Comincia l’età della Grande Restrizione
La Bis non ha alcun dubbio. Nel suo rapporto annuale scrive che “la sfida più pressante per le banche centrali è ristabilire una bassa e stabile inflazione, senza, se possibile, infliggere seri danni all’economia”. Notate il “se possibile”. E’ la spia di un’incertezza profonda, figlia del fatto che “almeno nelle economia avanzate le banche centrali non si sono trovate di fronte a questa sfida per decenni”.
Insomma, potrebbero aver dimenticato quanto sia dura. Ma di sicuro non hanno dimenticato quanto sia essenziale alla loro stessa sopravvivenza. Da qui la priorità: stroncare l’inflazione, cercando di non far danni, “se possibile”.
Metteteci pure che l’esperienza non è rassicurante. “Storicamente, il raggiungimento di un “soft
landing si è rivelato difficile e le condizioni di partenza sono sotto molti aspetti sfavorevoli”. Ma intanto bisogna pur iniziare in qualche modo. E poiché in molti paesi l’inflazione è alta mentre i tassi, nominali e reali molto bassi, “può essere necessaria una restrizione più forte per riportare l’inflazione sotto controllo”. Questo mentre siamo in presenza di elevati prezzi degli asset e alti livelli di debito. Che vuol dire costo assai più elevato del solito una volta che la Grande Restrizione, degna erede della Grande Crisi Finanziaria iniziata nel 2008, prenderà definitivamente piede. Le indiscrezioni che domani la Bce potrebbe decidere un aumento dei tassi di 50 punti basi vanno esattamente in questa direzione.
Ragionare sugli scenari, perciò, diventa essenziale. Nel suo rapporto la Bis ne ha elaborato alcuni, che trovate nella tabella sotto. Non serve dilungarsi troppo su queste previsioni. Servono più che altro a dare l’idea di quello che può succedere, non certo quello che succederà.


Il punto su quale dobbiamo concentrare l’attenzione è invece quello relativo alla persistenza di questa restrizione. Se ragioniamo sui dati attuale ci sono pochi dubbi sul fatto che le banche centrali dovranno lavorare molto e a lungo per riportare i prezzi sotto controllo, ben sapendo che dipende da loro fino a un certo punto. Nessuno dovrebbe scommettere contro una banca centrale, recita un detto comune fra gli operatori dei mercati. Ma nessuna banca centrale è forte abbastanza da scommettere contro (o per) l’inflazione, quando sono gli stessi mercati l’origine.
E questo spiega perché la Bis sia così prudente sull’eventualità di un soft landing. Per essere presa sul serio la banca centrale dovrà necessariamente alzare la voce, come fece Volcker alla Fed agli inizi degli Ottanta, quando infatti i tassi di interesse toccarono record storici.
A rendere plausibile una lunga durata delle restrizioni monetarie c’è anche la circostanza che le bance centrali devono recuperare spazio per agire domani, quando sarà di nuovo necessario espandere la politica monetaria. E per recuperare questo spazio bisogna che dimagriscano i loro bilanci e, soprattutto, normalizzino i tassi di interesse, a un livello che però sia sostenibile e coerente con gli attuali livelli di indebitamento, privato e pubblico, che un decennio abbondante di espansione monetaria ha, se non generato, quantomeno reso sostenibile. Tutte cose che richiedono molto tempo.

Trovare questo livello di tassi sarà di per sé un notevole esercizio di equilibrismo. E soprattutto richiederà tempo. E’ chiaro a tutti che decisioni affrettate comunicherebbe ai mercati un segnale poco rassicurante, e nessuno vuole vedere ancora le borse sottosopra. “Restrizioni troppo forti e troppo rapide potrebbero infliggere danni inutili”, sottolinea la Bis.
E tuttavia, quale sia lo spirito che animerà questo periodo risulta chiaro leggendo il rapporto: “Fare troppo poco aumenterebbe la prospettiva di un inasprimento più ampio e costoso lungo la strada”. Specie se “l’inflazione si radica nel comportamento delle famiglie e delle imprese e nelle aspettative”. A quel punto non si potrebbe che alzare la voce. Ma un altro Volcker moment appare alquanto improbabile. Sarebbe l’anticamera di molti default. E non ce li possiamo permettere. Forse è il momento di aggiornare la nostra cassetta degli attrezzi. E questo non è il lavoro delle banche centrali. O almeno non solo il loro.