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Si rafforzano i conti esteri italiani

L’ultimo scorcio del 2023, illustra l’ultimo bollettino economico di Bankitalia, ha visto un robusto miglioramento della posizione creditoria netta dell’Italia sull’estero, arrivata a superare i 122 miliardi di euro (122,7 per la precisione), un importo pari al 6,1 per cento del pil. Rispetto al trimestre precedente, l’incremento è stato di 17,3 miliardi, in larga parte riconducibile all’avanzo di conto corrente, ossia del saldo dei nostri scambi di beni e servizi con l’estero.
Questa buona notizia ne contiene una meno buona. Il miglioramento del saldo corrente, infatti, è in buona parte dovuto al ripiegare della spesa per beni energetici, che era arrivata superare il 6 per cento del pil nel 2022 portando il saldo corrente in territorio ampiamente negativo. Se scrutiamo le varie componenti del saldo, osserviamo anche un’altra novità: nel terzo trimestre il saldo dei redditi primari, ossia le rendite nette dei nostri investimenti esteri, è diventato negativo, probabilmente in conseguenza degli aggiustamenti di valutazione. In compenso, è cresciuto il saldo attivo dei beni non energetici, che quindi segnala una certa ripresa del nostro settore esportatore.
Complessivamente, quindi, la dinamica della nostra posizione estera mantiene un tono positivo, anche se rimangono alcuni elementi strutturali di criticità, a cominciare proprio dalla nostra bilancia energetica, che da sola ha la capacità di squilibrare non solo i nostri conti con l’estero, ma anche di gravare notevolmente sul livello generale dei prezzi interni.
Sarà interessante, nei prossimi trimestri, osservare l’andamento dei redditi primari. Negli ultimi anni questa componente ha notevolmente contribuito agli attivi del conto corrente, ma adesso il quadro sembra essere notevolmente diverso. Da una parte c’è stato un lieve incremento degli investimenti esteri in Italia; dall’altro, come si può osservare dal saldo target sotto, una diminuzione degli investimenti italiani all’estero. Il tutto in un contesto di tassi crescenti che da una parte rendono più care le nuove emissioni – nel trimestre osservato sono state prevalenti quelle del settore privato (7,5 miliardi in obbligazioni per lo più) rispetto a quelle pubbliche – dall’altra rendono meno remunerativi gli investimenti obbligazionari esteri fatti in passato dagli italiani.

In sostanza siamo di fronte a una certa stabilizzazione dei conti esteri, che però galleggia su un mare potenzialmente molto instabile, se consideriamo i vari andamenti internazionali. Sarebbe saggio usare prudenza e mettere fieno in cascina. Quindi non succederà.
I redditi esteri tengono in piedi i conti italiani
I conti fatti da Bankitalia mostrano che siamo sempre più creditori dell’estero. Alla fine dell’anno scorso l’Italia aveva una posizione netta attiva di 132 miliardi, pari al 7,4% del pil, in aumento di 22,8 miliardi rispetto alla fine del 2020. Tale risultato è dipeso in larga parte dagli incrementi dei valori di portafoglio, quindi azioni e fondi comuni, molto più che dall’andamento del conto corrente, che di recente è andato meno bene del solito.

L’avanzo, come si può osservare dal grafico, si è ridotto l’anno scorso per lo più a causa del deficit energetico, che si è allargato – in pratica è quasi raddoppiato – e anche a causa del cattivo andamento dei servizi, sui hanno pesato più elevati costi di trasporto e di nolo. La tabella sotto espone i valori assoluti.

Sul versante degli investimenti, sempre nel 2021 l’estero ha comprato titoli italiani del settore privato per 24,3 miliardi, e ne ha venduti del settore pubblico per 27,5 miliardi, “a fronte di emissioni nette per 83 miliardi”, osserva la Banca.
A gennaio 2022, invece, sono stati venduti titoli italiani sia privati che pubblici, e pare che questa tendenza abbia proseguito anche nel bimestre successivo, quando si sono sviluppate notevole turbolenze sui mercati finanziari internazionali.
Ciò non ha impedito agli investitori italiani di proseguire i propri acquisti all’estero. Nel 2021 gli investimenti italiani di portafoglio fuori dai confini sono stati di ben 123,9 miliardi, ai quali si sono aggiunti altri 21,3 miliardi a gennaio di quest’anno. Destinatari sono stati in larga parte fondi di investimento. Mittenti: famiglie e assicurazioni. Al settore pubblico italiano sono affluiti 34 miliardi di prestiti europei per SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) e un anticipo dei fondi PNRR. Poteva andare meglio, ma non è andata troppo male.
