Etichettato: cosa sono i debiti di una banca centrale

La socializzazione dei profitti delle banche centrali

Per completare la nostra analisi semplificata dei bilanci di una banca centrale, alla quale seguirà poi l’esame di un caso reale, manca solo l’ultimo tassello: la questione del risultato economico. Come ogni bilancio, infatti, anche quello della BC esibisce un profitto o una perdita, ma anche in questo caso con alcune peculiarità. La principale, che poi connota la funzione pubblica della BC, è che i suoi profitti vengono in buona parte girati al governo. Altrove abbiamo osservato che la Fed, per fare un esempio concreto, ha girato al Tesoro Usa centinaia di miliardi in questi anni, in conseguenza del fatto che il notevole incremento dei suoi asset, dovuto alle politiche di quantitative easing, ha generato un corposo aumento dei suoi ricavi da investimenti.

Proprio come una qualunque banca, infatti, la BC genera i suoi ricavi principalmente dal frutto dei propri investimenti, ma a differenza di una qualunque banca, proprio in ragione della sua natura ancipite, non li tiene per sé ma li gira al governo. Quello della BC è l’unico caso di socializzazione del profitto che esiste nei nostri sistemi economici.

Tale circostanza, tuttavia, necessita di alcuni approfondimenti per essere apprezzata nel suo significato e nelle sue conseguenze. E questo ci riporta necessariamente alla composizione dei debiti e dei crediti del bilancio della BC. Abbiamo visto che una delle voci importanti delle passività è rappresentata dalle banconote, mentre una delle voci che compone l’attivo include i titoli che la BC compra per i suoi fini di politica monetaria. Le banconote hanno la peculiarità di essere passività interest free, ossia sono titoli al portatore che non incorporano alcune forma di remunerazione per il suo possessore. La BC, quindi, le emette sostanzialmente a costo zero e non deve pagare nulla per garantirne la circolazione. Al tempo stesso però, la BC, in quanto emittente di moneta, può acquistare asset, che al contrario delle banconote producono un frutto. Nella differenza fra questo frutto e il costo dell’emissione di denaro, la BC individua una delle fonti principali dei suoi ricavi, quello che viene chiamato signoraggio e che alimenta tante leggende metropolitane che vi sarà capitato di leggere. E’ importante comprendere che il signoraggio non deriva dalla semplice emissione delle banconote, ma dal frutto degli asset nei quali vengono investite queste banconote.

Abbiamo visto che quando una BC compra titoli del governo non fa altro che aumentare il deposito del governo che tiene sul lato del passivo del suo bilancio. A fronte di questa operazione, iscrive sul lato dell’attivo il corrispettivo dei titoli comprati. L’interesse su questi bond pubblici rappresenta l’utile della banca centrale e una forma di signoraggio, anche se la definizione più precisa collega questo fenomeno all’acquisto di asset finanziato grazie alla circolazione delle note della banca. Chi pensa che il signoraggio dipenda dalla differenza fra il costo di produzione della banconota e il suo valore facciale ignora che le BC non usano questa definizione. Quando in bilancio vengono iscritti i proventi del signoraggio si riferiscono al frutto degli asset acquistati grazie alla circolazione delle loro note. La Banca d’Inghilterra, ad esempio, proprio per separare il frutto del signoraggio dagli altri, ha creato un’altra entità al suo interno, chiamata Issue department, che trasferisce regolarmente al Tesoro il frutto delle sue operazioni.

Ovviamente il profitto viene dalla differenza fra i ricavi, come il signoraggio, e i costi, che nel caso delle BC non sono meno rilevanti di una qualunque banca. Tuttavia, anche in in questo caso si osservano alcune differenze. Mentre una banca normale tende a tagliare i costi del personale quando c’è una crisi, la BC tende ad aumentarli perché uno staff più nutrito può servirle a gestire meglio i compiti complessi cui deve attendere. Le BC, inoltre, investono molto in studi e ricerche, e non c’è bisogno di spiegare perché. Attività che una banca normale può anche trascurare. In comune, con una banca normale, la BC ha il fatto che è un entità cosiddetta leveraged, ossia che usa il debito più che il capitale per finanziarsi. Ma poiché il debito di una banca centrale è un attivo per l’economia reale, come abbiamo visto, ciò rende l’indebitamento di una banca centrale tendenzialmente benigno, almeno finché la moneta rimane stabile e il sistema finanziario pure.

Sempre ai fini del calcolo del risultato d’esercizio, la BC deve tenere conto di svalutazioni e accantonamenti, proprio come una normale banca. Le prime emergono quando il valore di un asset si pensa in diminuzione, e impattano sul valore dell’attivo diminuendolo. Gli accantonamenti, di conseguenza, aumentando il passivo in quanto costo. Alcune BC creano fondi di accantonamento a scopo prudenziale per tutelarsi contro eventuali rischi, ma poiché i principi IFRS non consentono questi accantonamenti, le BC che usano questi criteri contabili devono creare riserve aggiuntive cui attingere in caso di perdite su crediti.

Una volta calcolati ricavi e costi si determina l’eventuale profitto che, come abbiamo detto, a differenza delle compagnie private che possono disporne come meglio credono, nel caso delle BC è soggetto alla legge. Sulla distribuzione dei profitti, il dogma dell’indipendenza delle BC funziona meno. Alla fine, il Tesoro chiede il conto, non soltanto per ricordare chi comanda, ma anche perché non si tratta di bruscolini.

La distribuzione di utili però, specie se corposi, ha impatti economici, sia monetari, visto che aumenta lo stock di moneta, che fiscali, visto che il governo può spenderli. E ciò spiega la relativa prudenza con la quale le BC calcolano l’utile, dovendo almeno provare ad evitare che alla sua formazione concorrano elementi puramente contabili, come la rivalutazione di alcune proprietà. L’utile si deve fare con i soldi veri, insomma. Sennò si rischia di fare corto circuiti.

Se riprendiamo l’esempio di prima – una BC che compra bond pubblici – il frutto dovuto dal governo può concorrere alla formazione dell’utile ancor prima che il governo lo abbia pagato, creando di fatto il paradosso che il governo incassa dai suoi debiti (cosa che comunque fa) prima ancora di averli onorati. La qualcosa può essere un vantaggio niente male nel breve termine ma non necessariamente un bene per la BC. Sempre che uno pensi che davvero le BC vivano sulla luna e che debbano servire l’interesse pubblico senza curarsi del governo.

La realtà suggerisce il contrario. Così come la politica monetaria è l’altra faccia della politica fiscale, anche le BC sono l’altra faccia del governo quando si rapportano nel mondo bancario e finanziario, e al tempo stesso sono l’altra faccia del mondo bancario e finanziario quando si rapportano col governo. Un pratico alter ego per tutti e per nessuno. E’ in questa mistica, che viene opportunamente rivestita di aura sacrale, che le BC trovano il senso e la ragione della loro credibilità.

E, incredibilmente, ci credono tutti.

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Il debito “magico” delle banche centrali

Per comprendere la natura di una banca centrale bisogna ricordare essenzialmente due cose: innanzitutto che è una banca, e quindi funziona secondo i principi tipici dell’attività bancaria. Poi che è un’istituzione pubblica, a prescindere di chi ne siano formalmente i proprietari, e quindi è strettamente correlata al governo.

Questa natura duplice, che rende la BC una sorta di strano ircocervo, è chiaramente visibile nello schema semplificato del suo bilancio che questo grafico, estratto da un recente studio della BoE, mostra chiaramente. Le componenti dell’attivo e del passivo (assets and liabilities) sono formalmente identiche a quella di una qualunque banca ma sostanzialmente differenti. Obbediscono a principi propri e hanno funzionalità specifiche che dipendono proprio dal ruolo che la BC deve svolgere all’interno di un paese. Malgrado tali compiti possano variare a seconda degli statuti, alcune caratteristiche sono comuni e sulla base di queste affinità si può svolgere un’analisi generale.

La prima cosa che bisogna tenere a mente è che molto spesso le componenti di bilancio, nel magico mondo delle BC, significano il contrario di ciò che rappresentano nel resto dell’economia. Il caso delle banconote è esemplare. Le banconote, che per tutto il mondo rappresentano un attivo, nel bilancio delle banche centrali sono iscritte nella voce del passivo. Corrispondono quindi a un debito nei confronti di chi detiene questa moneta. Cioé tutti noi. “Tecnicamente – spiega la BoE – le banconote sono un debito il cui rimborso deve essere onorato a domanda”. Un evidente retaggio del passato, quando vigeva il principio della convertibilità in oro.

Ciò non vuol dire che, in qualche modo, questo rimborso non avvenga anche oggi. In effetti avviene, ma passa per il meccanismo delle riserve bancarie, che sono un’altra voce del passivo della banca centrale. “Le banche spesso ritirano note al mattino – spiega la BoE –  scambiandole con una riduzione dei crediti vantati nei confronti della banca centrale. Alla fine della giornata, le banche possono restituire qualsiasi eccedenza di note alla banca centrale in cambio di un aumento dei loro saldi dei conti”.

Questo ci porta alla seconda classe di passività che le banche centrali tengono in bilancio: le riserve delle banche commerciali. Queste ultime depositano presso la BC le proprie riserve, divenute ormai celebri ai tempi del QE. Questi depositi vengono utilizzati solitamente nel mercato interbancario e rappresentano un attivo per le banche che le detengono. In pratica il meccanismo replica specularmente quanto accade per i depositi che il settore privato effettua presso il sistema bancario. Per i privati che depositano in banca, quei fondi sono un attivo, per le banche che li accolgono sono un passivo. In sostanza, la BC è la banca delle banche commerciali.

Solitamente la somma di banconote e depositi bancari viene definita la base monetaria, per la ragione che le une e gli altri sono regolati in moneta di banca centrale, che è diversa da quella che usualmente viene chiamata moneta bancaria, composta dalla somma fra contante e ammontare dei conti correnti concessi dalle banche commerciali. Quindi quando ad esempio una BC acquista titoli da una banca commerciale, non fa altro che alimentare il deposito di questa banca aumentando quindi le sue riserve presso di lei, e perciò le sue passività, iscrivendo all’attivo il valore dei titoli acquistati.

A svelare la natura peculiare della BC è un’altra classe di passività: i depositi del governo. La BC, infatti, non è soltanto la banca delle banche, ma anche la banca di quello che una volta si chiamava il Tesoro. In sostanza il governo ha un conto corrente presso la banca centrale che, a seconda dei contesti istituzionali, può essere alimentato tramite la creazione di moneta di banca centrale – ad esempio nel caso che il governo debba svolgere un pagamento verso il settore privato – o viene alimentato dagli incassi del governo. Nel caso teorico che compri titoli del governo, una BC non fa altro che aumentare il suo passivo, ossia aumentare il deposito del governo per la somma corrispondente, mentre all’attivo verranno iscritti gli asset equivalenti ai titoli acquistati.

Ci sono altre voci di passivo nella nostra semplificazione, fra le quali bisogna ricordare l’equity, ossia il capitale della BC. Ma ciò che conta rilevare è il meccanismo in virtù del quale la BC sia sostanzialmente l’interfaccia contabile del settore privato e del settore pubblico, interponendosi fra loro. La BC replica, invertendole contabilmente, le decisioni dei privati e del pubblico, e così le bilancia. Ma così facendo agisce sulle quantità di moneta e, indirettamente, sul funzionamento dell’economia. In sostanza, i debiti della banca centrale sono il carburante dell’economia. Sono ciò che “magicamente” la alimenta. Per questo si chiamano banche centrali. Rimane la questione di chi debba rispondere di questi debiti.

Ma per rispondere a questa domanda si deve guardare l’altra metà del bilancio: quella dell’attivo.

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