Il gigante della finanza cinese: il mercato interbancario dei bond
Se si guarda l’evoluzione a dir poco stupefacente conosciuta dal mercato dei bond in Cina si comprende bene l’entità del miracolo economico avvenuto in un trentennio laggiù. A fronte di un mercato che ormai vale quasi il 100% del pil, c’è stato un tempo in cui i bond venivano portati fisicamente negli uffici delle banche e da lì scambiati a mano fra venditore e acquirente. Era l’epoca delle prime obbligazioni, quelle del Tesoro, che il ministero delle finanze aveva iniziato a collocare dal 1981, e quelle corporate, emesse dopo le norme del 1987 che le avevano autorizzate. Un anno dopo, nel 1988, il governo approvò un progetto pilota per consentire la circolazione e lo scambio della carta del Tesoro in 61 città, creando il primo mercato secondario che funzionava scambiando fisicamente i titoli. Era il physical bond counter market. Dieci anni dopo questo mondo era sparito.
Questa fase vagamente primitiva infatti fu definitivamente archiviata ai primi degli anni ’90. Il mercato fisico aveva mostrato enormi difficoltà a funzionare, prima fra tutte il rischio di truffe. Si decise perciò di affidare le transazioni ai mercati centralizzati. Nel 1991 lo Shanghai Stock market divenne il depositario dei bond cinesi con la benedizione del governo. Nasceva così l’età del bond quotati che però ne preparava un’altra che si mostrerà assai più importante negli anni a venire: quella del mercato interbancario dei bond.
Paradossalmente, questa evoluzione, che finirà col marginalizzare il mercato dei bond quotati, fu favorita proprio dallo straordinario successo che le obbligazioni incontrarono sul mercato. Nel 1997, infatti, il mercato di Shanghai conobbe una notevole crescita – l’indice passò dal 1.000 a 1.500 da inizio anno a maggio. Il mercato secondario, che coinvolgeva banche commerciali ed investitori privati, vide un incremento notevolissimo delle transazioni repo nelle quali i bond venivano usati come collaterali per ottenere prestiti per speculare in borsa. La perfetta eterogenesi dei fini.
Tanto perfetta che la banca centrale cinese iniziò a preoccuparsi. A giugno di quell’anno impose alla banche commerciali, che stavano inondando di fondi il mercato azionario, di ritirarsi dal settore dei bond quotati e di operare nel neonato mercato interbancario, obbligandole a spostare tutta la carta che avevano in portafoglio in questo settore che di conseguenza conobbe una crescita rapidissima. In poco più di vent’anni il mercato all’ingrosso interbancario divorò il mercato retail diventando il pilastro dell’obbligazionario cinese. All’inizio i partecipanti erano appena 16 banche commerciali. Ma mano a mano che la finanza prendeva piede nel paese, l’accesso all’interbancario fu garantito a un numero sempre maggiore di soggetti. Nell’arco di appena tre anni, alla fine del 2000, i partecipanti erano già 693.
A febbraio 2014 la banca centrale cinese autorizzò 16 grandi istituti a scambiare sull’interbancario anche i loro wealth management products (WMPs), ossia prodotti finanziari emessi dal settore dello shadow banking, cresciuto notevolmente in quegli anni, che spesso ha proprio le banche alle spalle. Ciò condusse all’ingresso di altri soggetti in questo interbancario, compresi gli emittenti di WMP, fondi di investimento e compagnie fiduciarie. A dicembre 2018 i 16 partecipanti del 1997 erano diventati 6.543. “Queste istituzioni finanziarie – spiegano gli autori del nostro paper NBER – coprono quasi l’intero sistema finanziario cinese al giorno d’oggi”. Tutti insieme appassionatamente.
E da oggi, quindi che dobbiamo partire. Il mercato interbancario di bond è diventato il mercato primario del governo e delle entità governative dove vengono collocati i bond. Inoltre è il mercato di riferimento della banca centrale per le sue operazioni di mercato aperto. Nell’aprile 2003 la banca centrale condusse la sua prima operazione nel mercato interbancario emettendo titoli a sei mesi per cinque miliardi di yuan. Al tempo stesso è diventato il collettore del risparmio cinese e il suo distributore verso l’economia reale. Insomma, è diventato il polmone finanziario della Cina, e questo spiega il suo straordinario volume di affari.
I dati parlano chiaro. A fine 2018 il valore del mercato interbancario dei bond in circolazione ha raggiunto i 76 trilioni di yuan, con un livello di emissioni di 41 trilioni, lo stesso anno. I partecipanti sono così distribuiti:
Da notare che il secondo gruppo di partecipanti per volume dopo le banche commerciali è rappresentato dal mutual fund, che includono anche i soggetti che operano nel settore ad alto tasso di crescita del wealth management. Il regolatore, ossia la banca centrale, People’s Bank of China (PBC, 中国人民银行), ha imposto a tutti i partecipanti di aprire conti presso la China Central Depository & Clearing Co. Ltd, (CCDC, 中债登) che funziona da entità di deposito e clearing house, mentre gli scambi vengono veicolati tramite il China Foreign Exchange Trade System (CFETS) 外汇交易中心. Dal 2009 alla CCDC si è affiancata la Shanghai Clearing House (SHCH,
上清所) mettendo di fatto fine a una situazione di monopolio. Il mercato interbancario dei bond cinesi ormai somiglia sempre più a quello dei paesi occidentali. E’ diventato altrettanto complicato. E quindi rischioso.
(2/segue)
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