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Cronicario: Viviamo più a lungo, scordatevi la pensione

Proverbio del 24 ottobre I difetti sonnecchiano, ma non muoiono

Numero del giorno: 3.540.000.000  Surplus commerciale Italia a settembre

E anche oggi vince l’Istat. Nel senso che come ormai accade da un pezzo ci regala la migliore notizia del giorno. Ma che dico del giorno: dell’anno. Ma che dico dell’anno: del quinquennio. Non la sapete? Certo che la sapete: viviamo di più, che in pratica vuol dire che moriamo di meno.

Certo è bellissimo leggere che rispetto a 40 anni fa i bambini di meno di un anno muoiono sette volte meno – alla faccia di quelli che odiano il progresso – ma in fondo fa il paio col fatto che l’abbassamento del rischio di morte degli 80-89enni abbia spiegato da solo il 37% del guadagno della sopravvivenza maschile.

La parte più interessante però arriva a metà dell’opera. “La speranza di vita aumenta in ogni classe di età. All’età di 65 anni, ad esempio, arriva a 20,7 anni per il totale dei residenti, allungandosi di cinque mesi sul 2013”. Vi ricordano qualcosa i 65 anni? Dai pensateci bene: era l’età in cui una volta si andava in pensione. Anzi, c’è stato un tempo in cui a 65 anni eri pensionato anche da un ventennio se eri fortunato. Perché una volta, quando si moriva prima, ci si pensionava prima. Anzi, a dirla tutta, ci si pensionava prima a prescindere, per godersi la vita il più possibile. Oggi invece, che si muore dopo, si lavora di più.

E infatti dal 2019 si andrà in pensione di vecchiaia a 67 anni, oppure serviranno 43 anni e tre mesi di contributi per gli uomini e 42 e tre mesi per le donne: quei cinque mesi giusto di aumento di speranza di vita rispetto all’ultima revisione che Istat ha certificato oggi. Della serie: vuoi campare di più? Allora fatica! Non siete contenti di vivere di più? Immagino di sì. Allora vi do un’altra informazione che vi renderà definitivamente felici. Le pensioni scompariranno, a furia di aumentare la speranza di vita. Ma tranquilli: non le rimpiangeremo. Saremo troppo rincoglioniti da una vita di lavoro più o meno precario.

A proposito di lavorare. Vi sarà piacere sapere che sempre l’Istat ci informa che l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie, a settembre, è aumentato dello 0,6 a settembre rispetto a un anno fa e che nei primi nove mesi di quest’anno la retribuzione oraria media è cresciuta dello 0,4% rispetto allo stesso periodo del 2016. Quindi abbiamo realizzato il mondo perfetto: si lavora per poco, ma per sempre e si vive a lungo.

State allegri.

A domani.

Cronicario: Casa dolce casa, ma per il fisco

Proverbio del 29 maggio Fra invidia e imitazione meglio l’imitazione

Numero del giorno: 1.000.000.000.000 Investimenti cinesi previsti in infrastrutture all’estero

E’ giusto ricordare che malgrado non si paghi più l’Imu o come si chiama la tassa ulla prima casa, nel 2016 il fisco italiano ha incassato 19,9 miliardi di tasse grazie alle abitazioni, 4,4 miliardi in meno rispetto a un anno fa, 3,6 dei quali derivati proprio dall’abolizione della tassazione sulla prima casa.

Ora vi sembrerà un’esagerazione, ma considerate che 20 milioni di famiglie, il 77,4% del totale, sono proprietarie di casa, che significa che 25,7 milioni di persone hanno almeno una casa di proprietà. Se pure il governo avesse lasciato l’Imu o la Tasi o come si chiama sulle spalle di queste persone, avremmo pagato in totale 24,3 miliardi di euro che diviso 25,7 milioni fa la notevole cifra di euri 945 e spicci in media. Che è quanto costa agli italiani – sempre in media – possedere almeno una casa.

Perché vi racconto queste cose? Perché oggi il ministero dell’economia e l’Agenzia delle entrate hanno presentato questi numeri e conoscendo lo stato delle nostre finanze pubbliche improvvisamente hanno iniziato a fischiarmi le orecchie, memori per giunta di quella volta che la Commissione Ue ci ha mandato a dire che dovremmo dare un’alzatina alla tassazione immobiliare. Pure a voi vi fischiano?

Scherzi a parte, la giornata non è delle migliori, visto che banche sotto botta hanno ammosciato gravemente il listo della nostra borsa che mezz’ora fa stava quasi sotto del 2%. Poi è arrivato l’appuntamento più atteso: l’arrivo di Mario Draghi davanti al Parlamento Ue atteso come la Befana dopo il Natale e Capodanno del G7, quando la Mutti tedesca e mister T se le sono suonate per sante ragioni di bottega (sbilanci commerciali e robe del genere).

E che dice Draghi? Che squadra che vince (cioé lui e il QE) non si cambia. C’è ancora bisogno di sostegno. L’inflazione è ancora bassa. Serve più crescita, ossia più consumi e investimenti, e tutta la tiritera che vi risparmio perché l’avrete sentita un milione di volte. Il messaggio è chiaro: godetevi le vacanze estive. A settembre ne riparliamo. Magari dopo le elezioni tedesche, se non votiamo prima noi italiani. Quindi per il momento è chiaro quello che farà la Bce.

E intanto che facciamo noi? Ah beh, il governo, mentre l’agenzia delle entrate dà i numeri dell’Imu, Tasi o come si chiama, è impegnato nella manovra o manovrina o come si chiama. Dalle cronache spuntano perle come il prestito ponte ad Alitalia, al momento a 600 milioni ma dategli tempo, o il raddoppio da due a quattro milioni dello stanziamento per il teatro Romano dell’Eliseo. Se sono rose, costeranno.

A domani.

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Cronicario: Evviva l’Italia dello Zerodue

Proverbio del 16 maggio Un uomo libero legato a una corda prima o poi la spezza

Numero del giorno: 30.900.000.000 Surplus commerciale EZ a marzo 2017

Perché a un certo punto della vita bisogna decidere se volersi bene, pure se col naso storto e le maniglie dell’amore, oppure se inseguire il profilo apollineo e il girovita di Rambo e rimanerci male ogni volta davanti allo specchio. Ecco, mutatis mutandis, dopo l’ultimo dato rilasciato da Istat sul nostro pil ho deciso ora e per sempre: evviva l’Italia dello Zerodue, sorella di quella dello Zerotré.

Questa crescita mensile, cui corrisponde una crescita annuale dello 0,8% disegna la nostra fisionomia meglio di un Pinturicchio. Siamo in pieno miniaturismo statistico, cura maniacale del dettaglio, ricerca della profondità nell’infinitamente piccolo. siamo i teorici e pratici della slow economy. Uno sporco lavoro, ma qualcuno dovrà farlo.

Quest’opera è di sicuro meritoria del mio affetto, visto che già verrà a mancare quello dei mercati, e spero anche del vostro. Dobbiamo volere bene all’Italia dello Zerodue e farcela pure piacere perché non c’è un’altra e nessun altro le vorrà bene al posto nostro. E quando leggete che intanto il Pil in Germania è cresciuto dello 0,6, ricordate a questi esterofili che siamo gagliardi almeno quando gli Stati Uniti, su base mensile, e quanto la Francia, su base annuale. Non è tutta colpa nostra. Ci disegnano così.

Ora penserete che il Cronicario non è una cosa seria e avete perfettamente ragione. Ma questo non vuol dire che non diamo notizie serie. Ad esempio poco fa è uscito l’Oil market report dell’IEA che seguiamo religiosamente perché le vicende petrolifere hanno su di me effetto lisergico.

Non ditemi che sono strano perché lo so già. Ebbene, il report parla di mercato sostanzialmente bilanciato e fa scopa con quello che ha lasciato trapelare Putin che ipotizza il proseguimento dei tagli decisi con Opec a novembre scorso.

Tutto ciò dovrebbe dare stabilità al mercato dell’energia, e quindi ai prezzi, che dalle contraddanze del petrolio dipendono parecchio. E dai prezzi dipende l’inflazione e la Bce, e i tassi di interesse e la solita solfa che sapete già.

Concludo in bellezza con un paio di dati. Uno che riguarda l’inflazione in UK, che ho mutuato dall’ultimo rapporto della BoE. Come si osserva i prezzi stanno risalendo e ciò in parte è stato determinato dalla svalutazione della sterlina.

L’altra arriva dalla Germania, di recente nelle grazie del Fmi per le sue performance. Oggi l’istituto di statistica ha diffuso i dati sull’occupazione, sottolineando che rispetto a un anno fa gli occupati sono aumentati di 638 mila unità nel primo quarto del 2017 rispetto al primo 2016. Il grosso della crescita è tirato dai servizi.

Capite perché a noi, che amiamo lo Zerodue, i tedeschi ci fanno un filo incazzare.

A domani

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