La transizione energetica serve anche a capire chi siamo

Poiché siamo tutti molto impegnati a immaginare un mondo ecologicamente più efficiente, versione contemporanea della seicentesca Città del Sole di Tommaso Campanella, vale la pena ricordare che il vecchio mondo che ci vogliamo lasciare alle spalle, almeno quanto alle complessità annidate dietro la fornitura di risorse energetiche, non è poi così diverso da quello nuovo. Almeno per noi europei, che abbiamo la (s)ventura di abitare in un pezzo di mondo molto ricco di capitali, umani e non, ma assai povero di quello che serve per far girare le macchine: le risorse energetiche.
Il petrolio e il gas di ieri e del prossimo futuro, infatti, si concentrano com’è notorio in luoghi complessi. E anche alcuni minerali strategici per il futuro appena più lontano – abbiamo parlato in passato delle terre rare – non fanno eccezione. Alcuni li ritrovate riepilogati nel grafico che apre questo post. In comune hanno il fatto di essere parti di quelle produzioni considerate strategiche per la produzione di energia pulita. Il cobalto, per esempio, viene guardato con crescente interesse per la produzione di idrogeno, come il vanadio per la produzione di batterie. E gli esempi potrebbero continuare.
Che fare dunque? La risposta più ovvia è cercare di costruire solidi rapporti di collaborazione internazionale, ricordando però la lezione che dovremmo ormai avere imparato dal conflitto russo-ucraino: l’Europa è sommamente fragile, quanto alle sue dipendenze di alcuni materiali strategici. E pure se siamo in gradi di costruire risposte di policy, in certi casi anche sorprendenti, le nostre catene di fornitura dipendono, piaccia o no, da sistemi socio-politici molto diversi dal nostro e con i quali dobbiamo fare affari. Almeno fino a quando la scienza non metterà la nostra società in condizione di estrarre energia dalle risorse di cui disponiamo. E questo spiega perché vengano accolte con tanto entusiasmo le informazioni sulla fusione nucleare.
Fino ad allora saremo costantemente di fronte al dilemma fra ciò che è giusto e ciò che è utile. Ma questo non è necessariamente un problema. Semmai nasconde l’opportunità di capire meglio chi siamo. La Città del Sole non potrà che giovarsene. Forse.