Etichettato: fed aumento tassi

L’inflazione “temporanea” non convince il Fmi

L’ultimo WEO del Fmi aggiunge altre informazioni al quadro ben poco rassicurante circa l’andamento globale dell’inflazione, alimentando la sensazione che di temporaneo in questo rialzo dei prezzi ci sia ben poco.

Già le premesse del ragionamento del Fondo lo lasciano intuire. “Supponendo che le aspettative di inflazione a medio termine rimangano ben ancorate e la pandemia allenti la sua presa, l’inflazione più elevata dovrebbe svanire man mano che le interruzioni della catena di approvvigionamento si attenuano, la politica monetaria si restringe e la domanda si riequilibra dai consumi ad alta intensità di beni verso i servizi”. Il problema è che proprio le aspettative, specialmente negli Stati Uniti, sono alquanto scivolose e tutte orientate al rialzo dei prezzi. A ciò si aggiunga che, sempre negli Usa, emergono chiare tensioni sul mercato del lavoro, che rischiano di destabilizzare un quadro già pericolante.

Questa situazione si inserisce in un quadro internazionale che spinge ancora al rialzo la componente energetica dell’inflazione, che infatti molto deve a quest’ultima.

Peraltro i future sul petrolio indicano un previsione di crescita dei prezzi del petrolio del 12% nei prossimi mesi e addirittura del 58% del gas. E questo basta a spiegare la conclusione alla quale arriva il Fondo: “L’inflazione dovrebbe rimanere elevata nel breve termine, con una media del 3,9% nelle economie avanzate e del 5,9% nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo nel 2022, prima di diminuire nel 2023”. Quindi un’inflazione che dopo aver investito il 2021 durerà almeno per tutto quest’anno. Niente male per un movimento temporaneo.

Chiaramente ormai nessuno ci crede, a questa temporaneità, a cominciare dalla Fed che pure ci aveva speso parecchie dichiarazioni. Acqua passata ormai. Gli sviluppi del mercato del lavoro, dove la partecipazione è ancora sotto i livelli pre-pandemici e aumentano i rischi di rincari sul costo del lavoro – hanno indotto la banca centrale ad annunciare già nel dicembre scorso che il Fed funds rate sarebbe stato innalzato fra lo 0.75 e l’1% entro la fine di quest’anno, circa 50 punti basi sopra le indicazioni vigenti fino all’autunno scorso.

La stretta della Fed avrà conseguenze, ovviamente, a livello globale, a cominciare dalle economie emergenti, come sempre molto sensibili agli andamenti monetari degli Usa. Ma in generale, un aumento del costo del denaro rischia di destabilizzare molte economie, in un mondo divenuto sempre più dipendente dal debito, spingendo verso politiche di contenimento fiscale che poco giovano alla crescita complessiva. Detto semplicemente, la lotta all’inflazione, può determinare un rallentamento della crescita, che il Fmi già prevede. Anno nuovo, vita vecchia.

Cronicario: Unicredit taglia 14 mila teste, ma chisseneFed

Proverbio del 13 dicembre E’ duraturo solo ciò per cui si combatte

Numero del giorno: -1 Calo percentuale delle sofferenze bancarie in Italia

Lo  possiamo dire? E diciamolo: chissenefrega della Fed. Abbiamo Mister T che promette sfracelli (e probabilmente li farà). Abbiamo tutto il mondo che conta che promette di spendere e (e)spandere l’anno prossimo. Abbiamo soprattutto un buon umore borsistico talmente insensato che convince tutti. E allora diciamolo.

chissene2

Alzasse pure i tassi, la Fed domani notte (ora italiana), tanto ormai tutti se l’aspettano. Quel che davvero importa è che non guasti la festa di fine anno con allocuzioni improbabili. Basta confermi al mondo intero la sensazione che tutto va bene, e che anzi andrà meglio.

Pure da noi, per dire. Neanche l’euromestizia che stilla dal cronicario globale può celare l’evidenza che le cose si mettono per il meglio. Volete un esempio? Eccovi serviti.

eurostat-occupazione

Eurostat festeggia il miglior trimestre occupazionale da un decennio nell’Ue a 28. Sorvoliamo sullo spread fra il il livello degli eurodotati e gli altri, euronormali, e che il buonumore trionfi.

Vi dirò di più (anzi ve lo dice il WSJ): i mercati salgono quindi la Fed prepara la sua mossa.

fedreact

Leggo addirittura che le banche italiane sono quelle che vanno meglio. La qualcosa solletica il mio amor proprio quel tanto che basta finché non trovo quest’altra perla, secondo la quale Unicredit, decisa a tagliare i costi, taglierà qualche migliaio di teste in tre anni. Qualcuno dice 14 mila. Mi chiedo se questi fortunati avranno soldi a sufficienza per comprarsi un’APE e andare in pensione.

ape

O al limite a vendere frutta. D’altronde l’idea di raggranellare utili sopprimendo posti di lavoro rimane un evergreen del bravo manager, specie quando le cose vanno così bene. Quindi #statesereni. Anche quando scoprirete che la nostra produzione industriale è alquanto stanca. A ottobre 2016 l’indice rimane piatto verso settembre e cresce di uno sparuto 1,3% nell’anno. Ma comunque cresce e quindi tutto va bene: da ieri abbiamo pure un nuovo governo. Anzi nessuno si è nemmeno accorto che è cambiato.

renziloni

Volete ancora conferme? Ecco Bankitalia: nell’ultimo anno le sofferenza bancarie sono diminuite di una stupefacente 1%. Va tutto benissimo, perbacco.

sofferenze

E’ talmente vero che qualcuno profetizza che la Bce potrebbe persino anticipare l’uscita dal QE per improvviso risveglio da inflazione. E magari fra un po’ pioveranno pure soldi da cielo.

helicopter

Ma prima che ci crediate sul serio, è meglio fare un bagno di realtà. E il miglior modo è ricordarvela con un disegnino, visto che di leggere non ha più voglia nessuno.

diseguaglianza

A parte questo, i 14 mila di Unicredit, la produzione italiana ferma e compagnia cantante va tutto benissimo.

A domani.