Le previsioni del futuro che somigliano al passato

Poiché siamo all’inizio dell’anno e siamo tutti pieni di buone speranze, comincio a scorrere l’ultima fatica del World Economic Forum, che come ogni anno celebra il suo rito di Davos. In particolare, mi appassiona il Global risk report, che raccoglie rischi come gli appassionati i funghi dopo la pioggia. E poiché ai giorni nostri piove parecchio, ecco spuntare la divertente rappresentazione grafica che apre questo post. Neanche Linneo avrebbe potuto far di meglio.

Senonché poiché del 2025, anno a cui è dedicato il rapporto, mi interessa poco, visto che ci sguazzo dentro come un pesce nella sua bolla d’acqua, decido di saltarlo a piedi giunti e cominciare subito dal secondo capitolo, che mi sembra assai più promettente: Global Risk 2035: The Point of no Return. Un titolo che farebbe un figurone a Hollywood.

Il 2035 sembra un mondo davvero terrificante. “Il panorama dei rischi attuali e a breve termine descritto nel Capitolo 1 (quello che non abbiamo letto, ndr) potrebbe essere esacerbato in termini di gravità man mano che il mondo si avvicina al 2035, a meno che non agiamo collettivamente e lavoriamo in modo collaborativo tra tutti i gruppi di stakeholder verso un futuro più promettente”. Traduco: se continuiamo così, il 2035 sarà peggiore del 2025. E anche qui, si vince facile con queste previsioni.

I soggetti che hanno partecipato alla survey che ha condotto all’elaborazione del report sono in larga parte (il 62%) convinti che i prossimi dieci anni ci saranno tuoni e fulmini, ossia svariate tempeste. Scegliete voi l’argomento che più vi turba: il debito elevato? Le questioni ambientali? Gli esiti avversi dell’IA? Venghino, siori, venghino alla fiera dei rischio globale.

Sarebbe tutto sommato innocuo questo esercizio di fasciatura anzitempo delle cervici, se non fosse che ne parlerà tutto il mondo, e per giunta quello che conta. E sarebbe anche tutto sommato positivo, questa sorta di scongiuro corale, se il WEF, oltre al Global Risks si fosse prodigato per pubblicare un Global Opportunity, visto che di sicuro i tanti autori, che sicuramente masticano economia, sanno perfettamente che ogni rischio porta con sé un’opportunità.

Ma purtroppo l’industria delle opportunità non rende quanto quella del rischio. E’ molto più facile immaginare, oggi, che, domani, tutto quello che potrà andare storto ci andrà, che è anche una celebre legge di Murphy. Ma questo non è il futuro che ci attende. E’ solo il passato, che un presente rattristato, traveste da domani. Ricordatevelo quando leggerete questa roba sui giornali.

Un Commento

  1. Avatar di Eros Barone
    Eros Barone

    “Nei prossimi dieci anni ci saranno tuoni e fulmini, ossia svariate tempeste”, scrive il dottor Sgroi. Del resto, la borghesia internazionale non sembra affatto interessata, nella sua maggioranza ormai apertamente bonapartista, a ripristinare un regime liberaldemocratico, accantonando il progetto di quella svolta oligarchica e reazionaria che essa sta realizzando a tappe forzate. In realtà, attardarsi a coltivare questo genere di interpretazioni significa o sperare in una sconfitta del populismo bonapartista senza una lotta reale o vagheggiare un impossibile ritorno ad un passato ormai remoto in cui le ‘forme belle’ della dittatura della borghesia si sposavano, all’insegna del compromesso socialdemocratico e riformista, con un clima di relativa pace sociale e di relativo miglioramento delle condizioni del proletariato. Le classi dominanti italiane, ad esempio, non possono tornare al periodo “costituzionale”, alla “centralità del parlamento”, alle riforme e alle concessioni, perché non esistono più i margini economici con cui il combinato disposto del saggio medio di profitto e dello sfruttamento imperialistico permetteva  di mantenere quel clima. Da ciò nasce la crisi che attanaglia il sistema capital-imperialista e lo spinge irresistibilmente, in un’unica soluzione o “a pezzi”, verso la catastrofe bellica, come nel grande romanzo di Émile Zola, La bestia umana, suggerisce la scena, ripresa da Rosa Luxemburg per il suo valore descrittivo ed esplicativo rispetto ad una crisi storica, della lotta all’ultimo sangue tra il macchinista e il fuochista, che si svolge sulla locomotiva di un convoglio ferroviario il quale, privo di controllo, è lanciato alla massima velocità verso l’inevitabile disastro. Quello che si prospetta dinanzi a noi è pertanto un futuro senza avvenire, che non prevede un nuovo periodo di sviluppo progressivo del capitalismo monopolistico, giacché è ormai dimostrato, sia a livello teorico sia a livello sperimentale, che questo sistema economico e sociale non può mantenersi senza ricorrere alla trasformazione reazionaria di tutte le istituzioni politiche, alla distruzione dello Stato di diritto, alle guerre di aggressione e di rapina.

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