Aspettative in chiaroscuro per famiglie e imprese italiane
L’ultimo bollettino economico di Bankitalia è una lettura obbligata per chi volesse sbirciare fra gli umori mutevoli nel nostro paese, sia delle famiglie che delle imprese. La Banca infatti ha svolto i consueti sondaggi a campione che consentono di fotografare le aspettative di produttori e consumatori e ne ha tratto uno scenario in chiaroscuro, dove emerge con chiarezza che i soggetti economici sono meno pessimisti di aprile, ma anche meno ottimisti di giugno. La seconda ondata autunnale ha infranto molte speranze, sembra di capire. E di questo occorrerà tenere conto nel primo semestre di quest’anno nell’elaborazione delle politiche economiche.
Cominciamo dalle imprese. “Le valutazioni sono divenute meno favorevoli, – scrive Bankitalia – pur restando ben lontane dai livelli minimi raggiunti nella prima metà dell’anno”. In dettaglio, Il 61 per cento delle aziende considera la situazione economica peggiore di quella dei tre mesi precedenti. A settembre erano il 35 per cento, a giugno il 92. Inoltre “le valutazioni sull’andamento della domanda, pur se meno ottimistiche che in settembre, si mantengono nel complesso favorevoli nell’industria, ma non nei servizi”.
Le aspettative poco favorevole sulla domanda si ripercuotono anche sui livelli di produzione, che per il 77 per cento degli intervistati sono ancora inferiori al periodo pre pandemia. “Il tempo ritenuto necessario per il recupero completo della propria attività è al momento valutato in 15 mesi in media, con un intervallo delle risposte relativamente ristretto che si colloca tra 14 e 16 mesi”. E questo ovviamente intacca il livello degli investimenti.
“Per il primo semestre – scrive la Banca – dell’anno il saldo tra chi prefigura un aumento e chi si attende una riduzione degli investimenti è più elevato nell’industria rispetto ai servizi (18,4 e 1,7 punti percentuali, rispettivamente) e in miglioramento rispetto a quello riferito alla seconda metà del 2020”.
Meno investimenti però significa anche meno risorse per l’occupazione, e questo ci porta alla seconda parte della nostra ricognizione, quella dedicata alle famiglie. E qui lo scenario delle aspettative è decisamente poco incoraggiante.
Anche qui “le valutazioni sulle prospettive sono peggiorate rispetto alla rilevazione estiva, ma rimangono meno pessimistiche di quelle formulate tra la fine di aprile e l’inizio di maggio”. Il 9 per cento di famiglie in più si aspetta un deterioramento della situazione economica (grafico sopra a sinistra) e molti lamentano un calo dei redditi l’anno scorso, che per gli autonomi ha riguardato il 60% della popolazione. Soprattutto, “anche le valutazioni sulle prospettive del mercato del lavoro nei successivi dodici mesi si sono deteriorate”. Che considerando le aspettative delle imprese è comprensibile.
La survey ci comunica informazioni anche sulla resilienza delle famiglie italiane ai tempi avversi. Emerge che “in assenza di reddito e di trasferimenti oltre la metà della popolazione non riuscirebbe a mantenere un livello di benessere economico minimo per almeno tre mesi”. Un’informazione che va letta insieme a quella delle attese di risparmio: oltre il 40% pensa di risparmiare qualcosa del reddito atteso. Che è comprensibile, per il motivo precauzionale, ma implica che i redditi comunque siano capienti abbastanza da consentire il risparmio.
Da una parte famiglie che non riescono a tirare avanti senza sussidi, dall’altra una buone fetta di persone che metterà da parte reddito – limitando i consumi e quindi la domanda – che finirà intrappolato nei conti correnti, non a caso cresciuti ancora. La pandemia disegna una società sempre più duale e stagnante. Tirarsi fuori da questa palude sarà complicato.