L’inutile trasformazione del QE della Fed in QI(nfinite)

Per la seconda volta, ieri le cronache hanno rievocato il crash del 1987 osservando evidentemente sotto shock i crolli di Wall Street e delle altre borse mondiali che neanche i notevoli interventi messi in campo dalla Fed sono riusciti a frenare. Segno evidente che la crisi di fiducia che sta investendo i mercati richiederà ben più di quello che le banche centrali – Fed in testa – sono capaci di garantire al momento, che semmai sarà utile dopo, quando gli operatori finanziari ritroveranno la necessaria lucidità. Per il momento servono a poco.

Vale la pena tuttavia concedersi una breve divagazione per illustrare come le decisioni recenti della Fed seguano di pochi giorni una comunicazione della Fed di New York avvenuta lo stesso giorno del primo crash in stile 1987, ossia giovedì 12 marzo, dove con linguaggio molto tecnico ma estremamente istruttivo si annunciavano misure rilevanti per rimettere in ordine nel mercato dei Treasury e dei repo, ormai da mesi sotto stress. Ne abbiamo già parlato, di queste tensioni, quindi inutile ripetersi. Vale solo la pena ricordare che questi due mercati sono alla base  dell’infrastruttura stessa della finanza non solo Usa, ma globale.

Senza bisogno di farla troppo complicata, il desk della banca centrale ha annunciato che svolgerà operazioni sia sul mercato dei repo che su quello dei Treasury impegnando risorse notevolissime per assicurare che questi segmenti del mercato rimangano liquidi e profondi, ossia capaci di assorbire senza far schizzare alle stelle i tassi le richieste degli operatori.

Sul mercato dei Treasury la Fed continuerà a comprare 60 miliardi al mese di titoli, suddivisi su varie scadenze, generando quindi la liquidità corrispondente sulle riserve bancarie. Al tempo stesso già giovedì scorso la Fed ha messo sul piatto 500 miliardi per alimentare operazioni repo su base trimestrale, operazione ripetuta il giorno successivo per lo stesso importo e la stessa durata, oltre a ulteriori 500 miliardi per repo su base di un mese. “Le operazioni di pronti contro termine di tre mesi e un mese per 500 miliardi – aggiunge la nota – saranno offerte su base settimanale per il resto del programma mensile. Il Desk continuerà a offrire almeno 175 miliardi di dollari in operazioni di pronti contro termine giornaliere e almeno 45 miliardi di dollari in operazioni di pronti contro termine a due settimane due volte a settimana durante questo periodo”.

Anche senza bisogno di essere economisti, si capisce con chiarezza che la Fed già dalla metà della settimana scorsa stava vistosamente riportando sui mercati le risorse che aveva drenato con l’inizio dell’exit strategy. L’uscita dal QE e il rialzo dei tassi, in sostanza, hanno generato le condizioni ideali – mercati finanziari “asciugati” dalla bassa marea, sui quali si iniziavano a vedere le crepe prima celate dall’abbondante liquidità – per generare lo tsunami al manifestarsi dell’evento critico. Col risultato che la risacca del vecchio QE ha generato un altro QE, dove stavolta la E sta per emergency e che ormai si sta configurando come un QI. Dove la I sta per infinite.

Le decisioni della Fed di domenica sera confermano infatti che il percorso di normalizzazione monetaria statunitense è definitivamente tramontato. La banca infatti ha nuovamente azzerato i tassi di riferimento portandoli nel range fra lo 0 e lo 0,25%, mettendo sul piatto anche acquisti di asset finanziari per 700 miliardi, 500 sui Treasury e 200 di agency mortgage-backed securities, aumentando al tempo stesso le operazioni overnight e sul mercato dei repo. Al tempo stesso la banca centrale ha invitato le banche ad usare i propri buffer di capitale e di liquidità per prestiti, che negli anni dopo la crisi sono state notevolmente ampliati, al punto che adesso le imprese più grandi hanno asset per circa 4,2 trilioni in eccesso sui requisiti regolatori. Dulcis in fundo, la Fed ha azzerato i requisiti di riserva a far data dal prossimo 26 marzo.

La prima reazioni dei mercati non è stata favorevole. Ieri le borse hanno riportato crolli notevolissimi in tutto il mondo. Questo malgrado, sempre domenica, la Fed avesse annunciato che le principali banche centrali (Bank of Canada, Bank of Japan, Bce, Bank of England e la Swiss national Bank, effettueranno azioni coordinate utilizzando le linee di swap in dollari già attive per le quali è stato abbassato il costo del corrispettivo. Ma forse ai mercati questo non basta più.

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