La ricchezza americana non basta per allungare la vita

E’ materia da specialisti, siano essi demografi, economisti o sociologi, provare a spiegare il curioso paradosso statunitense che falsifica una delle correlazioni più gettonate in ambito scientifico: quella fra benessere economico e longevità. Rimane il fatto: negli Usa la longevità è cresciuta assai meno di quanto non sia avvenuto per altre economie avanzate. Ciò malgrado nel 1960 gli Usa fossero in cima alla classifica della longevità, come mostra una interessante ricognizione statistica pubblicata dalla Fed.

Il grafico mostra con chiarezza come l’andamento della longevità statunitense si divarichi dal resto delle economie avanzate intorno alla fine degli anni ’90 e da lì abbia intrapreso un andamento discendente. Sicché dal 1960 al 2018 l’aspettativa di vita alla nascita è passata da 69,7 anni a 78,5, mentre negli altri paesi avanzati si è passati da 68,5 a 80,7. Quindi meno di dieci anni di longevità guadagnati dopo quasi sessant’anni di crescita economica a fronte di oltre 12 per gli altri.

La Fed non fornisce alcuna interpretazione di questi dati, ognuno quindi è libero di sbizzarrirsi. Qualcuno tirerà in ballo i servizi sanitari, altri le politiche alimentari, altri ancora le diseguaglianze dei redditi o magari la diffusione delle armi. Noi ci contentiamo di osservare come la ricchezza non sia di per sé garanzia di una buona e lunga vita.

Non solo. Come ultima osservazione, che dovrebbe essere tenuta a mente dai tanti che lamentano i guasti della globalizzazione, vale la pena sottolineare i progressi in tema di longevità fatti dai paesi a basso e medio reddito. Negli anni ’60 l’aspettativa di vita era rispettivamente di 39 e 47 anni. Nel 2018 – ultimo aggiornamento dei dati – siamo arrivati a 63 e 71. Forse il capitalismo non è cattivo come dicono.

 

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