Cina e aziende hi tech cambiano il gioco di Undernet

Mentre ci affanniamo seguendo le cronache della superficie, che alimentano vasti ed effimeri circuiti emozionali, la realtà procede silenziosamente negli abissi della nostra inconsapevolezza. Fortunatamente di tanto in tanto qualche palombaro si avventura in questi recessi ed estrae informazioni che ci aiutano a riemergere dal circuito del chiacchiericcio per regalarci uno squarcio di conoscenza che duri più dello spazio di una tendenza social.

Nell’ampio catalogo di queste immersioni abbiamo ripescato uno studio dell’Atlantic Council che ci fornisce una fotografia aggiornata di uno dei grandi settori che ci ci segue ormai conosce bene da anni: quello del cavi sottomarini. Alla storia e le cronache di Undernet abbiamo dedicato numerosi approfondimenti, ai quali rimandiamo. Qui ci limitiamo a un aggiornamento, profittando dell’ottimo lavoro di ricognizione e analisi svolto dall’autore che si conclude con un campanello di allarme che ormai siamo abituati a sentir risuonare: i nuovi poteri emergenti, quindi la Cina e tutto l’ampio mondo che alla Cina fa riferimento, e i campioni di Internet stanno cambiando il gioco di Undernet e quindi, considerando che dai cavi passa il 95% del traffico dati globale, di Internet. Lo sapevamo già, ma è sempre meglio ripeterlo.

Il punto di osservazione del paper è centrato sugli aspetti di sicurezza che derivano sostanzialmente dalla proprietà di queste infrastrutture. I governi autoritari, scrive l’autore, stanno ridisegnando il gioco della rete anche intervenendo sui binari di Internet. Poi ci sono i proprietari e gestori “che gestiscono i cavi sottomarini utilizzando sistemi di gestione della rete per centralizzare il controllo sui componenti”. Infine, “la crescita esplosiva del cloud computing ha aumentato il volume e la sensibilità dei dati che attraversano questi cavi”. L’insieme di queste tre caratteristiche disegna il nostro presente a accende una luce poco rassicurante sul nostro futuro.

Da qui l’invito al governo americano, che “ha nuove opportunità e responsabilità” ad agire “in coordinamento col settore privato e i suoi alleati all’estero” per contenere queste criticità e “proteggere la sicurezza e la resilienza dei cavi sottomarini”. In sostanza gli Usa dovrebbero difendere il loro ruolo di incumbent di Internet, che come abbiamo visto è stato messo a dura prova negli ultimi anni.

Queste conclusioni sono suffragate dai dati e le osservazioni raccolte nel paper, aggiornate alla fine del 2020. Quindi una buona occasione per avere le ultime dal mondo di Undernet. Complessivamente sono stati censiti 475 cavi sottomarini che appartengono a 383 entità diverse: la ragnatela di Undernet è sempre più ramificata e diffusa e dai primi stentati tentativi del XIX secolo, ormai avvolge il globo come una confortante cintura di sicurezza.

In gran parte questi cavi sono posseduti da compagnie private, spesso in partnership con altre. A volte sono di proprietà di aziende statali. In ogni caso, “le aziende che dirigono la distribuzione di cavi sottomarini producono effetti geopolitici sulla connettività Internet e su tutto ciò che ne deriva, compresa la ricerca scientifica, il commercio digitale e le comunicazioni governative e personali. Rimodellano anche la topologia fisica di Internet”. Questo spiega perché la produzione e distribuzione di cavi sia in costante crescita.

I cavi sono spesso posseduti in consorzio, ma la gran parte ha singoli proprietari.

In questi ultimi anni, hanno acquistato una certa rilevanza i singoli proprietari emanazione di “stati autoritari”, come vengono definiti dal paper. Ma in generale la presenza pubblica nel settore era notevole anche prima.

In ogni caso, la presenza cinese nel settore ha guadagnato una certa rilevanza in questi ultimi anni. Non a caso si parla di digital silk road.

Nel 2021 i colossi cinesi sono impegnati in diversi investimenti nel settore dei cavi. China Mobile è attiva in investimenti come proprietaria in ventuno progetti, China Telecom in dodici e China Unicom in undici. Quanto a Huawei, la società accusata di spionaggio dagli americani, la sua controllata Huawei Marine non risulta coinvolta nella proprietà di cavi, ma da un suo report si legge che ha “costruito e riparato un quarto dei cavi mondiali”.

L’influenza crescente della Cina, tuttavia, non è paragonabile a quella degli Usa, che ancora oggi primeggiano in questo settore.

Ciò non vuol dire che siano rose e fiori. All’interno degli Usa, infatti, sono nate le grandi compagnie di internet che hanno finito con l’originare interessi che non sono naturalmente coincidenti con quelli del governo o dei vecchi proprietari di cavi.

Ed ecco lo stato dell’arte: vecchi e nuovi poteri gareggiano sul fondo degli oceani per rosicchiare quote di traffico dati, ossia influenza. Il gioco si fa sempre più duro. Quindi a giocare rimarranno in pochi.

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