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Il commercio Ue rivede l’attivo, ma dovremmo puntare sui servizi

La normalizzazione dei prezzi energetici, che ormai non sono più i driver del processo inflazionistico, agendo sulle ragioni di scambio, ha favorito un notevole recupero degli attivi commerciali europei che si può dire siano usciti da un biennio orribile.

Vuoi per le restrizioni, vuoi per l’aumento esuberante dei costi di importazione, non compensato dall’aumento dei prezzi di esportazione, la bilancia commerciale Ue ha subito pesanti perdite. Il commercio extra Ue, infatti, ha segnato un deficit di oltre 430 miliardi l’anno scorso, un livello record, come ci ricordano le ultime previsioni di primavera dell’Ue.

Per un’economia aperta come quella europea, che in pratica ricava molta della sua ricchezza dal commercio estero, è stato sicuramente uno shock, che ha avuto notevoli ripercussioni sul conto corrente, che com’è noto registra i valori degli scambi con l’estero. Per la prima volta nella sua storia recente, l’Ue è andata vicina a un deficit, risparmiato solo grazie al conto dei servizi, che è rimasto attivo.

La gelata dei prezzi energetici ha attivato adesso un processo virtuoso, riducendo il costo dei beni importati, che sono scesi più rapidamente (circa il doppio) dei prezzi dei beni esportati. Il miglioramento delle ragioni di scambio che ne è derivato lascia prevedere un robusto attivo di bilancia commerciale che, sommandosi a quello dei servizi, riporta il conto corrente a livelli più vicino alle medie storiche.

Gli economisti Ue sottolineano che “il commercio di servizi è rimasto forte nel 2022 ed è previsto rimanga stabile nel prossimo biennio, con il turismo che continua ad essere un notevole fattore che contribuisce alla ripresa economica”. Il che dovrebbe suggerirci qualcosa, circa le nostre autentiche vocazioni. Che non sono solo quella del turismo, ovviamente.

I servizi sono una realtà complessa, che spesso implicano grande capacità di generare valore aggiunto – si pensi ai servizi professionali – e di esprimere notevole produttività.

Il fatto che questo settore abbia retto meglio di altri alla crisi è una interessante indicazione su cui riflettere. Perché magari è più facile vendere un’automobile che un software. Però quest’ultimo regge meglio le crisi. Dovremmo ricordarcelo.

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