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Le banche centrali hanno sestuplicato i bilanci

Due o tre crisi fa – sembra un secolo ma sono passati poco meno di tre lustri – l’economia internazionale funzionava covando grandi rischi, ma con un’inflazione bassa e una crescita robusta. In quel tempo alle banche centrali dei paesi del G10 bastavano meno 4 trilioni di dollari di asset per “alimentare” i sistemi finanziari di questi paesi.

Oggi la situazione è quella che vedete nel grafico sopra, riportato nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziara globale del Fondo Monetario internazionale. L’impennata dei bilanci che si osserva a seguito della Grande Crisi Finanziaria del 2008, cui ha seguito una crescita sostenuta per gli anni successivi, sembra persino poca cosa rispetto a quella che si osserva in conseguenza della crisi Covid, dalla quale sembra lecito aspettarsi ulteriori aumenti della capienza delle BC.

Se per una volta uscissimo dalla logica dell’emergenza, dovremmo interrogarci su cosa sia accaduto all’economia internazionale se oggi servono bilanci sei volte più grandi del passato per continuare ad alimentare il funzionamento dei mercati. E’ un segnale di robustezza, o semmai di debolezza, il dover costringere le banche centrali a farsi carico di obbligazioni crescenti – sbaglia chi pensa che le banche centrali possano indebitarsi all’infinito e senza pagare pegno – per tenere in piedi la giostra?

Ma poiché non abbiamo tempo – e soprattutto voglia – di farci domande perché la casa brucia eccetera eccetera, ecco che anche i paesi emergenti hanno iniziato a copiare le politiche monetarie di quelli avanzati.

Tale decisione risulta del tutto comprensibile, vista l’entità dei deflussi registrata da queste economie nel pieno dell’ultima crisi.

Così come risulta comprensibile, quasi auspicabile, che le grandi BC, con la Fed in testa, abbiamo riaperto i rubinetti per arrestare il crollo dei mercati.

Il punto però rimane. Le BC possono continuare a raddoppiare i bilanci ogni cinque anni. Ciò non toglie che qualcuno possa chiedere il conto. E non sarà piacevole.

La crescita inarrestabile del debito delle famiglie

Le famiglie non hanno smesso di accumulare debiti. Anzi, la montagna del debito privato che fa riferimento a questa categoria sociale è cresciuta, come ha notato il Fmi nel suo ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria. Una tendenza che da una parte trova alimento nell’innovazione finanziaria e dalle condizioni vantaggiose di alcuni classi di prestiti – i mutui per esempio – conseguenza delle politiche monetarie accomodanti messe in campo nell’ultimo decennio dalle banche centrali. Ma conseguenza probabile anche della crescita stentata dei salari, della quale ci siamo occupati nell’ultimo numero di Crusoe, che trova nell’aumento dell’indebitamento un meccanismo di compensazione che serve in molti casi a tenere in piedi la contabilità familiare. Ma qualunque siano le ragioni, che ovviamente possono essere molteplici, il fatto rimane: “Globalmente il debito delle famiglie ha continuato a crescere nell’ultimo decennio”. E chi ricorda un po’ di storia, sa bene che all’origine della crisi Usa del 2008, c’era proprio il debito immobiliare delle famiglie subprime. Segno evidente che la storia insegna poco.

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