Bitcoin for dummies: i nuovi minatori

Per farsi un’idea di quanto il bitcoin somigli davvero all’oro non bisogna essere grandi esperti di finanza o di informatica: basta una semplice osservazione. E’ sufficiente osservare quanto gli attuali minatori somiglino a quelli che in passato rischiavano ogni loro avere per impelagarsi nelle tante corse all’oro che hanno segnato la nostra storia.

La prima differenza è evidente: i nuovi minatori sono dotati di capitale, visto che devono investire su costosi macchinari capaci di esprimere la potenza di calcolo necessaria a dare soluzione al problema matematico risolto il quale il sistema elargisce nuova moneta. Poi vedremo come.

La seconda differenza è che i nuovi minatori devono possedere una solida cultura informatica, che li renda capaci di manovrare questi macchinari, il che ci lascia immaginare che siano opportunamente alfabetizzati.

La terza differenza è la sintesi delle prime due: partecipare alla corsa all’oro digitale è roba per molti, ma non per tutti. Mentre in passato bastavano un setaccio e un piccone e un certo gusto per l’avventura, il nuovo minatore somiglia più a Mr Robot che al vecchio Paperon de’ Paperoni, che aveva fatto fortuna nel Klondike. L’oro digitale è un affare esclusivo, insomma, tutt’altro che inclusivo. E l’architettura del sistema lo rende vieppiù esclusivo man a mano che l’emissione di bitcoin prosegue.

Per capire perché serve un piccolo approfondimento.

Nel sistema elaborato da Satoshi le caratteristiche principali relativamente alla moneta emessa sono due: il totale dei bitcoin è fissato in 21 milioni di unità e poi ogni nuova emissione è legata alla risoluzione di un algoritmo ad opera del minatore. La prima emissione di bitcoin è stata fatta dallo stesso Satoshi alle 18.15 del 3 gennaio 2009 con quello che è stato chiamato generation block.

Per adesso sorvoliamo su cosa sia un blocco – lo vedremo più avanti quando analizzeremo il funzionamento del sistema di pagamento Bitcoin – ciò che conta rilevare è che il generation block ha prodotto i primi 50 bitcoin. Il protocollo di Satoshi prevede che tale incentivo – le pepite digitali dei nuovi minatori – si riduca man a mano che i bitcoin vengono estratti. Ciò vuol dire che non solo la quantità di moneta è fissata – si dovrebbe arrivare intorno al 2033 a un valore vicino al massimo per giungere asintoticamente al totale intorno al 2140 – ma l’incentivo a scavare nuovi bitcoin diminuisce in maniera inversamente proporzionale alla loro estrazione. Oggi si è già dimezzato a 25 bitcoin per ogni soluzione dell’algoritmo. Il che obbliga i minatori a sempre maggior spesa e sforzo, per estrarre sempre meno. E questa è un’altra differenza con i vecchi minatori. Questi ultimi, mano a mano che una vena si esauriva potevano almeno sperare che se ne trovasse un’altra. I nuovi minatori invece devono spendere sempre più per avere sempre meno. Per giunta non estraggono il vecchio metallo giallo, che tutto il mondo capiva e desiderava, ma un astruso codice digitale che gran parte della popolazione neanche sa cosa sia o come si utilizza.

Insomma: questi nuovi cacciatori di tesori sono più ricchi, più istruiti ma sono condannati guadagnare sempre di meno spendendo sempre di più. In questo somigliano a molti.

Sono gli eroi del nostro tempo.

(5/segue)

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Un Commento

  1. MarcoF

    In un’epoca di espansione a dismisura dei bilanci delle maggiori banche centrali, Bitcoin limita e garantisce per caratteristiche intrinseche tecniche le emissioni ad un livello asintotico prefissato: verrebbe da dire una soluzione controcorrente in un momento molto particolare per la storia monetaria.

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    • Maurizio Sgroi

      Salve,
      Che sia controcorrente è fuor di dubbio. Sul fatto che sia una soluzione nutro qualche dubbio. Il denaro è come il cibo: deve aumentare con l’aumento della popolazione. Sennò si rischia la fame.
      Grazie per il commento

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      • MarcoF

        Intendevo soluzione tecnica che diverge in questa caratteristica dalle tendenze monetarie attuali, non soluzione ai problemi di gestione della moneta ed alle problematiche valutarie: mai stato un fautore di forme gold standard like, anzi.
        Il denaro può e deve aumentare a determinate condizioni: guardiamo l’esempio del Giappone di questi ultimi 20-25 anni, moneta sovrana e società chiusa. L’espansione del bilancio della BOJ non ha cambiato più di tanto le cose e non ha fatto raggiungere gli obiettivi prefissati in un paese dove l’aumento della popolazione non c’è perché non si fanno più figli, la società è impermeabile all’immigrazione e la popolazione continua ad invecchiare. In questo caso fare leva solo sulla politica monetaria non ha portato ai risultati prefissati per di più senza sapere bene quale tipo di azzardo sia questo tipo di politica monetaria.
        Intendo dire che anche la fede nella sola politica monetaria come unica possibile soluzione ai problemi attuali non mi convince: è stata nel post 2008, e può essere ancora, utile; ma dovrebbe essere manovrata e dosata con cura, soprattutto quando dopo molto tempo non se ne percepiscono i benefici come nel caso del Giappone.

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      • Maurizio Sgroi

        salve,
        la politica monetaria fa quello che può, che può essere tanto o poco a seconda di come va il resto. ci sono eminenti scettici, che dicono sia inutile, e pletore di banchieri che dicono il contrario. di sicuro è stata molto utilizzata in queste decenni, ma spesso per supplire al deficit di iniziativa dell’altra metà del cielo, la politica fiscale, che fa un pezzo importante della politica economica di un paese. per come la vedo io è questo modello che mostra la corda: il due tesoro-banca centrale si è dimostrato fallimentare. non solo perché ci ha riempito di debiti che non pagheremo mai ma che intanto ci stanno sul groppone. ma soprattutto perché ci ha condotto alla società che lei descrive sommariamente: vecchia, ricca e senza visione del futuro.
        grazie per il commento

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