Si aggiorna il legame fra banche (centrali) e debito sovrano

Il legame via via più stretto fra debito sovrano e banche commerciale è un interessante punto di osservazione per farsi un’idea di come evolva la salute finanziaria delle nostre economie. Nel tempo, all’espansione dei debiti pubblici non ha sempre corrisposto un relativo aumento della quota di titoli di stato nei bilanci bancari, pure se le tendenze generali non sono uguali in tutti i paesi. Nel nostro paese, ad esempio, questo legame fra stato e banche è più stretto che altrove.
Il fatto interessante però, che viene rilevato nell’ultima rassegna trimestrale della Bis, è un altro. E riguarda il comportamento tenuto dalle banche nei primi mesi della pandemia, quando questi soggetti acquistarono massicciamente il debito pubblico che gli stati emettevano furiosamente per coprire le proprie esigenze di spesa. Questa inversione di tendenza è appena visibile nel grafico sopra a destra, e riguarda i primi trimestri del 2020.
Dopodiché la tendenza si è invertita. Le banche commerciali sono diventate venditrici nette, perché nel frattempo sono entrate in campo le banche centrali, che hanno iniziato ad aumentare il proprio passivo, alimentando le riserve delle banche commerciali, mentre incrementavano il proprio attivo assorbendo i titoli di stato che le banche cedevano chissà quanto volentieri.

Il risultato è visibile nel grafico sopra. Le banche commerciali hanno alleggerito la quota posseduta di titoli di stato, mentre le banche centrali si sono riempite di questa carta. In sostanza il debito emesso dagli stati è stato in larga parte assorbito dalle banche centrali, che sono agenzie pubbliche.
Una socializzazione di fatto, neanche troppo celata, che adesso deve fare i conti con un contesto economico che alimenta i timori inflazionistici. Non proprio l’ideale, per una banca centrale, gestire una fase del genere con il bilancio pieno di asset. A parte le perdite, inevitabili, (che le banche commerciali sono riuscite invece ad evitare) si è costrette a fare scelte poco piacevoli. Non soltanto smettere di comprare titoli di stato, circostanza che costringe i governi a rivolgersi ai mercati. Ma anche disfarsi gradualmente di quelli in bilancio. La pacchia è davvero finita.