L’irresistibile decrescita della produzione auto Ue

La pandemia, perciò, c’entra fino a un certo punto, nel robusto calo della produzione di autoveicoli a motore a combustione osservato nell’Ue. Prima ancora che il Covid apparisse fra noi, si osservava – era il 2018 – un costante regredire delle auto prodotte, che fatto 100 l’indice di quell’anno, oggi quotano poco meno di 70, che equivale a un calo del 30,4 per cento.
Di questo 30 e passa per cento, un dieci punti di calo si sono osservati a partire dal 2018. Arrivata, poi, la pandemia, è successo in Europa quello che è accaduto altrove. Quindi la produzione si è affossata. Ma a differenza di altrove, dove poi si è ripresa portandosi più o meno al livello pre pandemico, in Europa non è riuscita a recuperare. Così siamo arrivati all’oggi, quando la guerra ha dato il colpo di grazia a un’industria già provata da mille complessità.
A proposito: come mai dal 2018 la produzione ha iniziato a declinare solo da noi? La Bce, che a questa singolarità ha dedicato un approfondimento, ipotizza che molto sia dipeso da “una combinazione di fattori connessi ai più rigorosi test sulle emissioni inquinanti attuati nell’Ue a partire dal 2018, alla transizione verso autovetture più ecologiche e alle difficoltà di approvvigionamento di input produttivi”.
Si è ripetuto insomma nel settore della produzione auto quello che si osserva altrove, nella nostra regione economica: la discrepanza fra l’ottimismo della volontà e una realtà che tende a divenire pessima. Di buone intenzioni è lastricato l’inferno, dice il proverbio. Quelle europee ne lastricano più d’uno.
E’ a partire dalla crisi del ’73-’74 che l’economia capitalistica è contrassegnata da una marcata tendenza alla sovrapproduzione, ovvero da forze produttive in eccesso rispetto al mercato disponibile. Sennonché, quando si produce troppo, il saggio di profitto sul capitale investito diminuisce e gli investimenti produttivi si riducono. Così, se le aziende automobilistiche sono in grado di produrre più automobili di quelle richieste dal mercato, per quale motivo si dovrebbe investire nella filiera ‘automotive’? Certo, vi sono prodotti nuovi ed economie in espansione, dove è possibile investire i capitali, ma non sono sufficienti a un rilancio complessivo dell’accumulazione paragonabile a quello che contraddistinse il trentennio successivo alla seconda guerra mondiale. È nel corso di questo ciclo di espansione limitata e di bassi aumenti della produttività, che dura ormai da cinquant’anni, che il capitale attua le strategie a breve termine per tenere alti i profitti: 1) intervenendo direttamente sul salario diretto e indiretto e operando la più grande redistribuzione al contrario della ricchezza, che si sia mai verificata nella storia del capitalismo; 2) tentando di ridurre (e ora di contenere) il costo delle materie prime e dell’energia per ridurre (e ora non accrescere in misura eccessiva) il costo degli investimenti; 3) aumentando per via finanziaria, tecnologica, politica e militare lo scambio ineguale a van-taggio delle economie ad alta composizione organica di capitale; 4) aumentando le fusioni, la concentrazione del capitale e i monopoli; 5) moltiplicando le attività speculative a breve termine. La multiforme crisi attuale (energetica, industriale, agricola, commerciale, speculativa e creditizia), di cui la crisi del mercato automobilistico è solo un aspetto, sfocerà in una recessione economica? In realtà, la recessione è già in atto, come dimostrano, sulla superficie della circolazione dei capitali, i saliscendi mozzafiato delle borse. Ma la speculazione, ancora una volta, è conseguenza e non causa di una crisi produttiva. Il capitalismo si trova, in effetti, di fronte a una crisi generale, che nasce dalla tensione permanente tra l’enormità delle forze produttive a disposizione e la limitatezza del mercato esistente, prodotti, sia l’una che l’altra, della legge del profitto. Ecco perché, alla fin fine, agendo sul tasso di sconto, le banche centrali, e in particolare la Fed, cercano in realtà di riattivare la bolla speculativa, esattamente come il gatto che insegue la propria coda.
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