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Il mattone tedesco terremotato dal QE di Supermario


La Buba, il QE e il caldo mattone tedesco. Se fossi un commediografo potrei tratteggiare così l’ultima uscita di Andreas Dombret (“The German real estate market – cause for concern?”), componente della Bundesbank alla Haus & Grund Deutschland.

Ma poiché non ho talento teatrale, a differenza di tanti insospettabili banchieri, devo contentarmi di farvela semplice: fra le tante ragioni per le quali la Buba ha vissuto come una inevitabile seccatura il QE di Supermario, c’è la circostanza che il mercato immobiliare interno della Germania, già surriscaldato, rischi di diventare bollente se, come è ipotizzabile, la manovra della Bce alzerà la già elevata propensione al rischio degli operatori finanziari sempre più alla ricerca disperata di rendimenti.

Dombret esordisce spiegando che “l’economia tedesca è in buona forma”. Ed è difficile dargli torto osservando i dati che presenta all’uditorio. Le imprese tedesche, osserva, hanno i costi sotto controllo, il loro debito non è particolarmente alto e dispongono di un’ampia dotazione di prodotti graditi all’estero. Anche se “l’economia tedesca è supportata dal consumo”. Ma anche qui le prospettive sono buone. La disoccupazione è bassa e i salari reali sono cresciuti anche grazie al crollo dell’inflazione.

Sicché la previsione di dicembre era di chiudere il 2014 con una crescita dell’1%, prevista all’1,6% nel 2015, e forse ancor di più se i corsi petroliferi continueranno a declinare.

Senoché il calo del petrolio mette in fibrillazione i prezzi dell’area, spiega, e fa saltare il target del 2% di inflazione.

Qui scorgiamo la differenza di vedute fra la Buba e gli altri colleghi europei. La Buba non vedeva nessuna necessità di agire così repentinamente, o almeno non con lo strumento di un QE che, sottolinea Dombret echeggiando quanto già detto dal boss Weidmann, “fa aumentare i rischi”:

E nella prima linea dei rischi tedeschi, come più volte la Buba ha osservato, ci sta proprio il mercato immobiliare.

Il perché è presto detto. “Le bolle sui prezzi son particolarmente problematiche quando l’acquisto di asset è finanziato per lo più col credito. L’immobiliare è un esempio calzante”. Al momento i prestiti per mutui pesano circa il 43% di tutti i prestiti al settore privato. Tenete a mente questo dato.

Quando i prezzi dell’immobiliare salgono, spiega Dombret, le banche, pensando che tale trend continuerà, producono credito addizionale alimentando la salita dei prezzi. Meccanismo che molti paesi europei hanno sperimentato sulla loro pelle. Fino a quando la bolla esplode, con le conseguenze che abbiamo imparato a conoscere.

“Per questa ragione noi (della Buba, ndr) monitoriamo il mercato immobiliare molto da vicino”.

Interessante a questo punto capire come si eserciti tale sorveglianza.

Per parlare di bolla, spiega Dombret, devono coesistere tre condizioni: innanzitutto una crescita dei prezzi non giustificata dai fondamentali economici; poi una crescita dei prestiti per mutui e infine, un allentamento delle condizioni sottostanti all’erogazione di credito.

La prima questione richiede un’analisi dell’andamento dei prezzi immobiliari in Germania. Negli ultimi 20 anni, osserva, la dinamica dei prezzi tedeschi è stata moderata rispetto al resto dell’eurozona. “Tuttavia i prezzi sono cresciuti in alcune zone della Germania a partire dal 2010, anche se nel corso del 2014 sono leggermente diminuiti”.

In dettaglio, dal 2010 i prezzi sono saliti in media del 7% l’anno nelle sette principali città tedesche, mentre nelle città di medie dimensioni sono aumentati, sempre in media, ogni anno del 5%. Considerando la Germania come un tutto, la crescita si abbassa al 3% annuo.

Dobbiamo dedurne che siamo in presenza di una bolla? “Per la Germania come un tutto la risposta è no”. E tuttavia “noi stimiamo che le proprietà immobiliari sia sopravvalutate di circa il 20% nelle città medio-grandi, e forse di più nelle città più grandi. Le dinamiche dei prezzi, comunque, si sono indebolite”.

Riguardo il secondo aspetto, ossia i prestiti, Dombret nota che è divenuto più facile finanziare gli acquisti a causa dell’abbondante liquidità a disposizione e i tassi molto bassi.

Il tasso medio per un nuovo prestito è intorno al 2,3%. E poi c’è la circostanza che gli investimenti alternativi al mattone hanno rendimenti molto bassi. Il che può incoraggiare un investitore a far debiti per comprare immobili da mettere a reddito. “Ma gli investitori dovrebbero ricordare – sottolinea – che un alto rendimento implica un alto rischio”.

Ebbene, il volume del credito per mutui “è aumentato costantemente dal 2010, anche se inizialmente con un passo moderato. A novembre 2014 il tasso di crescita anno su anno è stato del 2,5%, più che nella zona euro”.

Nell’insieme tuttavia, osserva, i prestiti per mutui non sono cresciuti eccessivamente. “Questo ci porta al terzo punto: gli standard creditizi per la concessione di mutui si sono allentati?”

La Buba ha condotto un’analisi su 116 banche tedesche, concentrandola in 15 città dove i prezzi sono saliti parecchio e su altre nove dove sono cresciuti meno. I risultati mostrano come “non si intravedono segni di problemi”. “Al contrario – sottolinea – l’indagine mostra come le banche non abbiano allentato i loro standard creditizi, mentre è accaduto il contrario, anche se moderatamente, nel resto dell’eurozona”.

Questo risultato, tuttavia, nasconde alcune implicazioni. La stessa survey, infatti, ha mostrato un’ampia quantità di mutui con un elevato rapporto Loan to value.

Ciò vuol dire che il prestito eccede il mortgage lending value, ossia il valore dell’immobile che la banca mette a collaterale del mutuo. Il che non è di per sé fonte di squilibrio, spiega, visto che il debitore può offrire altri suoi asset a garanzia. “E tuttavia l’alta quota di tali mutui concessi indica che ci possa essere una vulnerabilità strutturale nel sistema bancario tedesco in caso di crisi del mercato immobiliare”.

La Buba, perciò vigilerà sempre più da vicino l’evoluzione del mercato. Tenendo a mente che “la decisione della Bce di comprare bond governativi segna l’inizio di una nuova era nel mercato dei capitali, e dobbiamo tenerlo a mente, visto che ciò comporta un aumento del rischio nella creazione di bolle, non ultimo nel settore immobiliare”. “Il mondo – evidenzia – è diventato un luogo più pericoloso per gli investitori”.

L’immobiliare poi risente particolarmente del deteriorarsi del quadro macroeconomico. Perciò la Buba ha simulato diversi scenari per valutare i rischi sistemici. E se l’ipotesi di uno shock locale del mattone trova le banche tedesche attrezzata, uno shock sistemico del mattone, come peraltro sono stati gli shock degli ultimi vent’anni, le trova incapaci di mantenere i requisiti previsti di capitale.

“E poi – avverte – c’è un’altro pericolo che bisogna tenere a mente:la possibilità di un’inversione nel trend dei tassi di interesse“. Last, but not the least, c’è anche la questione del rischio di cambio.

La vicenda svizzera, che ha provocato lo sganciamento del cambio fisso con l’euro, “potrebbe aver creato problemi a chi si era indebitato in franchi svizzeri”. “Se i default dovessero aumentare le banche potrebbero finire in difficoltà”, anche se, “a differenza di Austria e Polonia i prestiti in franchi svizzera in Germania hanno una dimensione limitata: circa 2 miliardi di euro in valore corrente a fronte dei circa 1.000 rappresentato dai property loan tedeschi”.

Dombret conclude che “bisogna essere preparati per ogni eventualità”.

Io, nel dubbio, tocco ferro.

 

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