La globalizzazione emergente. L’Iran eurorusso

Le ultime notizie che arrivano dall’Iran, ossia la possibilità che la Repubblica islamica diventi parte dell’Unione euroasiatica di Putin, sembrano fatte apposta per alimentare i pensieri di chi crede che “l’amicizia Turchia-Iran-Cina-Russia sia l’alleanza del 21° secolo”, come ha dichiarato di recente il presidente del Vatan Partisi turco Dogu Pericek.

Qualcuno ricorderà che l’Iran e l’EAEU hanno siglato un accordo di libero scambio diversi mesi fa e che ormai da tempo sono visibili le connessioni e gli interessi che legano gli iraniani ai russi e, indirettamente, ai cinesi, con i quali peraltro l’Iran ha siglato un importante accordo commerciale e ai quali ha continuato a vendere petrolio in barba all’embargo statunitense.

In tale contesto le notizie di un ulteriore avvicinamento fra Russia e Iran acquistano un certo rilievo, nell’ambito dell’ampia ricognizione su quella che abbiamo definito la globalizzazione emergente. Chi frequenta la storia ricorderà sicuramente l’importanza che l’Iran – all’epoca si chiamava Persia – ebbe nella diatriba fra l’egemone in carica – la Gran Bretagna – e le ambizioni imperiali della Russia, ieri come oggi regolarmente frustrate.

Oggi il gioco è diverso, ma la sostanza non cambia. L’Iran rimane il miglior punto di avvicinamento all’India e quindi al vasto mondo dell’Asia sud-orientale. Al tempo stesso è un interlocutore obbligato nel complesso mosaico del Caspio e del Medio Oriente, affacciandosi anche verso l‘Asia centrale, dove “abitano” anche paesi come il Kazakhstan, che fanno parte dell’Unione euroasiatica russa. Come d’altronde l’Armenia.

Sarà pure un caso, ma nel suo ultimo giro dei paesi che ruotano attorno al Caspio il ministro degli estero iraniano avrebbe proposto proprio la riattivazione di una ferrovia dell’epoca sovietica che collegava l’Iran all’Armenia attraverso l’enclave di Nakhchivan, incuneata fra il territorio azero e quello turco. Come ormai è chiaro a tutti, le infrastrutture, specie quelle ferroviarie, giocano un ruolo strategico nella globalizzazione emergente.

Tutto ciò per dire che l’adesione dell’Iran all’UEE (EAEU) guidata da Mosca implica un aumento dell’influenza russa in tutte le zone nelle quali l’Iran si affaccia e questo non può che preoccupare le potenze occidentali, alle prese col difficile dilemma di un accordo con la Repubblica islamica le cui sorti sembrano sempre più incerte.

Al contrario, la Russia ha tutto l’interesse a stringere la relazione diplomatica con l’Iran, paese col quale condivide non soltanto sanzioni internazionali, ma robusti canali commerciali e finanziari e anche partite geopolitiche importanti come quella siriana. Discorso simile vale anche per la Cina, e in qualche modo per la Turchia.

E’ presto per dire dove condurrà questa “amicizia” fra i quattro stati, che intanto però sta producendo importanti reti di relazioni, e non solo. Forse è esagerato dire, come ha detto sempre il presidente del del Vatan Partisi che “il mondo è entrato nell’era della civilità euroasiatica dopo la fine della civiltà atlantica”.

Ma, certo, qualcuno può iniziare a inquietarsi leggendo nella stessa intervista che “la civiltà eurasiatica è una civiltà più umana, più condivisiva, più pubblica, più pianificata, più disciplinata, più libertaria e più democratica”. Una civiltà che mette insieme lo spirito libertario e quello pianificatore riecheggia vecchi totalitarismi. Ossia l’incubo peggiore.

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