Quanta Cina c’è nell’export Usa?
Sempre perché la realtà è un filo più complessa di quello che lasciano credere certe fantasie, vale la pena riportare per sommi capi uno studio preparato dalla Fed di S.Louis che ci comunica un’informazione molto interessante. Ossia che una parte significativa della capacità esportatrice degli Stati Uniti risiede nel suo essere “dipendente“ dai beni intermedi, cosa che sapevamo già. Ciò che non sapevamo è quanto sia rilevante il peso specifico della Cina nella catene di fornitura statunitensi.
I dati raccolti dalla Fed non lasciano dubbi in proposito. Sia per le imprese manifatturiere, sia per quelle di servizi, l’export dipende in parte robusta da beni intermedi prodotti in Cina, che perciò, ancora una volta, conferma di essere insieme un problema e un’opportunità per gli Stati Uniti. E basta ricordare quanto debito pubblico Usa sia custodito nelle riserve valutarie di Pechino per averne un’altra dimostrazione.
Cominciamo con l’osservare la classifica dei fornitori di beni intermedi per la manifattura. Il dato complessivo mostra che nel 2015 il 15,6% del valore aggiunto incorporato nell’export di questo settore era stato creato all’estero. Oltre la metà di questo valore aggiunto era stato prodottto solo da cinque paesi, fra i quali primeggia proprio la Cina.

Se dalla manifattura ci spostiamo ai servizi, il contributo dei beni intermedi è assai meno rilevante, pesando circa il 4% del valore aggiunto incorporato nell’export. Ma la classifica dei paesi è molto simile alla prima.

Se torniamo alla manifattura, le industrie che dipendono maggiormente dal valore aggiunto che arriva dall’estero sono quella energetica (il 25,9% del valore aggiunto dell’export è stato prodotto all’estero), quella automobilistica (il 23,7%), macchinari e attrezzature (18,4%), metalli di base (16,8%) e apparecchiature elettriche (16,5%). La Cina ha interpretato la parte del leone nell’automobilistico (24,2%), nei macchinari (25%) e nel materiale elettrico (25,8%). Il principale fornitore nelle industrie del coke e del petrolio raffinato e dei metalli di base, tuttavia, è stato il Canada, che ha fornito rispettivamente il 44,7% e il 18,1%.
E troviamo sempre la Cina in cima anche nel settore dei servizi, essendo il principale fornitore estero nelle esportazioni di telecomunicazioni statunitensi (33,3%), servizi di alloggio e ristorazione (17,4%), servizi IT e altri servizi di informazione (28,4% ). Il Canada, tuttavia, con il 20,1%, è il principale fornitore di valore aggiunto estero nel trasporto e nello stoccaggio.
La semplice osservazione di questi dati ci dice alcune cose, la più rilevante delle quali è che gli Usa dipendono dall’estero in molte forniture strategiche. E anche perché la pandemia abbia colpito duro alcuni settori piuttosto che altri.
Ce n’è abbastanza per aspettarsi una crescente voglia di reshoring? Per il momento non sembra. Ma il tema sta sul tavolo dei politici. E gli argomenti a favore – a cominciare da quello della sicurezza nazionale – non mancano. Ma questa però è un’altra storia.
In sostanza, gli Usa supportano economicamente la Cina nei fatti e vogliono che noi popolo consideriamo la Cina un nemico senza sapere il perche’. Insomma, creano il nemico per interesse economico e lo sfruttano per interesse politico. ICoerentemente, capita di sentire persone che fuori contesto e senza apparente ragione nominano la Cina come se stessero parlando di bricconcelli. La propaganda funziona. Povero popolo.
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