Le nuove “Compagnie” dello spazio
Volendo trovare un’analogia nella storia paragonabile al fiorire di collaborazioni fra il settore pubblico e quello privato nella “colonizzazione” dello spazio, si potrebbe pensare alle vecchie “Compagnie” che nel Seicento fiorirono in molti paesi europei per supportare la colonizzazione del nuovo mondo. A differenza di allora, oggi le nuove “Compagnie” sono sostanzialmente statunitensi, e nascono all’ombra di importanti accordi commerciali sponsorizzati dal governo, per aggiudicarsi i quali le grandi compagnie hi tech hanno letteralmente la fila. E anche oggi, come ieri, sono gli avventurieri i primi della lista. Il recente viaggio spaziale del patron di Amazon è solo la metafora di questa avventura in corso d’opera che sicuramente genererà nuovi clamorosi giri d’affari.
D’altronde il mercato dei servizi spaziali è sempre più ricco, anche se pochi ci fanno davvero attenzione. Ma basta pensarci un attimo per rendersene conto. L’esempio più immediato è quello dei sistemi di localizzazione: il GPS. Ormai tutti noi siamo geolocalizzati. E la fonte di queste informazioni è proprio lo spazio, dove abitano i satelliti che rendono possibile questa specie di miracolo.
Inevitabilmente queste opportunità hanno generato un mercato e una regolamentazione. E soprattutto ha generato una sostanziale egemonia degli Usa, che primeggiano nella corsa allo spazio e che oggi stanno guidando la nascita di queste nuove “compagnie” che stanno realizzando una sostanziale fusione fra spazio e digitale. Sono innanzitutto le aziende IT, infatti, a proporsi per supportare il governo nella sua corsa allo spazio. Anche qui, il caso di Amazon insegna, E così facendo si “proiettano” all’esterno. O meglio, proiettano all’esterno la cloud. Per quest’ultima, che si tratti di Terra o di spazio, è a ben vedere del tutto indifferente.
Da questa fusione emerge una “new space” economy che ancora si fatica a individuare e delineare nei suoi dettagli, ma che già ha fatto conoscere al grande pubblico alcune realtà come Space X, la società di Elon Musk che scommette sui viaggi orbitali e ha conosciuto, nel maggio del 2020, il successo nel suo primo test di volo con astronauta, oppure Blue Origin, la società di Jeff Bezos che si propone anch’essa di sviluppare sistemi di volo spaziale. Sia Musk che Bezos sono due ricchi visionari con la passione delle stelle, ma soprattutto dotati di gran fiuto per gli affari, e come i vecchi avventurieri secenteschi si sono subito lanciati nella sfida potendo anche contare su robuste sovvenzioni dal parte della Corona, ossia il governo. In ogni caso, l’integrazione dello spazio nella cloud diventa strategico al punto che queste società hanno annunciato di voler investire in costellazioni di satelliti. Ossia infrastrutture capaci di generare nuove rotte commerciali nella forma di traffico dati. Un po’ come fa Google quando stende un cavo sottomarino.
Che questa tendenza segnerà il nostro futuro c’è poco da dubitarne. Semmai rimane da capire se e in che modo la conquista dello spazio sia capace di mutare gli equilibri sulla terra. La disfida fra nazioni territoriali e nazioni digitali – le nazioni globali – si combatterà anche fuori dall’atmosfera. Ma gli effetti li vedremo sotto.
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