Etichettato: crusoe
Il nuovo numero di Crusoe: La fine del denaro a costo zero. Grazie a @FabioGhironi per la splendida Chat
Questa settimana Crusoe racconta di come il mondo si stia preparando alla fine di un’epoca durata più di sette anni: quella del denaro a basso costo, per non dire a costo zero. Ormai la normalizzazione monetaria della Fed è iniziata e sembra avviata a proseguire con altri due rialzi di tassi quest’anno, e questo dà occasione al Fmi, che ha presentato questa settimana il suo rapporto sulla stabilità finanziaria globale, di proporre alcuni approfondimenti che riguardano la sorte dei paesi emergenti, da un lato, e la sempre più difficile tenuta del sistema finanziario di fronte a tassi di interesse che ancora sono molto bassi, dall’altro. La normalizzazione dei tassi di interesse è insieme auspicata e temuta, non solo da banche e intermediari, ma anche dai governi, che comunque dovranno gestire imponenti stock di debito, accumulato in conseguenza della crisi, con un costo crescente. La Chat di questa settimana con Fabio Ghironi (@FabioGhironi) è piena di straordinari spunti di riflessione che va dall’evoluzione del dibattito macroeconomico ai tormenti del commercio internazionale all’epoca di Trump. Soprattutto è un accorato appello a recuperare la dimensione della responsabilità individuale, che è la chiave non solo della nostra rinascita economica, ma soprattutto di quella sociale e civica. La lettura consigliata di questa settimana è il Fiscal monitor del Fmi, che contiene un approfondimento molto interessante sul rapporto fra sistema fiscale e produttività. Come sempre chiudono la newsletter i fatti della settimana selezionati da Crusoe e le notizie invisibili, quelle che trovi solo qui. Buona lettura. Ci rivediamo il 21 aprile.
Crusoe è una newsletter che si può leggere solo abbonandosi. Tutte le informazioni le trovi qui.
La Chat di Crusoe con @AbatediTheleme: Il capitale umano e i “clientes”
Questa settimana Crusoe (C) si è piacevolmente intrattenuto con Abate di Thélème (A) @AbatediTheleme
C Buongiorno Abate. Per caso stavi seguendo la presentazione del rapporto Eibis della Bei? C’è una lunga allocuzione di Signorini di Bankitalia… Dice ad esempio che il capitale umano e l’efficienza della PA condizionano il livello degli investimenti in Italia…concordi?
A Il senso dello Stato è sconosciuto, in Italia. Gli esempi di interesse collettivo più rilevanti di cui disponiamo sono riconducibili, essenzialmente, alla storia delle municipalità centro-settentrionali. La famosa ‘Italia dei comuni’. Immaginare il bene comune al di là dei confini della propria città è, nell’anno del signore 2017, ancora impossibile per la stragrande maggioranza degli italiani. Sud ed Ex Stato della Chiesa, poi, generalmente ignorano anche questo livello ‘poleis’, rimanendo ancorati alla linea di sangue, ovvero agli interessi del clan tribale e dei suoi ‘clientes’.
C Non è che l’hai presa un po’ troppo alla larga? Voglio dire, aldilà del nostro carattere nazionale sul quale possiamo discutere tutto il giorno, c’è pure un tema di persone e di regole Se entrambe le cose non funzionano, il risultato è già scritto, aldilà dei trascorsi, non credi?
A La cosa era ben stata intuita – e magistralmente descritta – dal grande Banfield, in ‘The moral basis of a backward society’, libro che dovrebbero leggere in tutte le scuole… si, forse si. Ma arrivo subito al dunque. A tali condizioni, è normale che la PA, ad ogni livello, sia divenuta il ricettacolo del clientelismo familistico amorale. Pertanto i requisiti di dipendenti, funzionari e dirigenti sono in media assolutamente inadatti alle mansioni. Queste ultime, però, risultano perenni ed altamente remunerate – rispetto a molte altre. La somma del pessimo servizio reso e dei suoi costi elevati fa sì che chi voglia investire in Italia parta già con notevoli extra da mettere in conto. Se poi allarghiamo la PA alla macchina della giustizia, tali extra risultano del tutto penalizzanti. Infatti il risultato è già scritto.
Il resto della Chat è disponibile su Crusoe, una newsletter che si può leggere solo abbonandosi. Tutte le informazioni le trovi qui.
Il nuovo numero di Crusoe: La ragnatela di Undernet. Grazie a @AbatediTheleme per la splendida Chat
Poi ci siamo molto divertiti a fare una Chat scanzonata e vagamente irrispettosa con @AbatediTheleme, che è risultata molto divertente e istruttiva, visto che abbiamo chiacchierato di storia, economia, geopolitica e persino di un pizzico di filosofia, senza pretese oltre a quella di risultare interessanti. Abbiamo selezionato, come di consueto, le notizie imperdibili degli ultimi cinque giorni.
La lettura della settimana è dedicata all’attivazione della Brexit, della quale si è a lungo parlato in questi giorni ma di cui pochi conoscono i passaggi e le procedure. Poi ci sono le principali notizia della settimana e, a chiudere, le nostre notizie invisibili, quelle che trovi solo su Crusoe. Buona lettura.
Ci rivediamo il 7 aprile.
La Chat di Crusoe con @pbiffis: Le banche, la responsabilità e Aristotele
Questa settimana Crusoe (C) si è piacevolmente intrattenuto con Paolo Biffis (P) @pbiffis
C Buongiorno. Vorrei iniziare la nostra chat da una notizia che ho trovato scorrendo l’ultimo bollettino della Bce. In particolare il fatto che per la prima volta dall’introduzione dell’euro gli investitori extra EZ hanno, al netto, venduto obbligazioni dell’area, con l’Italia a fare la parte del leone, visto che sono state vendute obbligazioni per il 4,1% del Pil. La Bce scrive che questo è un riflesso del public sector purchase programme della bce. Può aiutarci a capire meglio?
P Prima di rispondere volevo chiederle se aveva letto il pezzo di oggi di Mieli sul Corriere sulla Sicilia
C In parte, confesso che sentirmi ripetere degli sprechi siciliani mi appassiona poco. Sul giornale ho trovato interessante un altro pezzo, quello di centro della prima pagina sulle donne di Bolzano che hanno una fertilità più elevata della media.
P Ma allora che si fa? Ora sono a Brunico: non è molto diverso dall’Italia, ma i trasporti funzionano, ecc. Ci sarà pur un punto intermedio. O dobbiamo andare da Salvini o dai 5S?
C Personalmente penso che il primo passo sia recuperare un po’ di etica del lavoro. Lei invece da dove partirebbe?
P Etica mi sembra una parola pericolosa: cattolica, cristiana, protestante, islamica? Quale?
C Quella più semplice che collega il diritto alla retribuzione al dovere di una onesta prestazione.
P Cioè: quella che dipende dai comportamenti individuali… Ma questo conduce rapidamente alla conclusione che dobbiamo abbandonare la Sicilia al suo destino. E poi noi dove ci troviamo senza quella civiltà millenaria? Ma quanto ci costa?!?! Forse ha ragione Severino: siamo stati fregati da Aristotele
Il resto della Chat è disponibile su Crusoe, una newsletter che si può leggere solo abbonandosi. Tutte le informazioni le trovi qui.
I signori della salute (e della malattia)
Sono i signori della salute pure se qualcuno li ha definiti gli inventori delle malattie. Amati almeno quanto odiati, i colossi del farmaceutico sono uno delle colonne portanti del nostro modello sociale, che oggi misura il suo successo guardando a due numeri: la crescita del pil e quella dell’età media, che poi è al tempo stesso una delle questioni più problematiche con le quali dobbiamo fare i conti. Ma Big Pharma non è solo, o almeno non più, un efficientissimo sistema per produrre e vendere farmaci. Da un pezzo ormai le compagnie farmaceutiche si sono evolute fino a entrare dentro business fino a pochi decenni fa del tutto alieni: il brevetto genetico, la produzione di ogm, la chimica alimentare con il mondo misterioso degli additivi. Dentro una compagnia farmaceutica si trattano molecole, quindi dna. La loro applicazione pratica conosce ormai come limite solo la fantasia. Guardare dentro questo mondo, perciò, è un viaggio molto istruttivo lungo le coordinate del nostro presente e insieme nel tessuto economico che lo sostiene, visto che l’industria, a livello globale, sviluppa un mercato di oltre un trilioni di dollari, quindi mille e più miliardi, che si prevede crescerà ancora a tassi superiori al 4% nei prossimi anni, proprio in ragione della circostanza che l’allungamento dell’età media fa aumentare il consumo di farmaci, ma non solo.
Il resto dell’articolo è disponibile su Crusoe, una newsletter che si può leggere solo abbonandosi. Tutte le informazioni le trovi qui.
Il nuovo numero di Crusoe: I signori della salute. Grazie a @pbiffis per la splendida Chat
L’industria farmaceutica: un mercato gigantesco che vale oltre 1.000 miliardi e si stima crescerà ancora nei prossimi anni grazie alla spinta demografica, che fa invecchiare le popolazioni nei paesi avanzati e aumentare la domanda di farmaci, dei governi e dei privati. Ma questa industria, che è sempre più globale, interconnessa e diversificata, è anche la frontiera degli investimenti in ricerca e sviluppo, terreno di competizioni aspre che si articolano lungo le barriere regolatorie dei governi e la tecnologia sempre più innovativa della ricerca scientifica. Chi produce farmaci ricerca molecole, e perciò materiali che possono non solo curare le malattie, ma anche inventarne di nuove. E poi esondare in campi finora poco frequentati. Non a caso le grandi compagnie farmaceutiche sono sempre più frequenti nel settore delle tecnologie che interessano all’industria alimentare o cosmetica. Soprattutto, i signori della salute sono i soggetti verso i quali si rivolge il desiderio di miliardi di persone cresciute e coccolate dall’idea, che è una delle costituenti della nostra società, che siamo destinati a una vita sempre più lunga e sana. L’idea dell’ablazione della morte, che è la loro migliore garanzia di profitti crescenti.

La Chat di questa settimana con Paolo Biffis (@pbiffis) è piena di riflessioni interessanti sull’economia, le banche, la responsabilità che ognuno di noi ha o dovrebbe avere chiara quando agisce nel settore economico.
Poi, la consueta selezione per orientarti fra le notizie degli ultimi giorni.
La lettura della settimana riguarda invece l’acqua, che è stata protagonista di una giornata mondiale che serve a ricordarci quanto sia preziosa e indispensabile, e al tempo stesso sia sempre più difficile garantire a tutte le popolazioni del mondo l’accesso ad acqua di qualità. In conclusione, le nostre notizie invisibili: quelle che trovi solo su Crusoe. Buona lettura.
Ci rivediamo venerdì 31 marzo.
Crusoe è una newsletter che si può leggere solo abbonandosi. Tutte le informazioni le trovi qui.
La fabbrica dei cervelli automatici
All’incrocio fra i sogni dell’economia digitale e la concretezza dell’economia analogica troviamo un quadratino di silicio dove vengono stampate miriadi di informazioni che trasformano questo pezzo di materia morta in una vita animata da procedure logiche: un cervello automatico. Questa raffinatissima calcolatrice, che adesso sogniamo di trasformare in vita intelligente, è al centro della più straordinaria fabbrica di cervelli della storia: l’industria dei semiconduttori. Anche questa, come quella dell’acciaio e delle armi e per ragioni identiche, ha finito col diventare un’altra tessera dell’intricatissimo mosaico dove le ragioni dell’economia si incrociano con quelle della politica, mescolandosi insieme concretissimi interessi finanziari a questioni legate alla sicurezza nazionale. La fabbrica dei cervelli produce il chip del vostro smartphone, ma anche quello di un sistema missilistico. E soprattutto, sul crinale di queste produzioni vivono relazioni economiche fra gli stati che sono anche squisitamente politiche.
Come esempio vale quello delle tensioni recenti fra Cina e Stati Uniti – ancora loro e ancora un volta – dopo che gli asiatici avevano annunciato di voler mettere in cantiere un piano di investimenti da 150 miliardi in dieci anni proprio per il settore dei semiconduttori, suscitando commenti alquanto piccati da alcuni esponenti politici Usa evidentemente sobillati dall’industria. La Cina, difatti, è una grande consumatrice di chip made in Usa, ma al tempo stesso le grandi compagnie Usa di semiconduttori hanno notevolmente dislocato in Cina. Quindi da una parte abbiamo un gigante emergente a cui – caso più unico che raro – è stato impedito dall’amministrazione Obama di comprare una compagnia Usa di microprocessori, e dall’altro le corporation Usa che vendono ai cinesi una quota rilevante dei 228 miliardi di dollari di importazioni collegate ai semiconduttori che i cinesi hanno speso nel 2016.
Il resto dell’articolo è disponibile su Crusoe, una newsletter che si può leggere solo abbonandosi. Tutte le informazioni le trovi qui.
Il nuovo numero di Crusoe: La fabbrica dei cervelli. Grazie a @glmannheimer per la splendida Chat
Ai confini dell’economia reale, dove viene prodotto ciò che serve ai fantasiosi creatori dell’economia digitale, troviamo fra le altre cose l’industria dei semiconduttori, ossia di quei dispositivi – uno per tutti i chip – che consentono di costruire macchine sempre più complesse che tutti dicono un giorno prenderanno il nostro posto. Come ogni altra economia, la fabbrica dei cervelli automatici ha un dove, un come e un quanto che usualmente vengono poco osservati da chi non sia un addetto ai lavori, con la conseguenza che si trascurano di conoscere relazioni economiche, sovente sfocia in conflitti politici, che sostanziano problemi complessi: i chip servono agli smartphone, ma anche a un sistema di guida di un’arma. Sicché abbiamo dedicato un po’ di tempo a scrutare questo panorama vagamente futuristico e insieme molto concreto per offrire una illustrazione semplice e insieme profonda dello stato dell’industria dei semiconduttori, giovandoci di alcuni documenti pescati sul sito del Dipartimento del commercio estero Usa e di altri osservatori internazionali. Di sicuro ne sappiamo molto di più di quanto ne sapevamo prima. E speriamo sarà lo stesso anche per chi legge.

La Chat di questa settimana con Giacomo Mannheimer (G) (@glmannheimer) è stata molto appassionante perché oltre a parlare di cose assai concrete – le nostre cronache tormentate – ci ha portato a portato a discutere anche di Economia con la maiuscola, ossia invenzione di società economiche possibili, un esercizio che purtroppo si fa di rado ma che speriamo di fare di più in futuro.
Le notizie della settimana, come al solito vi guidano alla comprensione di quel che è successo in questi ultimi cinque giorni nel mondo dell’economia.
La lettura di questa settimana è dedicata all’Oil market report di Opec uscito di recente, perché siamo convinti che parlare di petrolio rimanga uno dei compiti principali di chiunque si occupi di queste cose.
Chiude la nostra newsletter, come ogni venerdì, la selezione delle notizie invisibili, quelle che trovi solo su Crusoe.
Ci rivediamo venerdì 24
La Chat di Crusoe con @cac_giovanni: Un Norway-Style deal per la Brexit
Questa settimana Crusoe (C) si è piacevolmente intrattenuto con Giovanni Caccavello GT) @cac_giovanni.
C Buongiorno Giovanni. Mi sembra che la notizia di inizio settimana sia la definitiva acquisizione di Opel da parte dei francesi della Peugeot. Ormai non si può dire che sia una sorpresa, ma di sicuro adesso tutti gli altri grandi player dovranno rivedere le loro strategie. Ti sei fatto un’opinione in materia?
G Ciao. Anche qui in UK oggi si parla molto dell’accordo Peugeot-Opel. Alcune reazioni sono interessanti, anche alla luce della “Brexit”.
C Già: è curioso un mondo dove insieme convivono l’internazionalizzazione e la voglia di chiudere i confini. Mi chiedo quale tendenza prevarrà. Tu che abiti laggiù, che idea ti sei fatto?
G Da quel che ci è stato riferito, la prossima dovrebbe essere la settimana decisiva. Il governo May dovrebbe ufficialmente dare il via alle negoziazioni, attivando l’Articolo 50. Per ora bisogna dire che e’ tutto ancora molto incerto ed il governo britannico e’ stato molto restio nel comunicare informazioni su “hard o soft” brexit.
C Mi chiedo se tanta prudenza celi una strategia o se invece il tutto sia abbastanza improvvisato. Ma poiché non lo sapremo mai, forse è più interessante chiedersi se si inizi a delineare il piano economico che l’UK metterà in campo una volta che partiranno le contrattazioni. Tu vedi probabile una ripresa del settore manifatturiero britannico?
G Visto il recente passato, temo di no. Qui in UK molti hardcore Brexiters sono ancora indirettamente legati ai fasti dell’impero britannico. Osservando dati di Bruegel, nel corso di questi ultimi decenni il Regno Unito è stato il paese che ha perso maggiormente in termini di settore manifatturiero. Difficile che questi lavori tornino nel medio periodo. A mio modo di vedere, nonostante le notizie giornaliere riportate un po’ ovunque, il governo Britannico cercherà alla fine di avere una sorta di “Norway-Style deal” con l’Unione Europea.
Il resto della Chat è disponibile su Crusoe, una newsletter a pagamento che si può leggere solo abbonandosi. Tutte le informazioni le trovi qui.
Il mestiere dei mercanti di armi
La Cina crescerà del 6,5% quest’anno, dice il premier Li Keqiang, illustrando i piani economici del governo che mostrano con chiarezza come il paese stia tentando, lentamente, di normalizzare un’economia drogata dal credito e dagli investimenti pubblici. E tuttavia nella stesso giorno in cui il primo ministro parla delle previsioni di crescita, l’agenzia Nuova Cina fa sapere che la spesa militare, sempre per quest’anno, supererà per la prima volta i mille miliardi di yuan: per la precisione, 1.040 miliardi, pari a circa 152 miliardi di dollari. Un aumento del 7% della spesa militare, rispetto all’anno scorso, che vale circa l’1,3% del Pil. Di questa delicata materia, che coinvolge risorse enormi e relazioni geopolitiche complesse, il premier non ha parlato granché, limitandosi a confermare che il governo vuole rafforzare la difesa marittima e aerea, proseguendo così in un percorso di incremento delle spese militari, cresciute a doppia cifra dal 2009 in poi, per scendere al +7,6% nel 2016 e al 7% di quest’anno.
Si potrebbe credere, osservando questi dati, che tali spese siano il necessario contrappasso per chi voglia completare il processo di formazione di grande potenza, status al quale la Cina ormai ambisce apertamente e con buon diritto, trattandosi della seconda economia mondiale e della prima potenza regionale. E tuttavia saremmo in errore. La crescita straordinaria della spesa per armamenti non riguarda solo la Cina, ma è comune a territori che nessuno immaginerebbe mai impegnati in un procacciamento attivo di materiale bellico. Il Qatar, ad esempio, fra il 2007 e il 2011 ha aumentato del 245% le sue importazioni di armi, ben al di sopra della media dell’86% riportata dai paesi del Medio Oriente nello stesso periodo. Il mestiere delle armi, per ricordare un bellissimo film di Ermanno Olmi, seduce ancora i governanti di tutto il mondo. Ma il mestiere di mercati di armi ancor di più.
Il resto dell’articolo è disponibile su Crusoe, una newsletter a pagamento che si può leggere solo abbonandosi. Tutte le informazioni le trovi qui.
