Miti del nostro tempo. La relazione fra liberalizzazione dei capitali e diseguaglianza

Alzi la mano chi non hai mai sentito, ripetuto o magari tentato di confutare la tesi che l’aumento della liberalizzazione dei capitali, che di solito si data a partire dagli anni ’80 – gli anni di Reagan e della Thatcher, per essere chiari – sia stata una delle ragioni che hanno provocato l’aumento della diseguaglianza della quale non riusciamo a smettere di parlare. La libera circolazione del denaro, insieme alle riforme fiscali e all’abbattimento delle tariffe, è stato da sempre considerato da una certa vulgata come un’architrave dell’odiato neoliberismo, di tanto in tanto in versione turbo, che ha seminato fame e miseria nel mondo a vantaggio del mitico un per cento della popolazione sempre più ricco. Anzi: dell’un per cento dell’un per cento. Come se la ricchezza si fosse concentrata sul ristretto cocuzzolo di una montagna, lasciando al resto dell’umanità pietre e sterpi.

Questa rappresentazione vagamente fumettistica, che però viene presa sul serio da molte persone, anche degnamente titolate, ogni tanto stimola la curiosità di qualche specialista che si azzarda a fare quello che la vulgata non reputa sia necessario, nutrendosi ampiamente delle proprie certezza: andare a vedere i numeri. E per fortuna, viene da dire.

Questa volta il merito va ad alcuni analisti della bis di Basilea, che sono andati a vedere se questo collegamento fra apertura finanziaria e diseguaglianza sia fondata, e, se sì, fino a che punto.

L’analisi esordisce ricordando che “secondo la maggior parte degli studi, il principale determinante del recente aumento della diseguaglianza si è osservata sul versante domestico” La tecnologia, in particolare, è stato una potente acceleratrice per alcune tendenze. Si è osservato infatti che i redditi di chi lavora in questo settore e possiede competenze elevate sono cresciuti più del resto della popolazione, e questo apre un’altro discorso importante quanto sottovalutato dalla nostra mitologica vulgata: il livello dell’istruzione. E poi rimangono da considerare gli effetti redistributivi dell’imposizione fiscale e l’influenza degli accordi con le associazioni sindacali.

Ma allora che ne è della liberalizzazione dei capitali? “La maggior parte delle evidenze empiriche
sottolineano una relazione moderatamente positiva, che tende ad essere più forte per l’apertura finanziaria che per l’apertura commerciale”. Quindi, esiste un qualche tipo di relazione, ma assai meno determinante – per non dire deterministica – di quello che sempre la vulgata tende ad accreditare. E d’altronde non sarebbe un mito, se così non fosse.

La ricerca per arrivare ad alcune conclusioni ha svolto un’analisi su 48 economie, analizzandone i dati fra il 1991 e il 2013. In dettaglio, i ricercatori hanno cercato un collegamento fra una delle tante possibili misure dell’apertura finanziaria – il debito estero lordo nelle sue varie componenti (investimenti diretti, IDE; investimenti di portafoglio, PD e altri investimenti) – e la diseguaglianza, segmentando l’analisi fra economie emergenti ed economie avanzate. Il grafico sotto mostra l’andamento dell’indice di Gini, che come è noto è una delle tante possibili misure della diseguaglianza, nell’arco di tempo considerato nei paesi oggetto di osservazione.

Gli esiti raccontano una storia molto diversa da quella della vulgata. Non basterà certo a convincerne i sostenitori a porsi qualche domanda – di solito chi segue le vulgate non dubita – però magari aiuta noi curiosi ad aggiungere qualche elemento di complessità in più al quadro.

In particolare, i ricercatori hanno osservato che, relativamente alle economie emergenti, l’impatto dell’apertura al mercato dei capitali varia molto nel corso del tempo. Si più osservare una crescita iniziale della diseguaglianza, che però viene riassorbita lentamente col passare degli anni. A partire da cinque anni, in particolare, quando la diminuzione della diseguaglianza inizia a diventare significativa dal punto di vista statistico. Forse perché nel frattempo è aumentata la ricchezza?

La seconda informazione è ancora più rilevante. “L’impatto stimato dell’apertura finanziaria sulla disuguaglianza – recita il paper – tende ad essere considerevolmente inferiore nelle economie avanzate rispetto alle emergenti. Questo suggerisce che i canali chiave attraverso i quali le varie componenti
dell’apertura finanziaria esterna incidono sulla disuguaglianza tendono ad essere più deboli nei primi rispetto ai secondi”. Gli inventori della vulgata, insomma, sono quelli per i quale vale di meno. Ma non ditelo ai turboliberisti.

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Un Commento

  1. Gior

    Immaginiamo che gli elementi emersi dall’analisi di questi ricercatori siano validi e che viviamo “fumettisticamente”. E allora dove sta il problema di questo capitalismo? Forse non c’e’ alcun problema e va bene cosi’.
    I nostri ricercatori smontano una tesi ma non forniscono alcuna spiegazione aggiuntiva per comprendere evidenze……..fermiamoci….o forse nel fumetto anche le evidenze sono fuochi fatui? Forse i ricercatori stanno giocando con medie e mediane? Non so, sono ignorante.

    Rimanendo a livello di percezione, vorrei sapere dai nostri ricercatori quanto capitale impiegato nella nazione trova liberamente casa in altre nazioni a condizioni d’esistenza favorevoli. Ipotizzando che il processo sia in atto, piano piano, pezzo a pezzo, tutto vera’ spinto al livello piu’ basso per dare sfogo a bramosie.

    Sempre a livello di percezione, l’impressione e’ che in occidente vi sia un’enorme ricchezza disponibile che non riesce ad essere investita fruttuosamente (non fumettisticamente ma concretamente) e quindi venga malamente redistribuita. L’inflazione di beni materiali regna sovrana. Se la valorizzazione del lavoro e’ punto centrale nel rapporto che lega cittadini e nazione in ogni costituzione, non ci siamo.

    Poi, ogni giorno si leggono racconti di colossali evasioni da parte di società’ con capitali e sedi sparse per il mondo, spesso irraggiungibili. Non so quanto questi fenomeni incidano sul fumetto.

    Non e’ forse vero che la debolezza degli stati (correlato della liberalizzazione) sia olio nuovo per il motore mezzo grippato, sebbene non sufficiente a risolvere tale problema? A meno che sia vero che non esiste alcun problema.

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