La globalizzazione emergente. Il matrimonio fra Cina e Swift
Meno di un mese fa il prolifico ventre dell’economia cinese dava alla luce una compagnia dal nome anodino e insieme suggestivo: la Finance Gateway Information Service Limited. Con un capitale di una dozzina di milioni di dollari, la neonata società registrata a Pechino non ha suscitato particolare interesse fino a quando non si è saputo chi fossero gli azionisti.
Infatti la notizia è che da una parte troviamo lo Swift, il sistema internazionale di messaggistica interbancaria di cui abbiamo parlato più volte, che detiene il 55% della società tramite una società sussidiare stanziata da Hong Kong. Dall’altra parte troviamo una società interamente controlla dalla People bank of China ( PBoC), la banca centrale cinese, ossia la China National Clearing Center (CNCC), con il 34%. Il resto delle azioni se le sono divise la Cross-border Interbank Payments and Settlement Limited (CPIS), che abbiamo già incontrato, che detiene il 5%, il PBoC’s Digital Currency Research Institute, controllato anch’esso dalla banca centrale cinese, con il 3%, e la Payment and Clearing Association of China (PCAC), con il rimanente 3%.
Questa specie di matrimonio segue all’ingresso in grande stile di Swift nel mercato cinese, che risale ormai a più di un anno fa, e alimenta le congetture di chi vede in queste operazioni la conferma della volontà di Pechino di far crescere il ruolo internazionale della moneta cinese, vuoi passando per la partecipazione alle grande infrastrutture internazionali, vuoi favorendo lo sviluppo della sua valuta digitale di banca centrale, vuoi puntando soprattutto sul commercio internazionale. Non è certo un caso che la Cina abbia siglato non più tardi di pochi mesi fa un accordo regionale di peso con i paesi asiatici, Australia compresa, per lo sviluppo di un’area di libero scambio: il Regional Comprehensive Economic Partnership.
Ovviamente è presto trarre conclusioni da quello che al momento appare come un semplice inizio di rapporti d’affari. Ma certo la qualità dei soci lascia ipotizzare che a trarre beneficio da questa collaborazione sarà l’internazionalizzazione della valuta cinese, magari nella sua forma digitale, che ormai sembra matura per una sperimentazione all’estero, dopo che per alcuni mesi è stata fatta circolare all’interno. Contentiamoci, per il momento, di prendere nota.