finanziari che condusse a un notevole aumento del costo del debito per molti governi, compreso il nostro.

Ma come si può osservare dal grafico, già due anni dopo il grosso dello shock del rialzo dei tassi di interesse era stato riassorbito. La crescita Usa riportò a zero a curva alla fine degli anni ’80, quando il costo del debito conobbe un’altra crescita che fu definitivamente azzerata nella seconda metà degli anni ’90. Quindi si arriva alla crisi dell’hi tech di inizio 2000 che spinse il governo a costosi salvataggi, anticipando il copione che si vedrà nel 2008. Ma il dato saliente è che gli Usa, a differenza di quanto è capitato a noi, sono sempre stati capaci di riassorbire i costi del proprio debito grazie all’andamento della crescita. Tanto è vero che il costo medio del debito nell’intero periodo è stato addirittura negativo per lo 0,67%.

Sulla base di questi elementi, possiamo fare un semplice osservazione. Possiamo consolarci quanto vogliamo pensando che l’esplosione del debito pubblico italiano sia stata determinata dal mitico divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia, che capitava proprio nel 1981 ossia in pieno shock Volcker. La verità pura e semplice è che ammesso che sia vero che il divorzio abbia generato l’aumento del debito, costringendo il Tesoro a vendere il proprio debito sul mercato che in quel momento chiedeva tassi elevati, è altrettanto vero che se avessimo generato una crescita adeguata (e magari mitigato i deficit) il debito non sarebbe esploso come di fatto è accaduto. Prendersela con l’aumento del debito senza considerare il disastro della mancata crescita serve ad assolverci dalle nostre responsabilità per le politiche che abbiamo condotto e regala pure degli splendidi capri espiatori. Ma è riduttivo. E falsa la realtà.

Un Commento

  1. Gianni Ercolani

    Scusa Maurizio, ma manca un particolare: la popolazione degli Stati Uniti é cresciuta nel frattempo da 220 M di persone a 330 Milioni. In altre parole esisteva un grande continente esiguamente sfruttato da un certo numero di persone. Lo stesso continente é ora sfruttato dal 50% di persone in piú. Non a caso il reddito pro capite é crollato. I giovani sono tutti laureati, e quindi indebitati, ma non trovano un lavoro corrispondente che gli consenta di restituire il credito, le auto su cui viaggiano sono anche esse a credito, che difficilmente sará esigibile. Sul boom edilizio pilotato dai crediti NINJA, meglio sorvolare. In sintesi la democrazia misura e premia la crescita del reddito pro capite non la crescita del PIL. Finche dura la democrazia, sarebbe bene ricordarselo.

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  2. vincesko

    Come conferma la Banca d’Italia, il debito pubblico cresce soltanto a causa degli interessi passivi (da 27 anni, tranne uno, l’Italia presenta un avanzo primario, spesso consistente). E per colpa in primo luogo del tasso d’interesse, che non può non rinviare alla responsabilità della banca centrale. Se avessimo un tasso d’interesse allineato a quello della Francia (che per certi aspetti sta peggio dell’Italia), il basso saggio di crescita dell’Italia sarebbe più congruo.
    Traggo dal mio libro LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO, di prossima pubblicazione:

    Va anche notato che, escluso il Portogallo, l’Italia col 4 per cento nel 2016 (che per fortuna è calato dal 5,2 per cento del 2012 per effetto del calo dei tassi grazie alla politica monetaria finalmente espansiva della BCE) ha il primato in UE28 dell’incidenza della spesa degli interessi passivi sul Pil,[132] che aumenta il deficit/Pil.
    BANCA D’ITALIA – Statistiche di finanza pubblica nei paesi dell’Unione europea – Spesa per interessi (in percentuale del PIL) Tav. 16
    PAESE…. 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016
    Italia…… …4,8 …4,9… 4,4 …4,3 …4,7 …5,2 …4,8 …4,6 …4,1 …4,0
    Francia …..2,6 ..2,8 …2,4 …2,4 …2,6 ..2,6 …2,3 …2,2 …2,0 …1,9
    Spagna ….1,6 ..1,5 …1,7 …1,9 …2,5 ..3,0 …3,5 …3,5 …3,1 …2,8
    Gran Br ….2,2 ..2,2 …1,9 …2,9 …3,2 ..2,9 …2,9 …2,7 …2,3 …2,5
    Germania .2,7.. 2,7 …2,6 …2,5 …2,5 ..2,3 …2,0 ..1,8 …1,6 …1,4
    Olanda …..2,0 ..2,0 …2,0 …1,8 …1,8 ..1,6 …1,5 ..1,4 …1,3 …1,1
    Grecia ……4,5 ..4,8 …5,0 …5,9 …7,3 ..5,1 …4,0 ..4,0 …3,6 …3,2
    Irlanda …..1,0 ..1,3 …2,0 …2,8 …3,4 …4,2 …4,3 ..3,9 …2,6 …2,2
    Portogallo 2,9 ..3,1 …3,0 ..3,0 ….2,9 …4,3 …4,9 ..4,9 …4,6 …4,2

    Tale primato dell’Italia non è dovuto soltanto all’entità enorme del debito pubblico ma anche al livello dei tassi d’interesse, che sono tra il doppio e il triplo di quelli che pagano la Francia e, soprattutto, la Germania, in barba ad uno degli obiettivi strategici dell’Unione Europea: la convergenza dei tassi d’interesse.

    9. Debito pubblico
    Nonostante il mastodontico consolidamento fiscale, il debito pubblico è aumentato durante il IV governo Berlusconi, con ministro dell’Economia Giulio Tremonti, (durato quasi 3 anni e mezzo), di 260 miliardi, passando da 1.650 a 1.910 miliardi e dal 103 per cento del Pil nel 2008 al 119 per cento nel 2011, anche per il calo di 170 miliardi del denominatore (Pil) e per il contributo ai fondi salva-Stato (quasi 60 miliardi complessivamente). Di altri 150 miliardi il debito è cresciuto col Governo Monti, arrivando al 128 per cento sul Pil (i dati sono quelli ante revisione ISTAT).
    Qui è utile fare una digressione. Il debito pubblico dell’Italia, con quasi il 132 per cento, è il più alto in rapporto al Pil in ambito UE dopo la Grecia, più del doppio del parametro di Maastricht, che com’è noto è del 60 per cento. Questo, secondo i critici, giustificherebbe la «discriminazione» dell’Italia nell’applicazione dei parametri rispetto agli altri Paesi, tra cui la Spagna, che ha attualmente un rapporto debito/Pil pari al 99 per cento, mentre prima della crisi economica era al 40%.[133] Il che significa che è cresciuto molto più di quello italiano, analogamente a come è avvenuto, peraltro, a tutti i Paesi di confronto, poiché l’Italia – come abbiamo visto – ha speso molto meno degli altri sia per il salvataggio delle banche, sia per la crescita. Infatti, il debito italiano (i valori sono quelli precedenti alle rettifiche dell’ISTAT conseguenti alla revisione dei criteri di calcolo del Pil) è passato dal 103 per cento nel 2008 (2° governo Prodi) al 119 per cento nel 2011 (4° governo Berlusconi), al 128 per cento (2.040 miliardi, governo Monti) e, inclusi i sostegni agli altri Paesi, al quasi 132 per cento attuale (2.323 mld al 30.06.2018),[134] quindi è ulteriormente aumentato in cinque anni e tre mesi di 273 miliardi, con un incremento percentuale del rapporto debito/Pil dal 2008 pari al +28,2 per cento; mentre quello spagnolo è cresciuto dal 40 per cento pre-crisi al 99 per cento attuale, con un incremento percentuale del +147,5 per cento, ossia più del quintuplo dell’Italia.
    Nonostante ciò, l’ammontare degli interessi passivi, grazie alla politica monetaria finalmente espansiva della BCE, è sceso (inclusi gli swap) dal picco di 86 mld nel 2012 a 66,[135] ma il dato ‘anomalo’ non è 66 bensì 86; anzi, a ben vedere è anomalo anche 66, poiché l’Italia col 4 per cento ha il primato (escluso il Portogallo) in UE dell’incidenza percentuale della spesa degli interessi passivi sul Pil, anche per il mancato controllo per troppi anni del tasso d’interesse prima da parte della Banca d’Italia e poi della BCE, variabile fondamentale atteso che l’unica determinante dell’aumento del debito pubblico, da 27 anni, tranne uno (2009), è la spesa per interessi passivi.
    Aggiungo che, considerando anche il debito privato (dati OCSE),[136] parametro altrettanto importante del debito pubblico e che andrebbe inserito nei parametri UE, la situazione dell’Italia (172,5 per cento del Pil) è migliore della Spagna (207,9), della Francia (233,9) e, soprattutto, dell’Olanda (261,3), uno dei maggiori censori abituali dell’Italia, in particolare del suo debito pubblico. Al riguardo, vale la pena di osservare che il FMI, nel recente report sul debito globale, sostiene che occorre contenere il debito pubblico per tenersi pronti agli interventi di salvataggio del settore privato, a fronte di una nuova crisi che si sta profilando all’orizzonte, invertendo preventivamente il focus dal debito privato al debito pubblico, come successe ex post per la crisi 2007-2008.
    Inoltre, il rapporto debito/Pil dell’Italia risente della perdita, al denominatore, di 170-200 miliardi di prodotto[137] a causa della doppia recessione, indotta dalla politica prociclica dell’UE.
    Infine, va considerato che:
    (a) Il debito pubblico italiano include attualmente delle poste straordinarie:
    (i) aiuti a titolo oneroso agli altri Paesi in difficoltà (circa 60 mld), sui quali l’Italia incassa interessi;[138]
    (ii) pagamento debiti pregressi PA (oltre 45 miliardi);[139][ 140]
    (iii) disponibilità liquide del Tesoro[141] (accantonamenti quando i tassi sono favorevoli), che variano mese per mese.
    (b) A fronte di un debito pubblico elevato, l’Italia ha una ricchezza privata elevata[142] e, come abbiamo visto, un debito privato relativamente basso.
    (c) Infine, avendo un avanzo primario elevato (a differenza della Spagna) e avendo messo sotto controllo la spesa pensionistica (l’età di pensionamento di vecchiaia italiana è benchmark in UE con 67 anni nel 2019 ed è agganciata alla speranza di vita), il debito pubblico italiano è giudicato dalla Commissione Europea e da Centri Studi internazionali il più sostenibile nel lungo periodo.[143]

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    • Maurizio Sgroi

      Salve,
      dire che del nostro debito ha colpa il tasso di interesse significa volutamente ignorare le ragioni di quel tasso (ossia il fatto che i creditori chiedono di più per prestarci i soldi), e soprattutto incolpare la banca centrale significa pensare che se il denaro fosse a basso costo non avremmo problemi. Entrambe le cose nascondono un chiara visione ideologica della realtà che non condivido. E dimenticano il dettaglio che il debito si confronta col pil per una precisa ragione. il post che ho pubblicato lo spiega credo con chiarezza. Dire che il debito sale per colpa degli interessi passivi, per fargliela semplice, trascura il fatto che ciò succede perché l’economia non genera abbastanza reddito per pagarne il costo. Per questo dico che è una mezza verità.
      Quanto all’avanzo primario, averlo non vuol dire che siamo molto virtuosi. Lo saremmo se l’avanzo primario coprisse almeno il costo annuo del debito, cosa che non è (e infatti siamo regolarmente in deficit fiscale) come molti governi in passato assicuravano di voler fare.
      Per illustrare tutto questo non serve un diluvio di cifre. Basta il buon senso.
      Grazie per il commento

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  3. vincesko

    Salve, io aborro l’ideologia. Nell’elevatezza del tasso d’interesse che i mercati pretendono dall’Italia, tra il doppio e il triplo di quello francese, non c’è nessun motivo legato ai fondamentali macroeconomici (tranne l’elevato debito pubblico, che si autoalimenta per colpa esclusivamente degli interessi passivi, la cui determinante principale è il tasso, che è quasi il TRIPLO di quello francese), né tanto meno il buonsenso, ma soltanto la… nuova divisione internazionale del lavoro, che ha assegnato da 25 anni all’Italia il compito di pagare lauti interessi sul debito.
    L’avanzo primario non è importante? Non sia ideologico. In recessione o stagnazione il pareggio di bilancio è una fesseria cosmica. Lo Stato non è una famiglia. E non c’è solo il rapporto debito/Pil.

    Ne abbiamo già discusso in passato, lei continua a non tenere conto dei dati https://thewalkingdebt.org/2017/10/03/cronicario-il-governo-fa-il-pieno-di-cazziatoni-per-il-def/).
    Sulle politiche fiscali divergenti, questa tabella dell’EUROSTAT già da me linkata in passato è più eloquente di tante parole:
    EUROSTAT – Deficit/Pil
    ……………….2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016
    Italia……..…..-1,5..-2,7…-5,3..-4,2…-3,5..-2,9…-2,9…-3,0..-2,6…-2,4
    Francia…..…-2,5..-3,2…-7,2…-6,8…-5,1..-4,8…-4,0…-4,0..-3,5…-3,4
    Spagna………+2,0..-4,4.-11,0..-9.4…-9,6.-10,4..-6,9…-5,9..-5,1…-4,5
    Gran Br………-3,0..-5,0.-10,7..-9,6…-7,7…-8,3…-5,6…-5,6..-4,4..-3,0
    Germania…..+0,2..-0,2..-3,2…-4,2…-1,0…-0,1…-0,1…+0,3.+0,7.+0,8
    Olanda ………+0,2..+0,2..-5,4..-5.0…-4,3…-3,9…-2,4…-2,3..-2,1..+0,4
    Grecia………..-6,7.-10,2.-15,1.-11,2.-10,3..-8,9..-13,1..-3,7…-5,9..+0,7
    Irlanda……….+0,3..-7,0..-13,8.-32,1.-12,6.-8,0…-5,7…-3,7…-2,0..-0,6
    Portogallo……-3,0..-3,8…-9,8..-11,2…-7,4..-5,7..-4,8…-7,2…-4,4..-2,0

    Le differenze di crescita tra l’Italia e altri Paesi UE sono ovviamente (tranne per i neo-liberisti) motivate anche dalle differenti politiche economiche implementate consentite dalla Commissione Europea, che ha usato un doppio standard, come ha attestato la Corte dei Conti dell’Unione Europea relativamente ai salvataggi.

    Tutte le banche centrali principali sono indipendenti (FED, che “aggiusta” le vendite dei titoli del Tesoro con i “dealer”, BoJ, BoE, perfino la supposta rigorosa Bundesbank “manipola” le vendite), ma stanno bene attente a non far salire il tasso d’interesse sui titoli di Stato. Tranne la BCE, la quale potrebbe ottenere una convergenza dei tassi d’interesse, che è uno dei suoi doveri di politica monetaria, soltanto se lo dichiarasse, ma non lo fa perché deve all’occorrenza punire i reprobi ai diktat della Commissione a trazione tedesca, che applica 2 pesi e 2 misure e formule giudicate da essa stessa inaffidabili.

    PS: Tutto ciò premesso, non è che concordo col progetto di manovra di bilancio del governo gialloverde.

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    • Maurizio Sgroi

      Salve
      Continua a insistere sul costo del debito e i tassi di interesse trascurando la questione della crescita. Dire che la scarsa crescita dipende dall’Ue fa torto alla sua intelligenza.
      Saluti

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      • Maurizio Sgroi

        Non l’ho offesa. O almeno non era mia intenzione è se è accaduto la prego di scusarmi. Ho detto solo che fa torto alla sua intelligenza se da alla commissione ue la colpa dei nostri problemi di crescita.

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  4. vincesko

    Caro Maurizio Sgroi, non mi sembra molto lucido, se mi confonde con un altro suo interlocutore. Lei continua a dare una motivazione tautologica: il tasso è quello perché lo decidono i creditori. Se draghi, nel 2012, avesse applicato questo principio “deterministico”, ora forse non ci sarebbe né l’Euro, né la BCE. Temo che sia lei ad avere una visione ideologica, e la proietta su di me.
    Mi pare che continuare sia inutile. Come elemento di riflessione, linko un recente articolo di un economista intelligentone di estrema sinistra sullo stessa tema:

    È il tasso di interesse, bellezza!
    di Sergio Cesaratto e Antonino Iero
    https://sinistrainrete.info/politica-economica/13683-sergio-cesaratto-e-antonino-iero-e-il-tasso-di-interesse-bellezza.html

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