La pagliuzza greca e la trave del sistema monetario

Preoccupati come siamo dall’infinità di pagliuzze che ci accecano, non riusciamo a scorgere all’orizzonte la trave del sistema monetario internazionale, o sarebbe meglio dire come ha notato qualcuno, del non sistema monetario internazionale, che poi è la trave incrinata sulla quale poggia il sistema finanziario globale.

Per quanto ormai si riconosca malfunzionante e pericolante, questo non-sistema, la comunità internazionale, a cominciare dall’azionista di maggioranza, esita ad addivenire a una composizione, confermando con ciò la prassi che serva sempre un evento traumatico per convincere le persone di buona volontà a mettersi attorno a un tavolo e decidere.

Il caso greco, in tal senso, ne è esempio chiaro. Il caos post referendum una volta che la polvere si sarà posata, ci dirà se l’eurozona troverà la sua palingenesi o se sembra davvero destinata a una qualche forma di dissoluzione. Ma qualunque sia l’esito la vicenda greca un risultato l’ha già raggiunto: adesso la questione dovrà essere dibattuta sul serio, a livello sistemico, senza più pensare che basti allargare i cordoni della borsa perché le cose vadano a posto da sé.

Per il sistema monetario internazionale il discorso è simile. Malgrado sia fonte riconosciuta di squilibri, lo conferma anche la Bis che dedica al tema un approfondimento nel suo ultimo rapporto annuale, del sistema monetario non si parla perché la soluzione che è stata adottata è stata quella di annacquare i problemi con un diluvio di liquidità. Che poi alla lunga non ha fatto altro che esacerbare questi problemi.

Le banche centrali hanno sostanzialmente comprato tempo, arrivando ad cumulare asset superiori ai 22 trilioni, e portando i tassi a livelli mai così bassi nella storia, sperando che i paesi trovassero una soluzione di sistema. Cosa che non è accaduta. E temo anche solo ad immaginare cosa serva per convincere gli attori di questa tragica farsa a mettersi seduti a discutere per trovare una soluzione.

La diagnosi della Bis peraltro è chiara. Il sistema monetario internazionale (IMFS) è “incapace di di prevenire il formarsi di deficit di conto corrente insostenibili”, con i paesi in surplus “che non hanno incentivi a aggiustare il saldo mentre quelle in deficit sì”. A meno che non siano gli Usa, ovviamente. E tuttavia “gli squilibri di conto corrente sono stati al centro degli sforzi cooperativi del G20”.

Con pochi esiti, a quanto pare, visto che “il principale difetto degli accordi esistenti è che tendono ad aggravare le debolezze”. In particolare, nota la Bis, “il sistema tende ad aumentare il rischio di squilibri finanziari”, ossia boom creditizi, che poi hanno esiti negativi sulla produttività e a seguire sui salari, o degli asset che stressano i bilanci degli operatori, siano essi famiglie, stati o imprese, e finiscono col provocare gravi guasti macroeconomici.

Per arrivare a tale diagnosi, la Bis svolge un’accurata anamnesi analizzando le caratteristiche che compongono l’ossatura del sistema monetario e i suoi esiti principali. I punti principali sono tre: il peso del dollaro, con la sua straordinaria capacità di estendere i suoi effetti su tutto il globo, basti considerare (vedi grafico) che l’87% delle transazioni sul forex sono in dollari e il 62,9% delle riserve ufficiali pure; la limitata proprietà di isolamento dei tassi di cambio, che inducono i diversi paesi risposte politiche volte a evitare grandi differenziali di interesse nei confronti delle principali valute internazionali; le onde potenti generate dalla libera circolazione dei capitali e della liquidità globale, che superano i confini degli stati uniformando le condizioni globali della finanza.

Per dirla con le parole della Bis, “sistema monetario ha diffuso l’allentamento monetario e finanziario dal paese della valuta di riserva al resto del mondo, come ha fatto anche prima della crisi”. Che io traduco così: la politica finanziaria e monetaria americana, grazie alla libera circolazione dei capitali e alla titolarità di quella che di fatto se non di diritto è la moneta internazionale, decide di tutte le altre.

Ovviamente ci sono precise ragioni storiche che hanno determinato questa situazione che la Bis riassume efficacemente, ma che evito di ricordare perché ormai sono di dominio pubblico. Mi limito a sottolineare l’osservazione della Bis, che nota sorpresa come “l’avvento dell’euro e il trend di deprezzamento del dollaro iniziato nel 1970 non abbia materialmente cambiato il ruolo del dollaro come riserva di valore”. Per mancanza di alternative, come dice qualcuno. O forse perché non c’è alternativa agli Usa.

L’avvento dell’euro ha solo determinato che la Bce si è aggiunta al carro della Fed e adesso insieme, ma lascio voi decidere chi sia la vera locomotiva, “trasmettono le loro policy direttamente alle altre economie”. Come dato vi basti questo: il credito a prenditori non bancari denominato in dollari concesso fuori dagli Usa è arrivato a fine 2014 a 9,5 trilioni di dollari, quello europeo a 2,7 trilioni. Il che mi fa pensare a una forma riveduta e corretta del vecchio colonialismo ottocentesco.

Ciò che mi interessa di più raccontarvi è come la Bis immagini si possa arrivare a una soluzione.

Il primo punto che la Bis nota è che tenere la casa in ordine, dizione ormai comune che denota la capacità di un paese di non cumulare squilibri, siano essi fiscali o esteri, è un buon viatico per evitare i contagi. Il che sarà pure giusto, ma suona leggermente irrealistico: sfido chiunque a farlo quando girano così tanti soldi che cercano rendimenti e in una società che viene scientificamente addestrata al consumo compulsivo.

A tal fine le banche centrali, scrive la Bis, dovrebbero sempre più e meglio essere capaci di neutralizzare gli effetti di trascinamento del ciclo finanziario internazionale.

Pure, il buon senso nazionale poco può in mancanza di un coordinamento internazionale. “Muovere al di là del perseguimento illuminato del proprio interesse richiederebbe uno sforzo di cooperazione internazionale per fissare regole che vincolino le politiche interne”, scrive la Bis. e questo ci riporta al problema principale, che noi europei stiamo riscoprendo con la crisi greca: il conflitto fra le nazioni e gli organismi sovranazionali.

Rafforzare la cooperazione internazionale significa, volenti o nolenti, diminuire gli spazi di sovranità nazionale. Cosa che può anche riuscire quando si ha a che fare con piccole nazioni come quelle europee, e il caso greco dimostra che pure così non è detto che si riesca, ma che sembra vagamente illusorio quando ci sono di mezzo i banchieri del mondo.

Non a caso la Bis ricorda la linea di swap da 600 miliardi che la Fed concesse alle banche centrali partner all’esplodere della crisi, esempio di quel coordinamento, sempre a guida americano, che finora è il limite massimo raggiunto dalla cooperazione internazionale sul tema. E tuttavia anche questa pratica, qualora la si provi a trasformare in procedura codificata, incontra ostacoli.

L’idea di un prestatore globale di ultima istanza, ché questo poi è il significato del safety-net disegnato dalla Fed con gli swap, porterebbe il perimetro del sistema monetario fuori da dov’è, ossia dal non luogo a guida americana, e magari dalle parti del FMI, che comunque, in assenza di riforme delle quote, anch’essa bloccata dagli Usa, rimane un utile strumento anglo-americano e nulla più.

In assenza di prese di posizioni degli stati, visto che il gigante Usa tutto vuole tranne che cedere sovranità, restano solo le banche centrali a farsi interpreti della necessità della cooperazione. Ma questa non è una novità. La Bis, che ricorda “i successi della cooperazione internazionale nell’ambito della regolazione finanziaria e della supervisione” negli anni ’30 è stata costituita, oltre che per fare da agenti dei pagamenti tedeschi agli alleati, anche per promuovere questa cooperazione.

Ma per rifare il sistema monetario occorse una guerra. La cooperazione venne dopo.

 

 

Un Commento

  1. Fla

    Ottimo articolo. Bravo. Argomento fondamentale per capire come funziona il (non) sistema monetario internazionale. Come disse nel 1971 il Segretario Tesoro Connally: “It’s our currency but your problem”. Niente di più vero.

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  2. p janus

    1) non è vero come dice sgroi che il sistema monetario non esiste. esiste eccome e se il dollaro è moneta di riferimento è solo perché la sua economia è la più forte al mondo e quindi è brutta e cattiva per definizione come lo era quella dell’antica roma

    2) che l’evento traumatico per addivenire ad un accordo sia una concezione americana è ovviamente una affermazione ridicola dato che l’america ha solo 230 anni e il mondo va avanti con eventi traumatici da sempre. gli europei scapparono in america proprio a causa di guerre civili in europa.

    3) non è il sistema monetario fonte di squilibri bensì la “razza umana”

    4) non è vero che il sistema monetario non si stia evolvendo (piaccia o non piaccia) e ovviamente il renminbi si internazionalizzerà affiancandosi a dollaro e all’euro ammesso che esisterà ancora. se l’euro finirà è ovvio che i paesi europei conteranno zero come durante la guerra fredda. a spartirsi l’europa saranno infatti usa e cina.

    5) non è vero che l’euro non ha cambiato il ruolo del dollaro per assenza di alternative all’america ma solo per assenza di una vera unificazione delle economie europee. l’economia americana è molto forte perché unita, così come quella cinese.

    6) l’accusa al dollaro responsabile di tutti i mali del mondo (allentamento globale) è frutto di mancate conoscenze di come i sistemi si espandono e si contraggono. fenomeni naturali che esistono da milioni di anni quando l’america neanche esisteva. sono 15 anni che si chiede all’europa di cambiare e non lo fa. dare la colpa al dollaro è ridicolo.

    7) l’accusa di colonialismo in un mondo dove tuti fanno i colonizzatori è fanciullesca. sono proprio gli occidentali che chiedono ai loro governi di non essere invasi da altri colonizzatori.

    8) stesso discorso per l’accusa della “società che viene scientificamente addestrata al consumo” come se le persone fossero tutte stupide e quindi non decidessero loro cosa vogliono e cosa no. essendo l’europa pianificata dallo stato e da poche caste è ovvio che l’america è vista come il diavolo assoluto. ma tale pianificazione ormai è in bancarotta.

    9) non è vero che gli spazi di sovranità nazionale diminuiscono perché al tempo stesso acquisiscono spazi di sovranità “mondiale”. è come se l’italia si “allargasse” e diventasse più grande. se l’italia esce dall’europa la sua sovranità “mondiale” diminuirà. e l’italia essendo manifatturiera ha bisogno di contare nel mondo.

    10) lo swap fed-bce essendo uno swap non può essere a guida americana dato che è appunto uno swap. tra l’altro servito a salvare la svizzera che non confina certo con la florida o la california e a quanto pare è abitata da francesi, tedeschi e italiani.

    11) confondere uno swap con un prestatore di ultima istanza dimostra gravi lacune nelle materie monetarie

    12) l’accusa che gli usa non vogliano cedere sovranità quando parte del debito sta in cina e vogliono siglare trattati di libero scambio con asia ed europa è ridicola. casomai è l’europa che si rifiuta a cedere la sua e non vuole emettere eurobond per impedire che la sua sovranità sia detenuta da usa e cina. e addirittura parigi e berlino hanno cercato di riprendersi i flussi in euro facendo arrabbiare londra costretta a minacciare una uscita immediata.

    13) non è vero che il sistema monetario non esiste. esiste e i mercati monetari sono i più grandi del mondo e vanno alla grande. sono gli stati che vanno malissimo e sono tutti falliti. compreso quello americano costretto a segare anche la sanità pubblica con la riforma di Obama perché insostenibile (ha perso pure il congresso a favore dei repubblicani) e a far fallire intere città. mentre l’america fa riforme senza alzare le tasse, l’europa non ci riesce ed alza le tasse uccidendo l’economia che prima o poi si ribellerà. quel giorno sgroi darà la colpa all’america ma ormai non ci crede più nessuno alla plutocrazia brutta e cattiva e la dimostrazione è che il 50% di italiani non vota ed è prontissima a votare appena arriverà la proposta giusta a favore dell’economia e contro le “dittature” statocratiche sia di destra e sia di sinistra.

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    • Maurizio Sgroi

      salve,
      ammetto di essere fanciullesco, e per fortuna. i bimbi vedono il mondo assai più chiaramente di quanto le vedano gli adulti.
      sul punto dieci-undici solo un’osservazione: uno swap che mobiliti certe cifre all’interno di un club, pure se non formalmente (non esiste e lo so bene un prestatore globale di ultima istanza) sostanzialmente funziona allo stesso modo.
      per il resto, grazie per il suo lungo e argomento commento

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      • p. janus

        lo swap non ha avuto quella funzione né intenzionalmente e né de facto. se la banca centrale svizzera lo ha fatto allora la sua accusa va rivolta ad essa e non alla generica accusa “a guida americana” quando tra l’altro il governatore fed è pure finito davanti al tribunale a rispondere per tale scelta. attenzione a fare questi errori “giornalistici” perché siete di fronte ad un nuovo mondo e a nuovi fenomeni che state analizzando con vecchie concezioni bancarie monetarie.

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      • Fla

        Se il dollaro non fosse primaria fonte di instabilità vorrebbe dire che da 55 anni il dilemma di Triffin è la più colossale cazzata che si sia detta sulla terra.

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      • Fla

        “Un grande primo ministro canadese, William Mackenzie King, ebbe a dichiarare prima delle elezioni del 1935: “Una volta che a una nazione rinuncia al controllo della propria valuta e del credito, non importa chi fa le leggi della nazione. … Fino a quando il controllo dell’emissione della moneta e del credito non sia restituito al governo e riconosciuto come la responsabilità più rilevante e sacra, ogni discorso circa la sovranità del Parlamento e della democrazia sarebbe ozioso e futile”.

        La rinunzia alla sovranità monetaria è precisamente quello che il nostro paese ha fatto con l’adesione alla moneta unica. In verità, a ben guardare, l’aveva fatto già prima con il famoso “divorzio” fra il Tesoro e la Banca d’Italia nel 1981. Con quell’atto, compiuto attraverso un fait accompli – uno scambio di lettere fra Andreatta e Ciampi – in barba a qualsiasi decisione parlamentare, i governi della Repubblica rinunciavano alla prerogativa di determinare la politica monetaria, dunque moderare i tassi di interesse, con successive conseguenze disastrose per conti pubblici e distribuzione del reddito.”. Tratto da http://www.economiaepolitica.it/primo-piano/sovranita-monetaria-e-democrazia/ . Se poi Lei ha più CV di Sergio Cesaratto, allora m’inchino…

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      • Maurizio Sgroi

        salve,
        grazie per il link, conosco bene questi argomenti, ormai popolarissimi sul web.
        mi consenta di ricambiare suggerendole una lettura: le considerazioni finali di paolo baffi sull’economia italiana degli anni 1975-1978, quelli della piena sovranità, fiscale e monetaria. sul sito di bankitalia trova una raccolta di un ventennio di considerazioni finali, se ha la pazienza di cercarle e, soprattutto, di leggerle. sono sicuramente più noiose e meno suggestive di altre letture, ma io le ho trovate istruttive.
        grazie per il commento

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      • Fla

        Salve Sig. Sgroi. La ringrazio. Naturalmente vorrei specificare che il commento non era rivolto a Lei. Ho rintracciato una delle considerazioni di Baffi, che mi trova d’accordo: “«L’istituzione del Sistema mone­ta­rio euro­peo è stata con­ce­pita nel ver­tice di Brema come ele­mento fon­da­men­tale di un rin­no­vato impulso all’integrazione eco­no­mica e finan­zia­ria euro­pea; una mag­giore sta­bi­lità mone­ta­ria e di cam­bio doveva essere per­se­guita quale parte di un’azione comune per acce­le­rare la cre­scita, per dimi­nuire la disoc­cu­pa­zione e l’inflazione e per raf­for­zare le eco­no­mie meno pro­spere della Comu­nità (…). La posi­zione ita­liana è rima­sta più di altre coe­rente con l’obiettivo di costruire un sistema in grado di acco­gliere tutti i paesi mem­bri e di ridurre peri­coli non solo infla­zio­ni­stici, bensì anche defla­zio­ni­stici. In que­sta pro­spet­tiva si è sot­to­li­neato che gli impe­gni reci­proci in mate­ria di cam­bio, impo­stati su una effet­tiva sim­me­tria di aggiu­sta­menti eco­no­mici, dove­vano essere accom­pa­gnati sia da soste­gni finan­ziari, per fron­teg­giare attac­chi spe­cu­la­tivi, sia da aiuti sostan­ziali ai paesi meno forti (…). Impe­gni rigo­rosi di cam­bio devono essere prin­ci­pal­mente sor­retti da un pro­gres­sivo ade­gua­mento reci­proco delle poli­ti­che eco­no­mi­che e mone­ta­rie; si rischie­rebbe altri­menti un nuovo insuc­cesso». Aiuto ai paesi meno forti, adeguamento reciproco politiche economiche. Niente è stato fatto. La profezia di Baffi si è avverata. E ieri si è consumato il 25 luglio della storia dell’Unione Europea.

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      • Maurizio Sgroi

        salve,
        se ha la pazienza di leggere tutto troverà anche altre considerazioni che magari le piaceranno meno. ma comunque molto istruttive 🙂
        grazie per il commento

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      • Fla

        Rilancio infine con le considerazioni di D. Menichella su crisi anni ’30 (e successiva legge bancaria ’36): “… i capitalisti privati non fossero in grado, nonostante la compressione dei salari consentita dal regime e i sostegni statali, di portare la grande industria e l’alta finanza fuori dalla crisi… con particolare riguardo al capitale delle banche, si dovette constatare che «non restava quindi che […] riconoscere puramente e semplicemente che lo Stato era il vero padrone delle banche e il vero padrone delle azioni delle industrie possedute dalle banche stesse» (D. Menichella, Le origini dell’I.R.I. e la sua azione nei confronti della situazione bancaria [1944], in Id., Scritti e discorsi scelti…, pp. 127 s.).

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      • Fla

        No Sig. Sgroi, non faccia reductio, non le fa giustizia. Rileggendo quei passi si vede quello che accade oggi. Non ci sono così tante differenze….

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      • Maurizio Sgroi

        non ci sono grandi differenze, infatti. siamo imprigionati in un loop che gira in tondo da diversi decenni e che non possiamo/vogliamo fermare, perché l’esito sarebbe catastrofico. Ciò non vuol dire che sia gratis 🙂
        grazie per il commento

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  3. Fla

    E quindi il fatto che una moneta nazionale regoli gli scambi globali, con annessi e connessi, non è secondo Lei un problema? Allora pure Keynes era un fesso a questo punto…

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    • p. janus

      FLA parti da un presupposto sbagliato in quanto il dollaro non è l’unica riserva ma solo la più diffusa, insieme ad euro, sterlina, yen e in futuro renminbi sono tutte monete internazionalizzate. keynes non era fesso ma neanche l’unico furbo e infatti quando pretese una moneta mondiale il bancor per mantenere l’europa in deficit a spese dell’america in surplus la proposta fu bocciata. come state assistendo in europa essendo i paesi ancora separati.

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      • Fla

        Vorrei capire come fa uno Stato che non ha il dollaro come moneta nazionale e procurarselo. Cioè il fatto che uno stato terzo si indebiti a livello privato in dollari, cioè moneta che NON emette (cfr. sopra) e si esponga alle possibile variazioni dei tass decisi dalla FED per lei non è fonte di instabilità? Suvvia…

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