Telco e politica. La nuova sfida per l’egemonia
L’esperienza delle guerre, compresa quella della guerra fredda, quando i sottomarini americani andavano a caccia di cavi sovietici nascosti negli abissi per “rubare” le informazioni non codificate che li attraversavano, ha reso chiaro a tutti che il controllo delle comunicazioni è nientemeno che vitale per uno stato, tanto più quando coltivi ambizioni egemoniche.
Nulla di strano perciò che alla fine di tutti questi conflitti, che hanno visto prevalere sempre gli Stati Uniti, questi ultimi siano divenuti i padroni delle reti globali di telecomunicazioni. Se non formalmente, almeno sostanzialmente. Gli Usa hanno sostituito la loro egemonia a quella britannica non solo nel controllo delle rotte commerciali o nella denominazione della moneta degli scambi internazionali – cent’anni fa si contava tutto in sterline – ma soprattutto nel network. Quello Usa prevale sugli altri, a cominciare da quello della rete Internet. Che infatti nasce negli Usa.
Lo scenario però è in notevole movimento. La Russia, ma soprattutto la Cina stanno cercando di insediare nuove rotte tecnologiche capaci di insidiare l’egemonia americana, che peraltro soffre di maggiori rischiosità rispetto a quella britannica di cent’anni fa. All’epoca bisognava agire sui cavi o sui ripetitori radio per commettere un’intrusione. Oggi basta utilizzare internet per entrare in un telefono o un computer. Paradossalmente, il progresso ha semplificato le pratiche nocive.
Un paper di Brookings ricorda una serie di intrusioni commesse dalla Russia nel 2007 contro l’Estonia, nella forma ormai nota a tutti di denial of service (DOS). Un anno dopo tali pratiche furono largamente utilizzate nel corso della guerra russo-georgiana. All’epoca i russi cercarono anche di deviare il traffico dati dai server della Georgia a quelli russi. Nel 2014 poi, in occasione dell’invasione della Crimea, la Russia condusse attacchi informatici mentre prendeva anche il controllo delle infrastrutture fisiche, a conferma del fatto che si tratta di elementi strategici per il controllo del territorio. Un anno dopo gli attacchi informatici venivano allargati alla rete elettrica e successivamente a tutti i servizi del paese. Da quel momento in poi gli attacchi degli hacker russi sono diventati una costante delle cronache. Ad esempio nel 2021 gli Usa accusarono Mosca di aver hackerato la compagnia SolarWinds. Più di recente ha fatto scalpore l’attacco hacker a un oleodotto Usa, pure se ancora non è provato che c’entri Mosca.
Ancora più pervasiva, l’opera cinese di accerchiamento dell’egemonia americana procede innanzitutto insidiando il primato infrastrutturale statunitense. Quindi costruendo nuove rotte digitali – la digital silk road – e proponendo standard proprietari di comunicazione: il 5G alla cinese. Questa coppia di strumenti trova nei mercati emergenti – un po’ in stile Germania XIX secolo – gli interlocutori ideali della globalizzazione made in China. Al tempo stesso però, raccontano le cronache, non sono mancati attacchi informatici, lamentati da diversi paesi attorno al globo.
La Cina, insomma, agisce su vari piani e si comprende perché susciti così tanti timori negli Usa e in tutto il blocco di paesi che fanno riferimento agli Stati Uniti. La storia che abbiamo esplorato per sommi capi finora conferma che i governi tendono sempre a utilizzare i vantaggi tecnologici offerti loro nel campo delle telecomunicazioni e il buon senso dovrebbe indurci a porre una semplice domanda: in che modo il governo cinese, che certo non è celebre per la sua liberalità, utilizzerà il vantaggio tecnologico che può garantirgli una compagnia come Huawei?
Non si tratta, ovviamente, di puntare il dito contro Pechino. Piuttosto di provare a comprendere bene qual è il campo di gioco sul quale sono schierate le pedine dell’attualità. Con un’avvertenza. La Storia, quella con la maiuscola, ci ricorda che ci sono sempre stati trasferimenti di potere fra diverse entità territoriali – ultimo in ordine di tempo quello dalla Gran Bretagna agli Usa – e che di recente le telecomunicazioni hanno fatto parte del “pacchetto”. Il progresso tecnologico, che ha generato la realtà digitale che si affianca a quella analogica, ha duplicato le arene della competizione, aggiungendo a quella territoriale, squisitamente analogica, quella digitale rappresentata dalla cloud.
La Cina ha la dimensione e la potenzialità per divenire di primaria importanza sia a livello territoriale che nella cloud. Una supremazia in entrambe le arene determinerebbe inevitabilmente un cambio di paradigma politico nel mondo. E’ questa la posta in gioco.
(5/fine)
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