Fenomenologie giapponesi. La persistenza dello stimolo fiscale

Leggo alquanto divertito nell’ultimo Bollettino della Bce che “in Giappone il governo ha preparato un pacchetto di stimolo a sostegno della crescita economica”. Penso di essere finito in un tunnel temporale e di essere tornato improvvisamente negli anni Novanta del secolo scorso, quando il Giappone iniziò a sperimentare stimoli fiscali e monetari per uscire dal tunnel della recessione patrimoniale indotta da crash di fine anni ’80.

E invece no: siamo nel 2020, e il Giappone – come d’altronde il resto del mondo ad economia avanzata del quale il Giappone è stato chiaro antesignano – pensa di fare nuovi stimoli fiscali. Ciò a fronte di un calo del pil nel quarto trimestre 2019 dell’1,2% che su base annuale arriva a -6,3% per i soliti motivi di circostanza – il calo dei consumi indotto dall’aumento Iva, il solito tifone, l’insolito calo degli investimento malgrado gli stimoli del governo – che non riescono più a celare il fatto che la crisi del Giappone è molto più che cronaca: è storia.

E la storia si nutre di somiglianze e verosimiglianza, come gli eterni stimoli fiscali del governo giapponese, che da trent’anni conducono a una crescita verosimile che s’ammoscia al minimo stormir di fronde. Una storia che sembra essere diventata comune.

Sempre la Bce ci ricorda che nel dicembre scorso il governo Abe ha annunciato un pacchetto di stimoli “per affrontare i rischi al ribasso per l’attività economica derivanti dalla debolezza del contesto esterno e dalle recenti calamità naturali”. Ovviamente gli stimoli si traducono in una maggiore spesa pubblica che vale il 2,4% del pil, “che lo rende uno dei pacchetti di stimolo fiscale più consistenti introdotti nel corso dell’Abenomics”.

Del nuovo stimolo è utile sapere che “sarà in gran parte implementato nel
2020-2021” e che “compensa in parte il recente aumento dell’Iva”, perché com’è noto, nel moto perpetuo dello stimolarsi fiscale giapponese, il governo oggi toglie e domani dà, e magari più di quanto abbia tolto.

La Bce prevede che l’economia torni “a una moderata crescita positiva all’inizio del 2020”, anche grazie allo stimolo fiscale, “che comincia a produrre i suoi effetti”. Un po’ come scrive per gli Usa, dove, come probabilmente avverrà anche in Giappone, il venire meno degli stimoli fiscali ha raffreddato la crescita. Chi volesse avere un quadro più analitico dell’outlook giapponese, può scorrere un pregevole intervento di Masai Takako, del board della BoJ, che ha parlato a un meeting a Nara illustrando la situazione del paese, complessivamente buona, ma afflitta da problemi antichi che motivano queste stimolazioni fiscali e monetarie, ormai sono persistenti in Giappone.

Rimane da chiedersi quanto sia sana un’economia che senza stimoli si spegne, avendo ormai imparato che qualcuno – il governo – la sosterrà in un modo o nell’altro. Ma pochi si fanno la domanda e ancora meno sono interessati alla risposta che in realtà è evidente: la guerra contro la crisi è finita. Ha vinto la crisi. Il governo è davvero l’ultimo giapponese.

(1/segue)

Seconda puntata: Anno 2060, Odissea nella demografia

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