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Cartolina. C’era una volta l’Europa del commercio

Il volume degli scambi commerciali europei non ha più recuperato il livello del 2008, a differenza del resto del mondo. Questo dovrebbe bastare ai nostri governanti europei per capire che un mondo è finito. E magari dovrebbe stimolarli a immaginarne uno nuovo. Ma è difficile. Intanto perché non è molto chiaro chi siano i governanti europei. Poi perché è più facile trascinare le catene del passato che spezzarle. La libertà richiede coraggio, e chi non ce l’ha non se lo può dare. Rimane il fatto. L’Europa si immagina ancora come una potenza commerciale, cosa che ormai è sempre meno. Al tempo stesso non riesce a sviluppare adeguatamente il suo mercato interno, perché ogni paese difende innanzitutto il suo commercio. E così, sull’altare di un commercio internazionale che vale sempre meno e di un commercio interno che non riesce a decollare, sacrifica qualsiasi progetto di reale integrazione. Una volta c’era il commercio europeo ma ormai è tramontato. Rimane solo l’Europa. Per adesso.

Cartolina. I perdenti

Chiunque vinca, noi perdiamo. Così una vecchia locandina cinematografica promuoveva lo scontro fra due entità aliene che aveva la ventura di svolgersi sul nostro pianeta. Noi, quindi, eravamo noi terrestri. Chiunque avrebbe vinto la contesa, non ci avrebbe risparmiato. Oggi che vediamo i primi effetti dei dazi, con le esportazioni cinesi verso gli Usa crollate, così come le esportazioni Usa verso la Cina, il copione di quel vecchio B-movie ritorna attuale. Chiunque vinca, noi – inteso stavolta come resto del mondo – perdiamo, in un modo o nell’altro. Ma il problema è che in questo nuovo B-movie non vince nessuno. Perdono tutti.

Cartolina. L’Africa che ce l’ha fatta

Nel 1960 Africa e Cina avevano una dotazione complessiva di capitale sostanzialmente uguale e altrettanto ridotta. Tradotto vuol dire poche infrastrutture, scarsi investimenti esteri e accumulazione carente, visto che lo stock di capitale è uno dei componenti della capacità produttiva e quindi della crescita. Le due regioni vanno avanti così per oltre trent’anni, durante i quali lo stock di capitale africano, sostenuto dalle politiche di prestito dei paesi avanzati, cresce persino più di quello cinese. Poi nella seconda metà degli anni ’90 è successo qualcosa: la Cina è decollata, l’Africa no. Sulle ragioni del successo della Cina sono state scritte migliaia di pagine, quindi non serve contribuire. Rimane il fatto. Un’Africa ce l’ha fatta, l’altra ancora no. Per adesso.

Cartolina. Le riforme intelligenti

L’Ocse stima che un’adozione più rapida dell’IA nelle economie avanzate del G20, fra le quali si trova anche la nostra, darebbe un notevole impatto alla crescita da qui al 2050. Persino superiore, a quanto si vede, a quello che ne avrebbero altre economie. Dal che si deduce che abbiamo un potenziale più elevato, che però non usiamo. Ci serve l’aiuto dell’intelligenza artificiale per tirarlo fuori. Quella naturale, a quanto pare, da sola non ce la fa. Averlo scoperto è già una buona notizia. Che lo capiremo è da vedersi. Che intanto ci speriamo, si vede dagli indici di borsa, che danno grandi soddisfazioni ai titoli hi tech. Che infine succeda davvero lo scopriremo solo vivendo, come diceva il poeta. Tanto il 2050 è dietro l’angolo.

Cartolina. Il denaro misterioso

La metamorfosi del denaro, da oggetto fisico a flusso di elettroni, alimenta le molte leggende che attorno al denaro sono nate nel tempo. L’alea di mistero che nutre il suo potere magico, celebrato in un libro di alcuni decenni fa scritto da un banchiere centrale. The magic of money, per ricordare il titolo originale, oggi si esplicita nella mania delle criptovalute, che monete non sono ma ci somigliano, certamente incoraggiata da un’ampia liquidità che chiede di essere impiegata. Ma non basta il combustibile, per attivare una reazione chimica. Serve anche un comburente. E nel caso di questi asset, che hanno visto esplodere la loro capitalizzazione in un lustro, non può essere che il mistero. Chi compra questi oggetti molto spesso non sa letteralmente cosa sta facendo. Lo fa perché ci crede. La fiducia, da tempi antichi, fiorisce nel mistero. Quindi anche il denaro misterioso.

Cartolina. Lo stallo dei prezzi

Mentre attendiamo di osservare gli effetti delle politiche tariffarie statunitensi, che già si iniziano a vedere laggiù, contentiamoci di sottolineare che l’inflazione non è sparita dal nostro orizzonte. Al contrario. Quella sui beni, nella media Ocse, è rientrata nei ranghi, ma quella nei servizi è ancor ben sopra i target, e quella sui beni alimentari si mostra in crescita in vari paesi, compreso il nostro. Ma sembra che questa evidenza non produca alcun effetto. I governi continuano a fare deficit, godendosi anche un discreto fiscal drag. Le banche centrali allentano i tassi, ma non troppo. Le borse fanno profitti. Le aziende pure. Lo stallo dei prezzi, che non sono troppo alti ma neanche bassi, alla fine sta bene a tutti. Finché non vanno al supermercato.

Cartolina. Il conto delle merci

La salute della barca Italia dipende ormai sostanzialmente dal suo conto merci, come ci racconta senza troppi fronzoli il nostro saldo delle partite correnti. Finita l’epoca in cui le nostre rendite dall’esterno contribuivano ai nostri saldi attivi, rimangono solo i vecchi cari beni, visto che sui servizi, malgrado tanto discutere, non riusciamo ad esprimere una autentica dinamicità (siamo in buona compagnia in Europa), a tenere in piedi la nostra contabilità estera, l nostro salvagente nei marosi dell’economia internazionale. Finché la merca va, faremmo meglio a lasciarla andare, si potrebbe dire. Ma forse questa cantilena è solo una ninna nanna. Se scambiassimo i nostri attivi mercantili con una domanda interna più robusta, sostenuta da redditi finalmente dignitosi, avremmo meno attivi, ma saremmo più attivi. Come persone, non solo come consumatori. E allora, sempre forse, la nostra economia uscirebbe dalle secche dalle quali il conto delle merci non riuscirà mai a tirarci fuori. Ma finché ci limitiamo a cantare la solita canzoncina, questo ovviamente non succederà. E pagheremo il conto delle merci.

Cartolina. L’importante è non partecipare

Il nostro primato nella non partecipazione al lavoro racconta molto del nostro paese a chiunque abbia voglia di ascoltare. Ci dice ad esempio che una buona metà della nostra forza lavoro non vuole o non può entrare nel mercato, neanche assumendo il ruolo di disoccupato. E poiché non è credibile che tutti questi non partecipanti studino, anche perché abbiamo un numero esorbitante di NEET, ossia persone che non studiano né lavorano, la spiegazione per questo primato deve risiedere altrove. Ognuno avrà le proprie e non serve elencarle. C’entreranno la cultura, l’economia, la società, la pigrizia e persino la sfortuna. E certo dovremmo interrogarci su come questi non partecipanti sbarchino il lunario. Rimane il fatto che il nostro mercato del lavoro sembra ispiri una regola aurea, che molti seguono anche senza conoscere. Ossia che l’importante è non partecipare.

Cartolina. Il debito di nessuno

C’era una volta il mondo che prendeva a prestito dalle banche. Era un mondo facile da capire: un debitore chiedeva soldi a un soggetto che era concepito per prestarglieli, quindi si suppone fosse in grado di fare il suo lavoro. valutando rischi e opportunità. Quel mondo ha iniziato a scomparire – ma sarebbe meglio dire trasformarsi – alla fine del secolo scorso. Oggi il modo più facile per un debitore per chiedere soldi in prestito non è chiederli alle banche ma emettere obbligazioni. Alla fine dell’anno scorso ne circolavano per 150.000 miliardi. E, fatto ancora più interessante, sono ormai i governi più che i privati a usarle. Così le banche si sono liberate dei debitori, consegnandoli ai mercati che comprano il loro debito senza troppe preoccupazioni. E i debitori si sono liberate dalle banche, che li asfissiavano con tutte quelle garanzie. Il loro debito ormai è di tutti quelli che lo comprano. Quindi di nessuno.

Cartolina. I magnifici sette

C’era una volta Hollywood, agli inizi degli anni Sessanta, che raccontava dei Magnifici sette, un gruppo di pistoleri cattivi, ma buoni, che correvano a sacrificarsi per aiutare un paesello di frontiera assediato dai cattivi, ma cattivi sul serio. Oggi invece abbiamo Wall Street, che anche grazie ad Hollywood ha prosperato e prospera ancora, che ci racconta dei nuovi Magnifici sette, pistoleri a modo loro, che tirano dividendi invece di pallottole. Le buone azioni dei Magnifici sette di Wall Street non passano ovviamente inosservate. Infatti le comprano tutti e con ampio profitto. Il bello di questa nuova storia è che stavolta nessuno dei Magnifici sette muore nel film. Anzi, vivono per sempre e diventano sempre più ricchi. Per farci vivere felici e scontenti.