Etichettato: commercio estero italiano

La scommessa italiana sul commercio internazionale

Comprendere e conoscere il nostro commercio internazionale è quasi un dovere per chi scrive di cose economiche o vuole semplicemente saperne di più, per la semplice ragione che, come è stato argutamente rilevato da qualcuno, il commercio internazionale ha letteralmente tenuto in piedi il nostro paese in questi anni bui e sempre più dovremo contarci anche in futuro, specie in mondo in cui si annunciano normalizzazioni monetarie e dove la ripresa dei corsi petroliferi rischia di mettere in crisi i nostri conti commerciali. Per chi non lo ricordasse, le nostre importazioni vengono ripagate dalle nostre esportazioni, e se queste ultime sono superiori, le eccedenze vanno a migliorare la nostra posizione netta sull’estero, e di conseguenza la nostra stabilità finanziaria. Cosa preziosissima, in un momento in cui tutto sembra congiurare per comprometterla. Ai nostri esportatori, quindi, dobbiamo gratitudine e l’augurio di fare sempre meglio. E in tal senso la lettura dell’ultimo rapporto annuale di Sace, società pubblica che aiuta le nostre aziende esportatrici a internazionalizzarsi, è una notevole fonte di informazioni che ci aiutano a fotografare con precisione lo stato del nostro settore esportatore.

Cominciamo dalle buone notizie, che ci sono. La prima è che il trend del nostro commercio estero è crescente e si stima lo sarà anche nel futuro prossimo, al netto delle varie disgrazie che possono capitare.

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Cronicario: Aiuto mi s’è ammosciato il commercio

Proverbio del 16 giugno Essere cortesi non vuol dire fuggire la lotta

Numero del giorno: 158.720 Richieste di sfratto in Italia nel 2016

E niente, sarà colpa della primavera, ma ad aprile s’è ammosciato il nostro commercio estero che rispetto al mese prima perde l’1,8% di export e lo 0,6% di import. Ci ha detto male il commercio extra Ue, dimagrito di 4,9 punti e un po’ meglio quello verso l’Ue, cresciuto dello 0,7, ma la congiuntura è stata bruttina. Senonché pure nel tendenziale – ossia il confronto su base annua – il nostro export è vagamente orrido.

Va un po’ meglio se confrontiamo il primo quadrimestre 2016 con quello del 2017. Ma il combinato disposto delle informazioni ci dice una cosa semplice: il nostro commercio s’è ammosciato ad aprile e potrebbe ammosciarsi di più in futuro. Il saldo commerciale di aprile, infatti, rimane positivo per 3,6 miliardi ma c’è la componente energetica a pesare: senza sarebbe stato 6,1 miliardi. Nei primi quattro mesi dell’anno i due saldi aumentano, rispettivamente, a 10,2 miliardi e 21,6, al lordo dei prodotti energetici e questo rimane il nodo principale dei nostri conti commerciali, malgrado compriamo in euro e a un prezzo del petrolio moderato.

Altro aspetto interessante, i nostri partner. L’Eurasia si conferma la nostra cassaforte di export, e l’Opec il nostro più esoso esportatore.

A penalizzare il nostro export è stata principalmente la minor vendite di autoveicoli e macchinari, mentre, in controtendenza col resto delle nostre esportazioni, è cresciuta la nostra domanda verso l’Opec. Caschiamo sempre su petrolio e gas.

Noiosetto eh? Ok cambio argomento. Anzi no: prima vi finisco di stroncare col commercio internazionale.

Che ci dice questo disegnino? Che nel 2017 il commercio estero cinese è tornato frizzantino, ma soprattutto che sono cresciute parecchio le importazioni cinesi dall’Ue mentre ad ammosciarsi stavolta è toccato all’export Usa verso la Cina. In generale sembra che i cinesi comprino di più all’estero e questo fa il paio con quello che dicono i sapientoni, ossia che i cinesi stanno imparando a spendere i loro soldi (o almeno a portarli all’estero).

Per concludere in bellezza ancora un paio di cosette da Eurostat. La prima: la crescita del costo del lavoro. Notate la differenza fra i rumeni e i finlandesi e poi spiegate a vostro figlio piccolo cos’è l’Ue.

La seconda, sempre made in Eurostat, è il dato annuo sull’inflazione, confermata all’1,4% a maggio. Confrontate l’inflazione estone con quella irlandese, e poi dimenticate quello che pensate di sapere sull’Ue.

A lunedì.