Etichettato: penisola di Yamal

La “Transartica” russa prepara altre due fermata

Gli amanti dei parallelismi storici, potrebbero trovare divertente considerare gli imponenti investimenti che la Russia sta impegnando per realizzare la sua rotta commerciale artica come quelli altrettanto imponenti che la Russia zarista fece nel XIX per realizzare la sua Transiberiana. All’epoca era in corso una sfida silenziosa e letale con la Gran Bretagna per il controllo dell’Asia centrale, e quindi del commercio con quelle popolazioni ancora esotiche e sconosciute, che doveva culminare con il controllo delle rotte che legavano l’Uk all’India. La decisione di investire su una ferrovia che attraversasse l’ampio continente asiatico fino a “sfociare” sul Pacifico era un modo per la Russia di dimezzare costi e tempi dei collegamenti commerciali con l’Europa e diventare quindi uno dei protagonisti della globalizzazione di quel tempo, dominata dal capitale inglese e soprattutto dalla marina britannica.

Facendo le dovute differenze – lo diciamo per quelli che tendono a dimenticare che la storia non si ripete, ma al massimo si somiglia – ricordare la vicenda della Transiberiana degli zar può essere utile per inquadrare strategicamente l’importanza della Northern Sea Route, sulla quale la Russia neozarista di Putin sta investendo moltissime risorse proprio per garantirsi il controllo di una rotta commerciale che, se ancora incerta quanto agli esiti e alla reale funzionalità – nelle migliori delle ipotesi la rotta si potrebbe navigare solo per metà anno – potrebbe ridurre significativamente il costo e il tempo necessari per collegare l’Asia (e in particolare la Cina) all’Europa. Proprio come nel XIX secolo.

 

Le notizie sul lento ma costante progredire della nuova arteria commerciale russa sono numerosissime e non serve riepilogarle qui. Basta ricordare le più recenti che servono a dar la misura di quanto il progetto sia ormai in fase avanzata. Pochi giorni fa, ad esempio, è stato annunciato un nuovo vascello rompighiaccio russo, alimentato ad energia nucleare, che diventerà il terzo componente di una flotta che concorre al primato per potenza e grandezza. Anche i cinesi tempo fa hanno annunciato investimenti sui vascelli rompighiaccio e non è certo un caso. Gli accordi che abbiamo osservato, relativamente alla penisola di Yamal, da dove sono già partite imbarcazioni destinate alla Cina cariche di gas liquefatto, sono solo i primi di una serie che andranno a definirsi una volta che il Grande Gioco dell’Artico, ormai degno erede di quello centroasiatico del XIX secolo (con gli Usa al posto dell’UK), entrerà nel vivo.

Intanto, vale la pena sapere che sono state gettate le fondamenta di altre due “stazioni” della futura “Transartica”, dove al posto dei treni viaggeranno potenti vascelli rompighiaccio alimentati ad energia nucleare. Nel marzo scorso infatti, le autorità russe hanno autorizzato la Novatek, ossia la potente compagnia cui è stata affidata la gestione della NSR, a realizzare un impianto di storage e un terminal di trasporto per il gas liquefatto ad Avancha Bay, nella Kamchakta, una località ben nota ai giocatori di Risiko (e non a caso).

Un mese dopo, quindi ad aprile, è stato dato sempre alla Novatek il permesso di costruire una struttura simile a Ura Bay, sulla Penisola di Kola, nel cuore della Russia e lungo la costa del Mare Artico.

Se unite i puntini, ecco che la nostra NSR prende improvvisamente forma. Un collegamento ideale fra Europa e Asia che costeggia la costa russa. Neanche lo Zar avrebbe potuto sognare di più. Questi due porti serviranno a “smistare” il gas liquefatto che arriverà lì imbarcato sulle “spaccaghiaccio” nucleari dal Golfo di Ob, nel cuore della penisola di Yamal. Dai due nuovi porti potranno partire navi “normali”, riducendosi così i costi di trasporto.

Vale la pena sottolineare che la francese Total, già azionista di minoranza (con i cinesi) degli impianti di Yamal LNG e nel futuro impianto Arctic LNG acquisterà il 10% di entrambi i nuovi porti. Francia e Russia, d’altronde, hanno sempre avuto rapporti d’affari molto cordiali. Sin dai tempi del Grande Gioco. E anche da prima.

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Anche gli Usa entrano nel Grande Gioco dell’Artico

Era solo questione di tempo prima che gli Stati Uniti decidessero di partecipare al Grande Gioco ormai avviatissimo nell’Artico. Secondo alcuni resoconti gli Stati Uniti avrebbero infatti intenzione di investire massicciamente nella costruzioni di navi rompighiaccio per fare in qualche modo concorrenza ai russi che da tempo sono impegnati nella costruzione di natanti del genere. Attività che, come abbiamo visto, ormai è stata avviata anche in Cina. La decisione di investire sulle rompighiaccio sarebbe contenuta nel maxi pacchetto sulla difesa da 717 miliardi approvato dal Congresso che da seguito concreto alla strategia Usa che individua nella Cina e nella Russia, non a caso impegnate nell’Artico, le principali minacce emergenti.

La scelta degli Stati Uniti arriva con un certo ritardo di cui gli Usa sono certamente consapevoli, visto che il tema è stato più volte oggetto di interventi del Pentagono. Al momento gli Usa dispongono di una sola rompighiaccio, la Polar Star, che ha più di quarant’anni. Ne esistono altre due ma una è praticamente fuori servizio e un’altra, la Healey, viene usata a scopi scientifici, come d’altronde l’unica rompighiaccio cinese in servizio permanente nell’Artico. Le rompighiaccio russe al contrario, sulle quali Mosca sta investendo parecchie risorse, navigano da mesi lungo le rotte artiche, a cominciare dalla NSR (Northern sea route), e di recente è stato completato anche il primo trasporto di gas liquefatto dalla penisola di Yamal alla Cina a bordo di una di queste imbarcazioni.

Il programma Usa prevederebbe l’acquisto di sei rompighiaccio per un importo pari a 800 milioni di dollari, che dovrebbero essere completate per il 2023. Per allora anche la Cina dovrebbe aver completato il suo programma di costruzioni di rompighiaccio nucleari. Da qui a cinque anni, insomma, l’Artico sarà molto più caldo. E non solo a causa del clima.