Il blog va in vacanza. Ci rivediamo a settembre con la nuova stagione: Reboot

Anche la stagione VIII del nostro blog è terminata e con lei speriamo anche il tormento di un anno iniziato con le solite cronache sonnacchiose, a metà fra routine e poche – ma rilevanti – novità, e d’improvviso catapultato nel caos di una pandemia che ci ha fatto assistere, per la prima volta nella storia, a uno stop coordinato dell’attività economica in tutto il mondo, pure se con diversi livelli di gradazione.

Perciò è del tutto logico che allo Struggling, che intitolava l’ottava stagione del blog, segua l’osservazione del Reboot che ci aspettiamo in autunno, quando anche noi riprenderemo a leggere, studiare e scrivere per tentare di contribuire alla costruzione del nostro discorso sul debito che ha finito col diventare una finestra con vista sulla globalizzazione, nella storia, come nel presente, della quale tentiamo persino di immaginare un futuro.

Una evoluzione sorprendente, innanzitutto per chi scrive, ma forse non così tanto. L’aumento del debito è stato il carburante della globalizzazione attuale fin dal secondo dopoguerra. E’ stato il driver che ha condotto alla crisi del dollaro degli anni Settanta del secolo scorso, e alle varie crisi finanziarie che ne sono seguite che hanno investito come onde i paesi in via di sviluppo, quelli che oggi chiamiamo economie emergenti, e quelli avanzanti, provenendo, questo onde del ciclo finanziario, solitamente da questi ultimi.

Giocoforza perciò alzare di qualche grado il punto di osservazione e finire col guardare non soltanto alla costituente dei flussi finanziari – ossia la motivazione di questo crescente indebitamento e la sua valuta di riferimento in quanto coordinate stesse della globalizzazione Usa – ma anche il suo divenire in un tempo sempre più tecnologico e quindi immateriale.

Siamo arrivati così a sbirciare il panorama delle monete digitali, provando persino a indovinare in che modo questa tecnologia incida sul gioco valutario e chiedendoci se potrà cambiare anche consuetudini antiche, come quello dell’uso del contante. Si tratta di un’evoluzione in cui i concetti economici si mescolano con quelli tecnici e politici, richiedendo quindi un notevole sforzo di comprensione per ipotizzare gli esiti che tutto ciò potrà determinare sulla globalizzazione che, come abbiamo scritto più volte, si declina generalmente in una moneta, una lingua, delle rotte commerciali e un ordine politico. L’arrivo delle monete digitali di banca centrale è con tutta probabilità quello che viene chiamato un game changing.

Da qui in poi è stato naturale passare all’osservazione di come alcuni paesi, grazie anche a una certa compiacenza dell’egemone in carica, in evidente debito di capacità egemonica, si stiano incaricando di ridisegnare il loro ruolo nel mondo, utilizzando il più vecchio degli strumenti, ossia l’uso della forza.

Fra questi paesi spicca la Turchia, alla quale abbiamo dedicato molto tempo e righe, per la semplice ragione che ha dimostrato di essere molto volitiva, e perciò pericolosa. E anche fortunata, visto che di solito la fortuna aiuta gli audaci. Di recente, vale la pena ricordarlo, i turchi hanno scoperto nel Mar Nero un giacimento di gas di notevole valore strategico e politico, che contribuisce a delineare meglio la linea di faglia che si è aperta nel quadrante mediorientale, approfondita pochi giorni prima dall’annuncio dell’accordo fra Emirati Arabi Uniti e Israele che completa l’asse fra Emirati, Sauditi ed Egitto che si oppone a quello turco-qatariota e forse anche iraniano, che abbiamo visto all’opera in tanti scenari di crisi nella regione.

Ma in realtà è tutta la zona mediorientale che è entrata in fibrillazione, fino all’asse Sud-Nord che va dall’Iran al Caspio, e quindi interessa inevitabilmente anche la Russia. E ormai dove si dice Russia inevitabilmente si dice anche Cina: le due potenze sono insieme concorrenti e partner, e basta ricordare come il confronto di Pechino con gli Usa sia ormai diventato non solo a tutto tondo, ma sempre più aspro.

Le linee di conflitto sono infinite e vanno dal commercio alla tecnologia. E questo basta a capire perché la notizia della sperimentazione in corso di uno yuan digitale sia capace di rappresentare un fatto rilevante.

Tutto ciò spero serva a spiegare ai lettori del blog quello che alcuni hanno chiamato eclettismo, ma che è semplice bisogno di capire. La realtà è a-specialistica, e la vocazione del blog sembra fatta apposta per portarci dove non pensavo certo di arrivare discorrendo di economia e debito.

Questa straordinaria esperienza di studio, innanzitutto storico, è forse ciò che più di ogni cosa caratterizza questo blog, dove si possono trovare linee di approfondimento e fonti, composite ma coerenti, che lentamente iniziano a delineare una visione.

In tal senso, osservare il Reboot dei nostri sistemi economici, che ha già prodotto risultati storici come l’accordo europeo per la condivisione del debito – che contiene il germe di una proiezione geopolitica dell’Ue – non è semplicemente necessario, ma inevitabile.

Il Reboot dell’economia implica però anche quello della globalizzazione emergente che adesso dovrà confrontarsi con le elezioni americani di novembre, che potrebbero confermare Trump e la sua linea vagamente suicida per gli interessi americani malgrado affermi il contrario, o il suo avversario del quale è ancora poco chiara la visione globale.

Significa anche che dovremo costruire un processo economico capace di convivere con la paura della pandemia, che si è rivelata essere assai più perniciosa della pandemia stessa, che certo non è stata uno scherzo, perché comunque la vita deve andare avanti. E quindi anche il nostro blog, iniziato per gioco, cresciuto per passione e diventato un testimone, imperfetto ma sincero, della nostra contemporaneità.

A lui e a voi, che lo seguite sempre più numerosi, rivolgo il mio ringraziamento e auguro ogni bene.

Ci rivediamo a settembre.

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