Niente tregua per l’economia. Ma quando mai c’è stata?
Dev’essere come dicono, che non si ricordano mai i guai più antichi perché riusciamo appena a gestire quelli più vicini a noi. E in questa straordinaria capacità di dimenticare si annida, forse, il segreto della longevità della nostra società, che ha trascorso gli ultimi decenni a superare crisi di ogni genere per trovarsi, oggi, più forte e ricca che mai, e tuttavia sempre con la nube nera della sfiducia a tenerle compagnia.
Dev’essere come dicono quelli della Bis, che titolano l’editoriale del loro rapporto annuale No respite, che potremmo tradurre “senza tregua”, che certo rende bene il senso di assedio che stiamo vivendo tutti, circondati come siamo da sfide difficili che hanno preso a somigliare a piaghe bibliche: la pandemia, la guerra, l’inflazione violenta, e adesso anche l’estate più calda degli ultimi tempi che ha portato la siccità. Le cavallette! direbbe il vecchio John Belushi. Sono arrivate pure quelle, in Sardegna.
Nessuna tregua, quindi, per la nostra società che adesso deve far fronte a queste terribili difficoltà col fiato corto. Ma guardandosi ancora più indietro, possiamo davvero dire di aver avuto qualche tregua in questi ultimi decenni? Avete già dimenticato la crisi del 2008, con tanto di strascico delle crisi dell’euro del 2010-11? E la deriva populista della seconda metà degli anni Dieci? Gli stress costanti ai quali l’America di Trump ha sottoposto il sistema – e quindi l’economia – internazionale?
E prima ancora: qualcuno ricorda la crisi di Internet del 2000-01, che devastò i bilanci di mezzo mondo per un paio d’anni? E che poi, quando sembrava che fosse finita, si iniziò a paventare l’aumento progressivo dei debiti, che pochi anni dopo condurrà all’ennesima emergenza?
Vi risparmio il resto. Ormai deve esser chiaro che il nostro sistema, man mano che cresce in complessità, aumenta le sua possibili linee di faglia, pure senza bisogno che vengano una pandemia e una guerra a ricordarcelo.
Ma questa caratteristica, che un occhio uso all’inquietudine può facilmente scambiare per fragilità, un altro occhio, magari più acuto, la definirebbe prova di resilienza, come usa dire oggi. Diciamolo meglio: la nostra fragilità è la nostra forza. O almeno, lo è nella misura in cui siamo capaci di rispondere con forza alle sfide generate dalla nostra fragilità. Nulla di nuovo: Toynbee ci ha fatto una filosofia della storia sulla capacità che le società hanno, se ce l’hanno, di sopravvivere alle sfide.
Quindi ciò che dobbiamo chiederci, leggendo l’analisi della Bis, prima ancora di approfondire le questioni puramente tecniche, è se noi abbiamo ancora questa forza oppure no. Perché le domande che i tempi ci propongono sono alquanto impegnative.
Ne scelgo alcune a caso fra quelle proposte dalla Bis – approfondiremo nei prossimi post -: “Siamo forse testimoni di un cambio di regime da una bassa a una alta inflazione? Stiamo flirtando con la stagflazione? Stiamo vedendo i segni della fine della globalizzazione del secondo dopoguerra?”
Ed eccolo il nostro problema di uomini dalla memoria corta: tendiamo a pensare che il tempo che stiamo vivendo – il qui ed ora – sia il custode di verità che attendono di essere svelate. Alle domande che la Bis si pone non si può , semplicemente, rispondere se non in maniera del tutto provvisoria. Le verità che andiamo cercando si consolidano in uno spazio di tempo che va ben oltre la nostra breve vita. E figuriamoci quindi cosa sia capace di dirci un rapporto annuale.
Ciò non vuol dire che sia inutile. Al contrario. Le informazioni, se distillate con intelligenza, possono illuminare molti processi che vivono nella penombra della nostra attenzione. E da questo punto di vista, quello che c’è da sapere – o meglio da ricordare – la Bis ce lo dice proprio a partire dal titolo: non c’è tregua.
Ergo: dobbiamo continuare a combattere per salvaguardare la nostra società. Quindi l’economia, che poi è quello a cui la Banca di Basilea guarda per mestiere. Ma potete aggiungere tranquillamente tutto il resto.
Dobbiamo lottare per esistere seguendo le nostre regole. Senza tregua. Da questo punto di vista il rapporto annuale è un ottimo pro-memoria.