L’avanzata del surplus fiscale della Germania

Molto presto il rapporto debito Pil della Germania scenderà sotto la soglia del 60%, come prevedevano le regole di Maastricht, secondo quanto annunciato dal ministro delle finanze tedesco a fine 2018. Il raggiungimento di questa soglia, che ha un chiaro valore simbolico nel momento in cui riguarda la prima economia dell’eurozona, fa il paio con il rispetto dell’altro parametro messo alla base della politica fiscale dell’Ue: il valore del deficit, che doveva essere contenuto entro il 3% del pil.

Su questo versante, la Germania ormai da tempo è più che in regola. Addirittura, dal 2014 il suo bilancio fiscale è in avanzo e secondo quanto riporta la Bundesbank nel suo bollettino di febbraio “questi surplus strutturali sono probabili anche nel medio termine”. Detto in altre parole, non solo la Germania non fa deficit, ma non ne farà neanche in futuro. E questo spiega perché il debito stia lentamente scendendo verso la terra promessa di Maastricht. Nel 2018, secondo quanto riportato dall’ufficio di statistica tedesco, il debito sarebbe diminuito del 2,7%, circa 53 miliardi, rispetto all’anno precedente.

Dal punto di vista fiscale il 2018 è stato un anno record per la Germania. Le spese sul pil sono diminuite mentre aumentavano le entrate, spinte dal buon andamento dell’economia. Più prodotto significa più imposte incassate, più occupazione significa più contributi, ed ecco spiegato il dato. La conseguenza è stata che il surplus fiscale ha raggiunto l’1,7%, proseguendo una serie di avanzi che dura ormai dal 2014.

Anche il costo declinante del debito concorre a questi andamenti, com’è ovvio. Ma il tutto si inserisce in un quadro di finanza pubblica a dir poco invidiabile, come si può osservare nella tabella sotto.

In questa situazione la Germania può affrontare con una certa tranquillità le complessità future, rappresentate innanzitutto dall’invecchiamento della popolazione, ma anche eventuali difficoltà congiunturali. “I buffer realizzati in tempi buoni – scrive la Buba – riducono il rischio che siano necessari consolidamenti pro-ciclici”. Ossia che la politica fiscale diventi restrittive quando c’è bisogno del contrario.

E’ in questa considerazione che si fonda la lezione tedesca, che trova nel rispetto del parametro del 60% la sua cartina tornasole. L’ossessione tedesca per la riduzione del debito non è solo un ossequio contabile, che comunque include il principio che i patti si rispettano, ma anche il risultato di una consapevolezza, ossia che i tempi a venire saranno sempre più difficili da gestire da un punto di vista fiscale. “La sostenibilità delle finanza pubbliche – conclude la Buba – può essere assicurata solo se ci sono buone prospettive di lungo termine”. Questo la banca centrale lo sa. Ma a quanto pare anche il governo. Circostanza più unica che rara di questi tempi.

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