Cartolina. L’altra globalizzazione

Gli osservatori ci dicono che la quota del commercio internazionale sul Pil mondiale ha probabilmente raggiunto il suo picco. Il quarantennio iniziato alla metà degli anni ’80, quando questo quota è quasi raddoppiata, ha trovato la sua resistenza dopo la crisi iniziata col nuovo secolo, quando insieme ai disordini finanziari sono cresciute le restrizioni dei governi che a vario titolo rendono gli scambi complicati. Gli stati hanno segato il ramo che sosteneva la loro prosperità con l’argomento che serviva a difenderla, con ciò confermando che purtroppo la storia è un’ottima maestra di vita che però nessuno ascolta. Il commercio ne ha risentito, e sarebbe strano il contrario. E anche oggi le prospettive non sono molto diverse. Il protezionismo rimane una seduzione irresistibile. E siamo arrivati al picco. La quota degli scambi globali sul pil diminuisce, dicono gli osservatori. E poiché questa viene considerata una misura della globalizzazione, ecco che vengono fuori le espressioni che abbiamo visto sui giornali: deglobalizzazione, reglobalizzazione, nearshoring ed altre amenità. In questo festival che scambia il dito con la direzione, si dimentica di osservare che non siamo mai stati così integrati. E’ sufficiente che accendiate il vostro smartphone per averne contezza. Il fatto che la globalizzazione del commercio stagni, non vuol dire che sia finita la globalizzazione. Vuol dire che ne è cominciata un’altra. Solo che ancora non la comprendiamo.