Categoria: cronicario
Cronicario: Per gli italiani il benessere è insostenibile
Proverbio del 18 dicembre Il denaro non fa la felicità
Numero del giorno: 256.000 Aumento posti di lavoro a termine in Italia nel terzo trimestre
Speriamo che il Natale faccia il miracolo. Perché a sentire l’Istat, che ha dedicato un tomo poderoso all’analisi degli indici che misurano (dovrebbero?) il nostro benessere, secondo i principi dell’equità e della sostenibilità, gli italiani stanno meglio, ma sono poco soddisfatti.
“Si rileva una maggiore diffusione delle tendenze positive – giura l’Istat ., con il 53,4% degli indicatori confrontabili che presenta variazioni positive (62 su 116)”. Rassegnatevi: il benessere è aumentato.
E prima che diciate “eh ma la crisi, l’economia” e tutta la litania, sappiate che l’aumento del benessere riguarda anche l’economia, divenuta d’improvviso la regina delle nostre cronache da quando non abbiamo più denaro pubblico da elargire a mani basse.
Addirittura, “l’indice composito sulle Condizioni economiche minime segnala un deciso miglioramento”, giura l’Istat. Diminuisce pure la diseguaglianza, udite udite.
Il punto saliente è che ci siamo guastati il carattere. “Il dominio Relazioni sociali, con oltre un terzo degli indicatori in peggioramento, è quello che mostra l’andamento più problematico nel breve periodo”. Siamo diventati misantropi, per non dire stronzi. E siamo peggiorati pure quanto a istruzione e salute.
Sarà mica l’ossessione per il benessere ad essere insostenibile? Ora chiedo a Istat.
A domani.
Cronicario: 2,40 e 2,04 incontrano 2,8 e 3,4
Proverbio del 13 dicembre Un libro va masticato per estrarne il succo
Numero del giorno: 28.000 Italiani laureati emigrati all’estero nel 2017 (+4% sul 2016)
Non so a voi ma a me il gioco delle tre cifre – 2,04 di deficit invece del 2,4 promesso dal governo del cambiamento – versione fiscale del gioco delle tre carte mi ha mandato in visibilio. C’è del genio sui colli della politica, che con grande sprezzo del ridicolo obbliga i giornali italiani a parlare del 2,04 di deficit come se fosse una cosa seria.
Quando tutta una società parla seriamente del ridicolo è chiaro che il vostro Cronicario, grande studioso della declinazione comica della realtà, diventa una cosa seria. E quindi molto seriamente vi dico che non c’è solo il governo del cambiamento, da oggi governo dell’anagramma (che comunque è un cambiamento eh), che innova il senso del ridicolo, ma anche certi fighetti d’oltralpe, e stendiamo un velo pietoso su quelli Oltremanica.
La storia la sapete. C’è una marmaglia col gilet giallo che costringe un pettinatissimo presidente ad aprire i cordoni della borsa e sganciare 10 miliardi sul popolo assetato di benzina. Così il 2,8 di deficit sul pil promesso pochi mesi fa ai maestrini brussellesi per il 2019 diventa d’improvviso il 3,4. Proprio oggi uno di questi maestrini, per puro incidente gallo come il galletto spiumato che presiede la Francia, dice che vabbé, se po’ ffa, purché lo sforamento sia “il più limitato possibile”.
I più crudeli ricorderanno che la Francia ha alle spalle un decennio di sforamenti e appena un semestre di deficit sotto il mitologico 3%. Ma questi dettagli seri sono fuori contesto quando governa il ridicolo. Quanto 2,40 e 2,04 incontrano 2,8 e 3,4 tutto ciò che ne viene fuori è una grossa risata. Che ci seppellirà.
A domani.
Cronicario: Aumentano gli inattivi, beati loro
Proverbio del 12 dicembre Un ospite lieto non grava su nessuno
Numero del giorno: 0,37 Tasso % Bot annuale in asta oggi
Siccome siamo il Belpaese, e nemmeno gli sforzi sovrumani del governo del cambiamento riusciranno a cambiare questa cosa, leggo con grande soddisfazione l’ultima release Istat sul mercato del lavoro che genererà qualche confusione nelle persone meno avvezze, visto che nel terzo trimestre siamo riusciti insieme a far diminuire l’occupazione e la disoccupazione. Che è una cosa bellissima, se ci pensate. I governanti del cambiamento potranno dire che grazie a loro la disoccupazione è diminuita
mentre i sostenitori del cambiamento di governo potranno sottolineare con cipiglio che è diminuita l’occupazione.
I pochi che capiscono di queste cose e gli ancor meno che se ne infischiano sia del cambiamento che del governo sanno benissimo che questo ossimoro apparente nasconde il fatto che sono aumentati gli inattivi (+123 mila) rispetto al trimestre precedente. Ossia coloro che non solo non lavorano, e quindi non sono occupati, ma neanche lo cercano, il lavoro, e quindi non risultano neanche disoccupati.
In sostanza non fanno nulla.
Se poi siete quel tipo di persone che si chiedono perché mai in Italia fioriscano fenomeni come gli inattivi e idee geniali come il reddito di cittadinanza, guardate questa bella tabella.
Si avete letto bene: in dieci anni le retribuzioni di fatto nei servizi sono cresciute dello 0,2%.
A domani.
Cronicario: Pagare il 20 per cento di tasse e non saperlo
Proverbio del 6 dicembre Dove c’è abbondanza di parole c’è carenza di intelligenza
Numero del giorno: 28,9 Quota % di italiani a rischio povertà o esclusione sociale nel 2016
Aveva ragione quel tale che diceva che esistono le bugie, le dannate bugie e poi le statistiche. Me ne convinco mentre leggo l’Istat giurare e spergiurare che “nel 2016, l’aliquota media del prelievo fiscale a livello familiare si conferma stabile al 19,4% rispetto all’anno precedente”.
Ora essendo persona istruita (e questo è sicuramente un problema ai giorni nostri) freno l’istinto belluino che mi suggerisce di denunciare il mio commercialista – e a seguire l’Agenzia delle Entrate – per appropriazione indebita e mi convinco a credere, facendo leva sulla ragionevolezza che mi ricorda la complessità del reale, che lo sproposito di tasse che pago ogni anno, malgrado vari carichi familiari, faccia di me un’aberrazione statistica sicuramente non contemplata dall’istituto nazionale, che ha l’obbligo di volare alto. Ma poi quando inizio a dire in giro che la media delle tasse sulle famiglie è inferiore al 20% ottengo sempre la stessa reazione, cortese ed educata ma vagamente incredula.
Insomma: paghiamo il 20% di tasse e ci lamentiamo pure. E’ chiaro che l’Istat dice sicuramente il vero. Ma è colpa nostra che non ci crediamo. E pensare che abbiamo pure creduto alla flat tax del governo del cambiamento.
Proprio così. Quindi possiamo pure credere all’Istat. A proposito. Nel caso apparteniate alla categoria dei monoreddito con tre figli o più, sappiate che per voi il prelievo fiscale arriva all’8,4%. E a questo punto sentitevi pure liberi di ridere.
A domani.
Cronicario: Il governo ha trovato un tesoro al Tesoro
Proverbio del 27 novembre Gli dei aiutano l’uomo che non sta coricato
Numero del giorno: 945 Morti sul lavoro in Italia al 31 ottobre (+9,4% su 2017)
Davvero non mi spiego come mai l’Istat vada dicendo in giro che è diminuita la fiducia di consumatori e imprese. Proprio non riesco.
Ma perché mai – mi chiedo – gli italiani dovrebbero avere una fiducia calante nel governo del cambiamento? Come si fa a non aver fiducia in un governo che mantiene le sue promesse, che tiene fede alla parola data e contrattualizzata, che finalmente se ne infischia delle cavezze eurocratiche e libera la patria propensione al deficit stimolante?
E’ chiaro che c’è un problema di comunicazione, mi rispondo. E’ tutto un problema di comunicazione, ormai. Al governo del cambiamento servirebbero trombettieri migliori di quelli che stipendia già, capaci di valorizzare le ottime notizie che arrivano da ogni dove e che i giornalisti sorosiani fanno di tutto per sommergere con le loro cattiverie. Per dire: avrete letto di sicuro che oggi c’è stata un’altra asta di Btp, stavolta indicizzati che ha visto i rendimenti crescere ancora, il che significa gioie a bizzeffe per i sottoscrittori che guadagnano di più.
Oppure quell’altra notizia, che di sicuro nessuno metterà su Facebook o ci farà un tweet e quindi ve la dico io: il ministero del Tesoro ha annullato una gara di Btp prevista per il 13 dicembre perché – letteralmente – non gli servono i soldi. Infatti, dice una nota del Tesoro, ci sono “ampia disponibilità di cassa e ridotte esigenze di finanziamento”.
Non lo sapevate vero? Hanno trovato un tesoro al Tesoro. Me ne convinco definitivamente quando sento vicepremier Uno (o Due, fate voi) arringare i curiosi con una delle sue celebri frase fatte. Ma fatte proprio: fatte bene. Il tema è un dettaglio, com’è noto, ma in questo caso era quota 100. E qui scopriamo tracce del tesoro. “I soldi per quota 100 sulle pensioni ci sono – dice il Nostro -, anzi i tecnici ci stanno dicendo che ne abbiamo messi anche troppi”. Troppi soldi+Troppa grazia= Molta fiducia. Che se ne va.
A domani.
Cronicario: Lo scudo tedesco anti-spread di Capital America
Proverbio del 23 novembre Il gatto anche se è cieco continua a desiderare i topi
Numero del giorno: 52 Quotazione della mattina del petrolio WTI (-5%)
Poiché ormai le cromiche (cronache comiche, ndr) battono senza possibilità di rivincita il nostro Cronicario mi tocca rassegnarmi. La realtà supera la mia capacità di cazzeggio. Di buono c’è che posso smetterla di sforzarmi per strapparvi una risata. Mi basta riportare quello che leggo uguale uguale a come lo dicono, i lor signori di una volta divenuti d’improvviso cabarettisti insuperabili per la gioia del pubblico pagante (nel senso di tax payers). Una delle migliori di giornata la dice uno dei tanti sottosegretari d’incerto pedigrée ma notevolmente dotato di talento cromico. Costui a un giornale che riesce persino a non scoppiare a ridere rilascia la seguente dichiarazione: “Trump tifa per noi. Non abbiamo bisogno di soccorsi esterni, tantomeno li abbiamo chiesti. Ma sono sicuro che, qualora un aiuto fosse indispensabile, gli Stati Uniti ce lo darebbero”.
Già ce li vedo i capitali americani a fare la fila per comprare Btp. Vengono subito dopo quelli russi sparati in prima pagina di un noto quotidiano salmonato di gossip, e quelli cinesi, promessa costante mai mantenuta del debito pubblico italiano in costante ricerca d’acquirente. D’altronde bisogna capirli i nostri talentuosi cabarettisti: ieri un Btp per giunta targato Italia è rimasto a secco e a gennaio ci aspetta un botto di emissioni. Quindi che fare?
Esatto. E infatti poco dopo Vicepremier Uno (o Due fate voi) se n’è uscito dicendo – letterale giuro – che “oggi lo spread è sceso di decine di punti” perché gli investitori stanno finalmente iniziando a capire la complessità della nostra manovra del cambiamento che, gli fa eco Vicepremier Due (o Uno fate voi) una volta digerita farà tornare il sereno e sarà tre volte Natale.
Ora prima che pensiate, come fate di solito, che è tutta colpa dei politici, che hanno deciso di rubare il mestiere ai comici visto che ormai i comici l’hanno rubato ai politici, vi faccio notare che c’è gente che ha votato e mandato in parlamento quell’altro tale che oggi ha definito “un’idea intelligente dare il reddito di cittadinanza alle imprese”, ossia “trasferire alle imprese il reddito di cittadinanza di un disoccupato in cambio dell’assunzione”. Se anche voi siete convinti che sia un’idea intelligente siete voi il governo del cambiamento.
Potrei raccontarvene altre, ma è venerdì di un giorno da cani, pure se lo spread ripiega a fine giornata (cit.) e tanto ormai l’antifona è chiara. Ma siccome vi so cazzari di gusto fine, vi saluto con la migliore supercazzola con scappellamento a centrodestra che manco fosse ‘ntani che invece è di un altro pezzo grosso della maggioranza del cambiamento noto soprattutto perché dotato del talento di far piacere l’economia ai cretini – e quindi con grande seguito – che di sicuro hanno esultato di fronte al grido di battaglia “scudo anti-spread”. Tanto più trattandosi di uno scudo di marca tedesca. “Puntiamo ad adeguare le regole alle norme tedesche”, dice. Ma mica si riferisce al fare sparagnino della Mutti in via di smobilitazione. Macché. Si parla di regole bancarie. In Germania, dice, “solo il 5% delle banche applica i principi contabili internazionali” (dimenticando di farci sapere quanto pesi questo 5% sul totale degli asset tedeschi) “mentre le banche italiane si adeguano al 90%”. E siccome le “queste regole sono procicliche” ecco che bisogna alleggerirle per evitare che la possibilità di far credito venga a mancare alle nostre banche del territorio, noto esempio di efficienza italiana.
“Dobbiamo ridurre l’asimmetria”, ha esortato il nostro fenomeno. E chiaramente non si riferiva al fatto che i tedeschi sono in surplus fiscale malgrado abbiamo speso un paio di centinaia di miliardi per salvare le proprie banche. Al contrario: l’importante è che noi spendiamo perché la spesa è reddito e blablabla. Se poi dovessero venir fuori problemi non vi preoccupate: c’è sempre lo scudo tedesco antispread di Capital America.
Buon week end.
Cronicario: Ci bocciano tutti, anche l’Istat
Proverbio del 21 novembre Un volto florido è inutile se lo stomaco è vuoto
Numero del giorno: 25.000.000 Container merci in meno nel 2018 rispetto al 2017
So’ soddisfazione, niente da dire. Finalmente la favola del governo del cambiamento, che sembra ritagliata su quella di Collodi, con tanto di Pinocchio come protagonista e il Gatto e la Volpe degni comprimari, ci regala i primi risultati visibili in una giornata che rimarrà memorabile. Finalmente mezzo mondo ha certificato che somigliamo sempre più a Lucignolo, visto la quantità di bocciature che ci sono arrivate fra capo e collo. D’altronde Lucignolo è uno di noi.
Ve la faccio breve perché non ho nessuna voglia di deprimermi. Della scontata bocciatura della commissione Ue per i nostri conti canterini ho trovato rimarchevole giusto una dichiarazione del vicepresidente eurocratico che suona addirittura lirica: “Il debito italiano rimarrà attorno al 131% per i prossimi due anni. Non vedo come perpetrare questa vulnerabilità potrebbe aumentare la sovranità economica. Invece, credo che porterà nuova austerity. Con quello che il Governo italiano ha messo sul tavolo, vediamo un rischio che il Paese cammini nel sonno verso l’instabilità. Spero che questo rischio sia evitato”.
Ma non è per nulla facile camminare nel sonno quando lo stesso giorno arriva un’altra sveglia, stavolta dalla parigina Ocse, che non solo pubblica previsioni di crescita che hanno fatto impallidire il ministro dell’economia che rima (e non a caso) con Mammamia…
(avete letto bene, lo 0.9% di crescita l’anno prossimo), ma dice pure che in Europa “ci sono rischi” e uno di questi “è l’Italia”.
Uno dice vabbé: so’ stranieri e pure prevenuti. Non capiscono la potenza del cambiamento scatenato dal governo di Collodi. Senonché, prima ancora che i francofoni si pronunciassero, era uscita l’italianissima Istat, con questo:
Nel 2019 non ci sarà lo 0,9 dell’Ocse, né l’1,2 della Commissione, ma persino un +1,3. Che però non è l’1,5 previsto dal governo del cambiamento, che evidentemente non ha ancora cambiato abbastanza, e infatti i suoi supporter giurano che tireranno dritto.
Fino a svegliarsi.
A domani.
Cronicario: Abbiamo affatturato il bilancio Ue
Proverbio del 20 novembre I figli devono ereditare le radici e le ali
Numero del giorno: 21.000.000 Giorni di malattia lavoratori dipendenti italiani nel IIIQ 2018
Così s’imparano quei fetentoni (si può dire fetentoni in un post?) a svillaneggiare il governo del cambiamento dicendo a destra e a manca che la manovra del popolo non si regge in piedi. Al massimo barcolla, dai.
Lo spread per dire. Mica oggi ha toccato i 330 per colpa del governo del cambiamento. Noooo. E’ colpa del cambiamento climatico, invece, che ha orientato le preferenze degli investitori verso gli investimenti green, penalizzando il settore del debito sovrano….
Vabbé ma comunque ‘sti qua che criticano la manovra del popolo senza saperlo hanno esasperato l’animo italiano, degnamente rappresentato dai vicepremier Uno e vicepremier Due, sempre vigili e dichiaranti, che danno corpo alla nostra migliore tradizione.
Ecché non lo sanno i brusselesi che siamo i maestri dell’affatturamento? Abbiamo pure disseminato d’indizi anche il governo del cambiamento (non a caso è degnamente rappresentata l’ala partenopea). E si vede. Giusto ieri gli eurofenomeni si vantavano di aver quasi portato a casa il Bilancio 2019 della Ue, mentre i nostri francotedeschi, si arrischiavano a ipotizzare un bilancio comune dell’eurozona addirittura per il 2021, cioé dopodomani. Venivano ignorati invece colpevolmente gli avvisi dei vicepremier Uno e Due, entrambi trasudanti fermezza e moniti: l’Italia si diceva ancora una volta pronta ad attivare tutte le misure necessarie qualora gli eurocrati provassero a fermare lo sprint del cambiamento.
Il risultato è arrivato prima del previsto (almeno quello): ancora prima che scoccasse la mezzanotte di ieri, i negoziatori del bilancio europeo avevano gettato la spugna. Fatevi i bilanci vostri la prossima volta.
Nel caso aveste ancora dubbi circa la potenza dell’affatturamento sovrano, vi ricordo che i negoziati falliti per il bilancio Ue sono stati guidati dal ministro del finanze austriaco, ossia del paese che ha depositato l’ultimatum contro il governo del cambiamento. E adesso capite perché vicepremier Uno (o Due fate voi) oggi ha avvertito che “c’è un livello altissimo di tensione sociale”.
Toccate ferro.
A domani.
Cronicario: L’export scricchiola, ma ci salveranno i ricchi (e i ciclisti)
Proverbio del 16 novembre La bocca non si addolcisce parlando di miele
Numero del giorno: 2,2 Accelerazione % inflazione in ottobre nell’EZ a ottobre
Per fortuna è venerdì, mi dico esausto scorrendo il cronicario, oggi come ieri pieno di notizie estenuanti. Mica solo per colpa nostra. I nostri cugini inglesi sono alle prese con la Brexitmachia e perdono ministri come noi miliardi per colpa dello spread (i nostri ministri resistono invece, a conferma della tempra italica). E ce ne potremmo pure infischiare se non fosse che prima o poi i guai della May, che abbiamo tenuto fuori dalla porta, entreranno dalla finestra, come possono capire i feticisti dei grafici.
Ma poiché a molti questo pensierino sembrerà campato in aria, vi riporto subito sulla triste cronaca che è a prova di cretino. Basterà scorrere l’ultima release sul nostro commercio estero riferita a settembre, che racconta di flessioni dell’export sia su base mensile (-2,1%) che su base annuale (-2,8). Il grosso di questo calo si concentra fra i paesi extra Ue. In particolare il calo delle esportazioni sono scesi negli Stati Uniti (-8,6%), Turchia (-31,0%), Russia (-24,7%), Cina (-17,2%) e paesi OPEC (-11,2%). L’asse sovranista che tanto ci vuole bene.
Il riassunto è edificante: “Si stima che il surplus commerciale si riduca di 2.983 milioni di euro (da +4.257 milioni a settembre 2017 a +1.274 milioni a settembre 2018). Nei primi nove mesi dell’anno l’avanzo commerciale raggiunge +28.482 milioni (+58.422 milioni al netto dei prodotti energetici)”. Dal che si deduce che abbiamo speso 30 miliardi per i beni energetici. Ma il governo del cambiamento avrà sicuramente una ricetta per risolvere questo problema. Si può averne contezza leggendo le parole illuminate di uno dei massimi esperti della maggioranza del cambiamento via Twitter, incidentalmente presidente di commissione, secondo cui ridurre le importazioni” di energia “è sicuramente di importanza capitale”.
Che fare? Ma è l’uovo di Colombo: bisogna “produrre in casa quella energia che, superficialmente, tante volte abbiamo pensato fosse più facile importare dall’estero”.
Quindi non state a preoccuparvi, anzi siate felici. Perché nel tempo che tornate a camminare in bicicletta – risparmiamo anche sulle palestre che sono un’aberrazione liberale – e magari tornate a scaldarvi con la lana di pecora, il nostro esecutivo ha le idee molto chiare su come si debba risolvere il nostro annoso deficit di investimenti (leggi: strade sbreccolate, case pericolanti e ponti pericolosi). A parte i potentissimi investimenti pubblici, con moltiplicatore superX, il governo ha un piano che oggi il ministro che rima con economia e che casualmente abita nello stesso ministero ha sintetizzato con queste parola davvero edificanti: “L’impiego dei capitali privati al servizio del futuro del paese funge da collante sociale per recuperare la legittimità della funzione che la ricchezza ha sempre avuto”. E quindi l’invito ai ricconi – che sono notoriamente generosi ai confini della tirchieria – a “dare il contributo alla strategia del governo attraverso gli investimenti”.
Che dite? E’ la migliore della settimana vero? Lo so. Infatti chiudo bottega.
A lunedì.
Cronicario: E’ partito il piano D, infatti la disoccupazione aumenta
Proverbio del 13 novembre Non si possono tenere due angurie in una mano sola
Numero del giorno: 1.98 Tasso Btp triennale venduto oggi in asta
Pensate che shock culturale patisco quando, a un certo momento del mio girovagare nel cronicario globale leggo un titolo con le seguenti parole “Riforme più utili degli stimoli”. Dico: perbacco che tempra e che visione. Spero sia un primo ministro, e in effetti è così. Leggo tutto d’un fiato la dichiarazione: “Malgrado le spinte al ribasso, non abbiamo bisogno di massicci stimoli. Faremo aggiustamenti appropriati, ma vogliano dare energia al mercato, in particolare ai player dei mercati, e abbiamo le condizioni per farlo”. Un premier coi controcosi, mi dico estasiato. Arrivo persino a credere che sia il nostro.
Ma poi leggo meglio. Non era l’avvocato del popolo, ma il primo ministro della repubblica popolare. Un cinese insomma. Un raro esempio di marxismo sorosiano che ormai fa tendenza e si presenta bene in società. Un radical choc. Epperò volete mettere? L’ultima moda cinese mi provoca una rara invidia sociale di fronte ai nostri avanzi degli anni ’70 che tuonano puntuti che “il tasso di crescita non si negozia”. Mi consola che se la speranza del liberalismo abita in Cina, comunque andrà a finire sarà un successo. Per gli altri almeno. Per noi andrà molto meglio. A noi ci aspetta qualcosa di meglio del successo.
Avrete notato i segnali sono sparsi ovunque: i tassi di crescita si azzerano, la produzione industriale crolla, come le vendite al dettaglio e anche oggi ha portato il suo cambiamento: la disoccupazione nell’Ocse a settembre diminuisce ma in Italia aumenta.
A parte quella giovanile, che trovate su, quella complessiva torna sopra il 10% a settembre 2018 il che mi fa capire che il geniale piano del governo per aumentare l’output gap e quindi lo spazio fiscale per far deficit grazie all’aumento dei disoccupati è all’opera. Dopo il piano B per l’uscita dall’euro e il piano C per aumentare la crescita coi moltiplicatori magici c’è anche il piano D per trasformare la disoccupazione in deficit. Il cambiamento procede malgrado nessuno lo osservi e ancor meno lo apprezzino. Ma fa nulla: il piano A, che poi è quello originario, vi arriverà fra capo e coda un bel giorno. Mentre fate bancomat.
A domani.












































