Profitto e denaro mettono d’accordo pubblico e critica

Preoccupati come siamo delle sorti del ceto medio, quelli che non sono né ricchi né poveri, ma hanno un livello soddisfacente di benessere e si affannano per migliorarlo, dovremmo comprendere che non di solo pane vive l’uomo, per quanto il pane sia il nostro carburante. Ma siccome ogni combustibile ha bisogno di un comburente, ci piace pensare che il nostro comburente sia la conoscenza, una derivata della nostra immaginazione e insieme il suo nutrimento, che mescolandosi al combustibile genera la fiamma che alimenta la nostra ricchezza.

Fuori di metafora, se siamo così preoccupati dei redditi del ceto medio, dovremmo esserlo ancora di più per il suo livello di conoscenza della realtà che lo circonda, a cominciare proprio da quelle che magari hanno in qualche modo a che fare col reddito, quindi quelle economiche, se proprio ci tiene così tanto.

Ma non solo. Una persona mediamente istruita (se la media è buona) e bene informata, ha più consapevolezza e perciò sceglie con maggior giudizio, risultando in fondo mediamente più felice. Questo non lo dicono gli scienziati, ma lo suggerisce il buon senso. Chi pratica per diletto o per mestiere l’arte della conoscenza sarà sicuramente d’accordo.

Il problema è che la diseguaglianza fra ricchi e poveri, che i solerti occhiuti osservatori di statistiche economiche ci dicono in aumento, sembra si sia trasferita anche sul livello di conoscenza della realtà, come lascia indovinare un paper molto interessante pubblicato di recente dal NBER (The People and the Expert), dal quale è tratto il grafico che apre questo post.

Come si può osservare – vedremo poi i dettagli – esperto e uomo medio hanno convinzioni diverse su molti temi. Salvo che su un paio. Sulla priorità del profitto, ad esempio, l’accordo fra pubblica e critica, chiamiamoli così, è pressoché assoluto. Sull’importanza del denaro il pubblico è molto più sicuro degli esperti. E anche questa è un altra cosa rimarchevole.

Su tutto il resto cova il disaccordo. Il pubblico cova convinzioni che sono autentiche leggende metropolitane, che gli esperti non riescono evidentemente a sfatare, altro segno della mancanza di un ceto medio funzionante. E pure se la ricerca è concentrata negli Stati Uniti, non abbiamo molti motivi di pensare che le opinioni pubbliche europee, a cominciare dalla nostra, siano molto diverse.

Negli Usa, infatti, “la popolazione è, nel migliore dei casi, modestamente informata sulle principali questioni e politiche economiche. Il basso livello di conoscenza è generalmente associato con l’emergere di opinioni ideologiche, politiche e religiose che sfidano o negano il consenso economico corrente”. Qualcuno di voi ricorderà gli anni gloriosi della vulgata italiana no euro, con Twitter trasformato nell’Accademia dei Lincei.

Su questa difficoltà delle società avanzate a formare una opinione pubblica istruita e bene informata non ci siamo mai interrogati abbastanza e nessuno sa spiegarla in modo convincente. Figuriamoci trovare una soluzione. Il mondo va così e ci contentiamo di questo.

Vale la pena però concludere con una breve riflessione. Questo spread fra esperti e pubblico ha come punto di riferimento un sistema di credenze – in questo caso quelle economiche – e rappresenta quella sottile differenza fra il credito, che viene associato all’opinione dell’esperto, e la credulità, che è appannaggio del popolo. Ma tale divaricazione vale soltanto se si assume che il sistema di credenze sia quello “vero”. Il sottotitolo di questa analisi, insomma, è che le opinioni di natura “ideologica, politica o religiosa” siano meno fondate di quelle “scientifiche” che emergono dal consensus degli specialisti. E sarebbe strano il contrario.

Nel riaffermare la priorità dell’argomento scientifico nell’analisi della realtà, ciò che dovremmo chiederci, di fronte all’evidente fallimento nella sua capacità di permeare l’opinione pubblica, è se la credulità del popolo non sia indice di qualcosa di diverso di una semplice inadeguatezza. Forse il popolo pensa diversamente dagli esperti perché, di fondo, non ne condivide più il sistema di credenza, anche se magari non ne ha consapevolezza. Questa ovviamente è solo un’ipotesi. Ma sarebbe il caso di tenerla in considerazione.

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