Rallenta il credito internazionale in dollari

Un paio di elementi di fatto, tratti dalle ultime rilevazioni statistiche bancarie della Bis, confezionano un’informazione che è saggio mettere fra le coordinate dei nostri ragionamenti. Il primo: i crediti transfrontalieri, nel secondo quarto del 2022 sono cresciuti dell’8 per cento su base annua, per un importo di 782 miliardi, ma la gran parte di questa crescita, ossia 515 miliardi, è dovuta al valore di mercato di contratti derivati “specialmente quelli registrati dalle banche dell’euro area a fronte di un’elevate incertezza e volatilità”.

Il secondo elemento di fatto, assai più rilevante, è che la crescita dei tassi di interesse negli Usa sta scoraggiando sempre le più le entità finanziarie non bancarie che agiscono fuori dagli Stati Uniti, a prendere a prestito dollari. La domanda da parte di questi soggetti è diminuita sia nel secondo che nel terzo quarto dell’anno, lasciando prevedere “una crescita più debole del credito generale”.

Come dobbiamo interpretare queste due circostanze? Fra le tante risposte possibile scegliamo quella più evidente: il rallentamento dell’economia, generato da fattori psicologici – le famose aspettative – e concrete decisioni – le politiche delle banche centrali – sta lentamente congelando il credito internazionale in dollari. E sarebbe strano il contrario.

Al tempo stesso aumentano le politiche di protezione – vedi i nutriti scambi di contratti derivati – di fronte a un clima che si percepisce, e forse lo diventerà davvero, come avverso. Il tutto suona come una gigantesca frenata che minaccia di prosciugare una delle fonti più remunerative della giostra finanziaria internazionale. Ossia l’ampia disponibilità di dollari a basso costo che ha favorito non solo l’indebitamento di molti paesi emergenti, che hanno emesso obbligazioni in valuta Usa, ma anche il giro d’affari di molti soggetti finanziari non bancari, che però hanno lavorato come banche negli anni del bengodi.

La diminuzione della fame internazionale di dollari (vedi grafico sopra) è l’ennesimo segnale della fine di un’epoca, iniziata col XXI secolo, quando l’oro di carta americana ha iniziato a rompere qualsiasi tipo di argine. E’ presto per capire se questo sia un arresto momentaneo di un trend ultradecennale o una semplice pausa. Molto dipenderà da quello che succederà negli Stati Uniti. A cominciare da domani, quando si voterà per il Midterm.

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