Il mercato del lavoro non dà segni di peggioramento

Gli ultimi dati Ocse sulla disoccupazione confermano che i mercati del lavoro sono in buona salute un po’ ovunque, anzi: persino “tirati”. Il tasso nell’area è rimasto inchiodato al 4,9% a dicembre 2022, “il sesto mese consecutivo a questo livello, al record più basso dall’inizio della serie nel 2001”.

Il numero di senza lavoro nell’area è sceso a 33,9 milioni, nel 2022, “il livello annuale più basso dall’inizio della serie”, sottolinea inoltre l’organizzazione parigina. Una buona notizia che però dobbiamo leggere ricordando che il tasso di disoccupazione misura il rapporto fra le persone in cerca di lavoro e il totale della forza lavoro (ossia occupati più disoccupati). Quindi il dato di per sé non ci dice nulla sui tassi di attività.

A parte questo dettaglio non da poco, i tassi di disoccupazione sono scesi un po’ ovunque e in alcuni paesi, come Germania e Stati Uniti sono ai minimi, mostrando un marcato miglioramento anche fra donne e giovani, nel confronto fra il 2022 e il 2021.

Tutto ciò conferma che i timori di un rallentamento dell’economia sono vagamente esagerati, mentre quelli di una tensione inflazionistica che rimane minacciosa no. Un mercato del lavoro “tirato” è un ottimo acceleratore delle tensioni inflazionistiche. E pure se ancora i meccanismi istituzionali, specie in Europa, hanno frenato le rincorse salariali, non è affatto detto che la “molla” delle tensioni accumulate sul fronte delle retribuzioni, che hanno perso molti punti di valore in termini reali, non finisca con lo scaricarsi sui prezzi.

Il dato recente dell’inflazione Usa, scesa meno del previsto, rende questo scenario più probabile. E ciò implica che le banche centrali non potranno che tenerne conto. Il costo del denaro ne risentirà, con molta probabilità. Però finora il mercato non sembra averne sofferto troppo. Forse perché l’economia è più solida di quello che si pensava. Persino troppo.

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