Oggi Roma è il Capitale

Adesso che il panico da inflazione sta per essere sostituito da quello al quale siamo più avvezzi – quello da crisi finanziaria – mi consentirete una digressione ispirata da un amico molto acuto che notava come, ogni volta che le banche vanno giù, si crei una folla di intelligentissimi commentatori che puntano l’indice contro la solita speculazione alimentata dalle nota cattiveria degli istituti di credito. E giù tutto il repertorio.

Si notava come queste interpretazioni abbiano uno straordinario successo, di pubblico e critica. E soprattutto come nulla quanto un fallimento bancario – nessuno si scomoda quando fallisce un produttore di scarpe – sia capace di attirare torme così assertive di esperti che rimproverano i banchieri delle loro colpe, che sono notoriamente ataviche. Chi abbia scorso anche di sfuggita il mio libro, La Storia della ricchezza, se ne sarà fatta un’idea.

La storia, in effetti, è un ottimo ammaestramento per chi abbia voglia di comprendere certi processi con un grado di profondità appena superiore a quello di un articolo di giornale. E la storia di chi presta denaro, lucrandoci sopra, mostra come questi soggetti – i banchieri – siano sempre stati a rischio gogna. Il prestito ad interesse, nei confronti del quale la riprovazione risale a tempi antichissimi, solo negli ultimi secoli, un battito di ciglia per la storia, è stato “sdoganato”.

Almeno in linea di principio. Perché poi in pratica, e lo vediamo ogni volta che c’è una crisi che coinvolge le banche, che vivono trasformando scadenze, e quindi in buona parte grazie ai margini di interesse, i banchieri finiscono all’indice dell’opinione pubblica, ben lieta di venire confermata nei propri pregiudizi.

“Aggiungi un pizzico d’odio per chi presta a interesse, ed ecco che si completa la ricetta che anima le nostre cronache”, era la conclusione del ragionamento. Odiare le banche è il perfetto succedaneo della riprovazione nascosta di molti nei confronti del capitale e del capitalismo, del quale le banche vengono di fatto considerate agenti speciali.

L’accenno al “pizzico d’odio”, assolutamente casuale, ha ricordato al mio interlocutore una scena bellissima di Jesus Christ Superstar, film del lontano 1973, nella quale Simone Zelota, osservando estasiato la moltitudine che osannava Gesù, disposta com’era a far tutto ciò che egli le avrebbe chiesto, suggerisce al protagonista di “aggiungere un pizzico d’odio contro Roma”, per trasformare sostanzialmente quella massa in un esercito, incurante del volto di Gesù che si rabbuia, evidentemente deluso per il fraintendimento del suo messaggio.

Oggi Roma è il capitale.

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  1. Eros Barone

    Caro dott. Sgroi, la scienza economica borghese è molto utile quando si tratta di analizzare le forze e le tensioni fondamentali, ma è assolutamente inutile quando bisogna prevedere i tempi. La teoria economica non dice nulla a proposito di questi ultimi e solo un economista sovietico degli anni Trenta, Nikolaj Dmitrievič Kondrat’ev, è stato in grado di quantificare e temporalizzare i cicli del capitalismo con le famose onde K. La fine del capitalismo arriverà certamente, anzi dovrebbe essere arrivata da un pezzo, checché ne dica, citando il ‘locus communis’ di Godot, quel valletto con le bretelle che sdottoreggia sulle colonne e nel sito del CdS. Tuttavia, non si può ignorare il fatto – e Lei, dott. Sgroi, lo sa bene – che prima o poi arriverà. Quando succederà, le sofferenze economiche degli USA e del resto del mondo saranno terribili. L’epicentro del terremoto sarà infatti negli USA, ma le scosse si avvertiranno fortissime in ogni parte del mondo. La metafora sismologica va quindi intesa in senso ‘quasi-letterale’, poiché l’andamento ciclico è intrinseco al capitalismo come i terremoti lo sono alla geologia terrestre. Il capitalismo è sempre stato caratterizzato dalla presenza di cicli e continuerà ad esserlo. Ascolti, dottore: il vecchio dilemma comunista “socialismo o barbarie” per alcuni ha sempre avuto, almeno in apparenza, un significato apocalittico. Tuttavia, in un momento come questo in cui la storia avanza, barcollante, verso la possibilità di una guerra nucleare e di una catastrofe ambientale è difficile non riconoscere che il significato di questo dilemma è quello di una sobria verità. Ecco perché, se non agiamo ora, tutto fa pensare che il capitalismo sarà la nostra tomba.

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    • Maurizio Sgroi

      Gentilissimo,
      Coltivo una diversa speranza e anche una convinzione differente: ossia che andiamo verso una nuova maturità nella quale le varie apocalissi, che da sempre immaginiamo, si rivelano per quel che forse sono: vaticini di uno spirito ancora immaturo.
      Grazie per il commento

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  2. Eros Barone

    Nessun vaticinio, ma, come ho sottolineato nel mio commento, una sobria verità che chiunque non sia così condizionato, come Lei, da un ottimismo panglossiano e così affezionato al modo di produzione capitalistico dovrebbe riconoscere, proprio in queste ore, ‘ictu oculi’. Del resto, un ritorno all’’età dell’oro’, quale Lei propugna, nel contesto di un declino secolare del saggio medio di profitto è impossibile. Se la potenza economica e militare degli USA consente loro, per ora, di sostenere dei passivi tanto gravosi per un lungo periodo, tuttavia nemmeno a loro è dato sfidare le fondamentali leggi di gravità dell’economia. Nessuno può gestire all’infinito passivi simili (altro che traiettoria di ripresa dell’economia USA!). I mercati finanziari internazionali, ad un certo punto, daranno un giro di vite così come è avvenuto con altri paesi e con gli stessi Usa a partire dalla crisi economico-finanziaria del 2007-2008. La questione – lo ribadisco – non è se sarà o no un terremoto. Questo è certo. L’unico problema è quando, e se consisterà in un’unica grande scossa o in una serie di scosse minori che faranno meno danno.

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    • Maurizio Sgroi

      Gentilissimo,
      l’ottimismo panglossiano che lei mi attribuisce mi confà solo a metà. Ottimista di sicuro, perché coltivo la storia. E la storia mi dice che stiamo oggi molto meglio di come stavamo prima. Non tutti allo stesso modo, ma tutti.
      Panglossiano no, perché a differenza del simpatico filosofo inventato da Voltaire non credo di abitare nel migliore dei mondi possibili. Mi contento di credere che possiamo sempre migliorarlo, questo mondo, insieme, se collaboriamo.
      Grazie per il commento.

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