Tre scenari economici per il prossimo autunno
Il problema, o il paradosso se volete, si intuisce leggendo le prime righe della relazione annuale della Bis, ovviamente in gran parte dedicata agli sviluppi della crisi sanitaria. Quest’ultima ha generato un’economia che ha finito col rafforzare la tendenza degli ultimi vent’anni a rimediare ai problemi economici con robuste iniezioni di risorse finanziarie, sia fiscali che monetarie. Scelta obbligata, scrive la banca di Basilea, ma che non risolve il nostro problema. Quale? Molto semplice: “Il mondo è entrato nella crisi improvvisamente e come un tutt’uno; i singoli paesi stanno entrando nella fase pandexit ognuno con la sua velocità e a modo loro. In particolare la crescita in molte economie emergenti è rimasta indietro e alcuni vedono una crescita persistente dell’inflazione”.
Che significa? Che proprio come il virus, che è simile per tutti ma fa ad ognuno un diverso effetto, la nostra globalizzazione funziona egregiamente come canale di trasmissione dei problemi, ma poi difetta a trasmettere altrettanto bene le opportunità. Problema noto, ovviamente, ma che la pandemia mette in luce con grande evidenza. I paesi più deboli, proprio come le persone più fragili, stanno rischiando molto e stanno affrontando con grande fatica le notevoli complessità che la gestione di un’economia di guerra – o da pandemia se preferite – porta necessariamente con sé, specie in un momento in cui il denaro sembra non finirà mai, quando è vero il contrario. La stagione degli stimoli a pie’ di lista – all’americana potremmo dire – volge silenziosamente al termine, e alla fine si faranno i conti.
Perciò è molto utile leggere i tre scenari che la Banca ha preparato per provare a immaginare la stagione economica che comincerà il prossimo autunno, quando alcune delle domande che da mesi martellano nella testa degli osservatori inizieranno ad avere le prime, iniziali, risposte. Ad esempio: l’inflazione in crescita. Sarà una tendenza momentanea, o ci stiamo avventurando in un percorso di aumento persistente dei prezzi? E poi: il valore degli asset: borse, mattone e persino le criptovalute stanno mostrando tendenze a strappare un rialzo via l’altro, con una crescente importanza degli investitori retail. Un segno evidente, scrive la Banca, del momento topico – e quindi rischioso al massimo – che stiamo vivendo sui mercati finanziari, e che l’andamento dell’inflazione potrebbe finire col condizionare.
Se la crescita dei prezzi si dimostrasse persistente, sarebbe inevitabile per le banche centrali tirare la corda. Circostanza che ai mercati piace poco. E poi ovviamente c’è il cuore della questione: l’andamento della pandemia. Il grande interrogativo è se e come le varie campagne vaccinali saranno capaci di prevenire nuove ondate, che potrebbero pregiudicare la ripresa in corso, che è stata robusta ma, appunto ineguale. Forte in Cina e anche negli Usa, meno in Europa, altalenante nelle economie emergenti. Ancora una volta non riusciamo a distribuire in modo equo opportunità e problemi, con i secondi a gravare più su quelli che già ne hanno molti.
I tre scenari, dunque. Quello centrale, che poi è quello augurabile, ipotizza “un recupero relativamente regolare”. Che poi il “relativamente” è quello che bisogna ricordare. In questo scenario la pandemia è “costantemente sotto controllo” e i consumi continuano a sostenere la crescita, come abbiamo visto accadere nel secondo semestre dell’anno scorso e nel primo del 2021. In molti paesi l’inflazione supera i target, ma si tratta di sforamenti temporanei, perciò le condizioni finanziarie rimangono distese. Ma anche in questo scenario “positivo”, rimangono le differenze che abbiamo detto all’inizio. Le economie emergenti (EMEs) – a parte la Cina – faranno una gran fatica. E chi pensa che la cosa non ci riguardi ha poco chiaro come funziona l’economia internazionale.
Il secondo scenario mette insieme una crescita robusta a un’inflazione che eccede le aspettative conducendo a un peggioramento delle condizioni finanziarie. I mercati reagiscono anticipando una stretta monetaria. La Banca mostra di credere poco alla plausibilità di un’inflazione stabilmente in crescita, ma ciò non toglie che i mercati possano crederci, e ai livelli di rischio attuali “la domanda chiave riguarda la resilienza dell’intermediazione finanziaria non bancaria, in particolare in un contesto di leva finanziaria nascosta e disallineamenti di liquidità”. Traduzione: non sappiamo come reagirebbero tante entità finanziarie che non sono banche ma che fanno circolare molti soldi.
Il terzo scenario ipotizza una ripresa in stallo a causa delle difficoltà di contenimento della pandemia. In questo caso le tensioni fiscali sarebbero insidiosi e anche la “restituzione” dell’eccesso di risparmi cumulati durante la pandemia all’economia rischia di bloccarsi. In questo scenario le difficoltà delle imprese potrebbero riemergere come scogli finiti in secca, mano a mano che la liquidità si asciuga dai mercati. Le stime delle perdite su crediti disponibili ci dicono che sono gestibili dal sistema bancario, a patto però che “il sostegno politico sia presente per tutto il tempo necessario”. E questo ci riporta alle insidie fiscali.
Aldilà degli scenari, un punto merita di essere sottolineato. “Prima o poi – scrive la Banca – la pandemia finirà, lasciando dietro di sé problemi che potrebbero essere più scoraggianti e duraturi”. Detto diversamente: il paradiso può attendere.