Categoria: cronicario

Cronicario: Cara Italia ti scrivo (ma tu non leggi)

Proverbio del 29 maggio Abbi pazienza con l’amico piuttosto che perderlo

Numero del giorno: 111,8 Indice Istat fiducia consumatori a maggio (era 110,6)

E si ricomincia con le letterine, come ebbe a dire VicePremier Unoemezzo in qualcuna delle sue battute parasocial. Non è arrivata ancora quella temutissima da Bruxelles, come si affretta a farci sapere il ministro Mammamia, che non a caso si occupa di economia, e per fortuna, perché in compenso ne sono arrivate un paio da Francoforte, col francobollo della Bce sotto forma di rapporto sulla stabilità finanziaria.

Che dicono? Le solite cose: che siamo un pericolo per noi stessi e per gli altri, sostanzialmente, e che le nostre banche sono imbottite di Btp ad alto potenziale esplosivo che ballano a suon di spread.

Fosse solo quello. Pure la Corte dei Canti (rectius dei Conti) ha vergato una bella letterina piena di buoni consigli, ovviamente non richiesti e figuratevi quanto ascoltati, visto che certi fenomeni al governo hanno già fatto sapere che vogliono un piano fiscale da 30 miliardi di taglio delle tasse.

E vabbé: siamo fatti così. La Corte conterina non può far altro che ricordarcelo. Pensate: chiede pure un sistema pensionistico equo.

No, no credeteci pure. Anzi: sappiate che quelli di Bruxelles ci scriveranno pure, nella benedetta letterina in arrivo, che rischiamo una multa per il nostro vizietto di sforare, con ciò mostrando di non sapere – loro come gli altri – una cosa che tutti gli italiani sanno perfettamente. Ossia che tutti ci scrivono lettere. Ma noi non le leggiamo.

A domani.

Cronicario: La flat tax è una Sicurezza (bis)

Proverbio del 21 maggio Il pensiero rende l’uomo grande come una montagna

Numero del giorno: 8,1 Crescita % produzione annua nelle costruzioni in Italia a marzo

E quando a un certo punto sento Vicepremier Uno (o Due, fate voi) tornare a dire che “non domani, ma adesso”, bisogna fare la Flat tax al 15% perché “solo così possiamo correre” e che  non c’è da preoccuparsi per i buchi nel bilancio dello stato perché tanto “dal secondo anno in poi col taglio delle tasse si incassa di più”, mi rendo definitivamente conto che peggio delle minchiate c’è solo una cosa: le minchiate ricorsive.

Mi dico che solo un difetto di spin può aver indotto un politico a ripetere la stessa cosa che diceva un anno fa, come d’altronde solo un difetto di qualunque altro genere – sostanzialmente di cervello – può spingere qualcun altro a credergli. Ma poi mi accorgo che il problema è più ampio. La coazione a ripetere non risparmia gli oppositori, che infatti ripetono che “la flat tax è ingiusta”, e così fanno incazzare sia quelli che ci credono, sia quelli che ci vorrebbero credere, sia quelli che non ci credono ma non credono neanche che si debbano ripetere sempre le stesse cose. E, soprattutto, la coazione a ripetere non risparmia il ministro dell’economia, che rima non a caso con Mammamia, che infatti ripete che “la flat tax si può fare solo se si tagliano le spese”.

Meglio ancora quando riririripete che “è inutile fare più deficit se poi serve solo a pagare l’aumento del costo del debito”, che è una riflessione tanto semplice che non la capisce nessuno. In compenso è chiaro a tutti, a questo punto, che siamo in piena campagna elettorale. Quella del 2018.

E visto che si ricicla, possiamo riririripetere senza tema di annoiare nessuno di #staresereni. La flat tax si farà. E’ una sicurezza (come il decreto). Bis, ovviamente.

A domani.

 

La Cina “apre” la sua finanza mentre infuria la sfida hi tech con gli Usa

Fa parte del ritmo controverso al quale balla il nostro tempo la contemporaneità di notizie come quella sull’aumento dei dazi fra Usa e Cina, cui fa da contorno quella clamorosa se confermata dell’estromissione dalla tecnologia di Google degli smartphone cinesi Huawei, e le decisioni cinese di aumentare il proprio grado apertura finanziaria. Questa apparente contraddizione in realtà si spiega molto semplicemente. La Cina ha capito che deve aprirsi al mondo – anche aprendo il suo conto capitale – se vuole perseguire il suo disegno di diventare una potenza di primo piano. Al tempo stesso il mondo – e segnatamente la potenza egemone in carica – manifesta i suoi timori, mettendo ad esempio nelle sue liste nere le compagnie hi tech made in China, essendo l’equazione cinese composta di troppe variabili incognite.

Questa tendenza, che dà il ritmo alla cronache, alimenta gli annunci come quelli di recenti fatti da Guo Shuqing, presidente della China Banking and Insurance Regulatory Commission (CBIRC) che si recente ha fatto sapere che già da questo mese saranno operative diverse misure amministrative per favorire l’ingresso di operatori finanziari esteri nei mercati cinesi. Ad esempio verranno affievoliti i limiti di proprietà di banche cinesi, che segue logicamente alla decisione, attiva da tempo, di non rendere più necessaria un’autorizzazione amministrativa per le banche estere per fare operazioni in yuan.

Fra gli scopi di queste decisioni c’è anche quello di facilitare i colloqui commerciali con gli Usa, sui quali pesano come un macigno la decisione di Trump di innalzare le percentuali dei dazi e la risposta cinese. Ma al tempo stesso questa decisione consente a Pechino di rafforzare i suoi legami con la comunità finanziaria internazionale, per la quale l’apertura del conto capitale cinese rappresenta senza dubbio un’occasione storica.

Infatti ad alcune grazie operatori finanziarie è stata concessa l’autorizzazione a espandere le proprie operazioni in Cina. Fra questi troviamo la svizzera Ubs, che ha aumentato la sua quota di partecipazione nelle joint venture cinese Ubs securities fino al 51%, la tedesca Allianz, che starebbe per fondare in Cina la prima compagnia assicurativa a proprietà estera e persino l’agenzia di rating S&P cui è stato concesso di operare in Cina. Fra i colossi troviamo anche l’olandese Ing, che opera in joint venture con la Banca di Pechino e che vorrebbe ottenere la maggioranza di capitale. Si attende la pronuncia del regolatore che, se fosse positiva, inaugurerebbe la prima banca a proprietà estera nel suolo cinese. Una piccola rivoluzione.

Fra i candidati a far la storia (almeno finanziaria) cinese c’è anche American Express che ha ottenuto l’autorizzazione ad operare in Cina già dal novembre scorso, anche se in società con un’entità locale e anche Visa e Mastercard stanno lavorando in questa direzione, secondo alcune voci di stampa. Pechino ha voglia di internazionalizzarsi. Ma non può riuscirci da sola. E soprattutto sarà molto difficile che riesca se gli Usa continueranno a piazzarle bastoni fra le ruote.

Cronicario: Produzione e consumi fanno il Bot

Proverbio del 10 maggio Si chiede profumo a un fiore e gentilezza a una persona

Numero del giorno: 118.300.000.000 Export tedesco a marzo (+1,9% su marzo 2018)

E per finire in bellezza tre meravigliose notizie che gioveranno al sostenere il baldo morale declinista che incoraggia la nostra vocazione nazionale.

Merito di Istat che oggi ha rilasciato due pregevoli rapporti, uno sui consumi al dettaglio e l’altro sulla produzione. Sul primo c’è poco da dire: siamo un popolo che avversa fieramente il consumismo, perciò facciamo bene a consumare poco e se possibile pochissimo.

La flessione di vendite dei beni alimentari mi consola particolarmente, perché si avvicina la prova costume ed è il momento di far qualcosa di risolutivo per i residui di glicogene annidati nel girovita.

Quanto alla produzione industriale, com’è noto il nostro meraviglioso paese è in prima linea, oltre che nella lotta al consumismo, anche in quella contro l’ossessione per la crescita a tutti i costi, che alla lunga fa male alla salute, per non parlare dell’ambiente. I dati Istat confermano che siamo sulla strada giusta.

Dulcis in fundo, oggi c’è stata l’asta dei Bot annuale che è andata benissimo: infatti i rendimenti sono saliti dallo 0,07 di aprile allo 0,122. Volete mettere la gioia per il piccolo risparmiatore che compra Bot? Magari sul momento non si ricorda che gli interessi sono pagati con le sue tasse, ma vabbé.

Ricapitoliamo: consumiamo meno, produciamo meno e il Tesoro paga più interessi sui titoli di stato. E’ il (governo del ) cambiamento bellezza.

Buon week end.

Cronicario: Un bel ponte sulla via Trucis

Proverbio del 19 aprile Non puoi comprare la saggezza col denaro

Numero del giorno: 110,5 Indice Istat fiducia consumatori ad aprile (al minimo da luglio 2017)

Dai che ci siamo: parte il ponte. Quello di Pasqua intendo. L’unico ponte che si riesce a fare in Italia senza liti e tangenti, manette e titoli di giornali (anzi, no, quelli sì, ma sono inevitabili come il raffreddore d’inverno). L’unica opera pubblica che mette d’accordo tutti.

Parte il ponte e finalmente l’Italia si scopre felice e ottimista col suo fiume di automobili che già s’incolonna lungo le autostrade, preannunciando città desertificate, al netto dei turisti, coste affollate, hotel pieni e ristoranti zeppi che regaleranno conti salati e dolcissimi disordini alimentari. E lamenti, ovviamente, come quelli della tale confcommerciante secondo cui le prenotazioni in hotel sono andate bene, ma non benissimo.

Di buono c’è che essendo Pasqua possiamo pure sperare in una qualunque risurrezione sorvolando persino sull’aria truce che spira in questo momento attorno al nostro bellissimo governo del cambiamento, che sembra nel pieno della sua personalissima via crucis.

Dite che il ponte di Pasqua/25 aprile/Primo maggio non sarà abbastanza lungo per dimenticarsi di loro? Tranquilli, c’è sempre quello di Natale.

Buone feste.

Ci rivediamo alla fine del ponte.

Cronicario: Arriva il navigator di cittadinanza

Proverbio del 18 aprile Ci sono sempre orecchie dall’altro lato del muro

Numero del giorno: 120.723 Domande per Quota 100 arrivate all’Inps

Pronti? Via: arrivano i navigator. Tremila posti, mica bruscolini: di questi tempi magri almeno fanno un po’ di pil.

Ma pil a parte c’è anche il segnale politico, vivaddio: innanzitutto uno stipendio dignitoso: 30.938 euro l’anno lordi, compresi 300 euro al mese di rimborsi spese. Certo sarà a termine (fino al 30 aprile 2021), ma tutte le cose belle finiscono anche i navigator.

Ma oltre a ciò finalmente si stabilisce un principio: il merito. Infatti saranno ammessi alla selezione per il ruolo di navigator al massimo 20 candidati per ogni posizione su base provinciale “in ragione del miglior voto di laurea”, si legge nel bando pubblicato da Anpal. Se per ipotesi ci fossero voti equivalenti, verrà preferito il candidato più giovane di età.

E che succede se ci sono candidati di pari merito e pari età?

“In caso di ulteriore parità verranno ammessi tutti i candidati di pari età”. E allora capisco: è arrivato il navigator di cittadinanza.

A domani.

Cronicario: I soldi degli italiani emigrano Def-initivamente

Proverbio del 17 aprile Una piccola falla può affondare una grande imbarcazione

Numero del giorno: 2.000.000.000 Blocco spesa pubblica scattato a causa della minor crescita in Italia

Mentre la finanza pubblica sta come le foglie d’inverno, come diceva il poeta, è con grande e somma soddisfazione che vi annuncio che quella privata va alla grande. All’estero.

Gli italiani emigrano. O almeno lo fanno i capitali degli italiani. E questa emigrazione di liquidi dura da abbastanza tempo da consentire l’erogazione di una quantità di rendite sufficienti a raddrizzare il nostro conto corrente della bilancia dei pagamenti malgrado il conto delle merci inizi a declinare.

I redditi primari, lo dico per i distratti, sono quelli che incorporano il rendimento del capitale in senso stretto. Le rendite, insomma. E il saldo misura la differenza fra le rendite che paghiamo all’estero e quelle che l’estero paga a noi. Se leggete la didascalia del grafico scoprirete che il saldo è migliorato di oltre otto miliardi in un anno. Esportare capitali, evidentemente, paga.

Aspettate a farvi venire il mal di testa, perché c’è un altro grafico per voi. Quello della nostra posizione netta sull’estero.

Siccome abbiamo un bel pacco di miliardi all’estero, il calo dei mercati ci ha fatto dimagrire sul lato degli attivi. Ma si tratta di un movimento provvisorio. Il rimbalzo dei mercati si dovrebbe già vedere il prossimo mese. In sostanza i denari all’estero hanno dato un robusto contributo all’equilibrio dei nostri conti. Se poi vi capita di leggere le ultime audizioni sul Def – oggi è di scena il ministro Mammamia, che casualmente si occupa di economia – capirete anche perché c’è un futuro radioso che attende i nostri capitali. Sempre all’estero, ovviamente.

A domani.

Cronicario: L’economia italiana non è ferma: riflette

Proverbio del 27 marzo Chi non ha un passato non ha un futuro

Numero del giorno: 26 Quota % di lavoratori che le imprese non trovano sul totale dei posti nel 2018

Non state a sentire del centro studi della nota associazione degli industriali, che dicono che “l’Italia è ferma”. Dai, come si fa dire che siamo fermi?

Dai come si fa dire, come ha fatto il noto centro studi, che la crescita 2019 sarà azzerata, in un momento un cui prevalgono la fiducia e la voglia di fare?

Io davvero, poi, non capisco perché si dica, come sottolinea sempre il noto centro studi, che il lavoro è fermo. C’è un sacco di gente che dà da fare.

Dai è ovvio che queste affermazioni del noto centro studi hanno una finalità politica. Si candidassero allora.

A domani.

Ps: Perché sia chiaro a chi non l’ha capito: l’Italia non è affatto ferma. Sta riflettendo.

Cronicario: Abbiamo portato le arance pure ai cinesi

Proverbio del 22 marzo Quando il salice si muove la primavera è in arrivo

Numero del giorno: 0,3 Crescita % pil nel 2019 secondo stime Confcommercio

Adesso finalmente è chiaro perché il figlio del cielo Xi farà anche tappa in Sicilia, nell’ambito del suo storico viaggio in Italia: va ad assaggiare il prodotto.

Non lo sapevate? Stiamo qua apposta. Grazie ai buoni uffici di Alibaba (NON Alitalia, ndr) invieremo casse di arance siciliane a Pechino e dintorni. Altro che i cinesi alla conquista dell’Italia. E’ proprio il contrario. E quelli più illuminati di noi lo avevano capito da tempo. Tarocchi rossi siciliani ai rossi cinesi.

Portare le arance ai cinesi, poi, in perfetto stile governo del cambiamento: volete mettere la soddisfazione. Non c’è riuscito neanche Trump.

Buon week end.

Cronicario: E per chi vuole proprio lavorare arriva il salario di cittadinanza

Proverbio del 13 marzo Per il cavallo pigro è pesante anche il carro vuoto

Numero del giorno: 36.000 Calo occupati in Italia nel IV trimestre 2018 rispetto al III

Mentre Theresa May ‘na gioia ci regala l’ultima sorpresa sul fronte Brexit e ci prepara le prossime, che saranno ancora più gustose – stasera è atteso il voto sul no deal del parlamento britannico – sul fronte interno rumoreggiano clamorose novità che ormai fanno impallidire anche gli straordinari successi di Quota 100 mila e del reddito di Sanchopanza. Non pago di essere in procinto di firmare un accordo coi cinesi, il governo sta già lavorando alla madre di tutte le riforme: quella sul reddito minimo, che è il fratello maggiore del reddito di cittadinanza. Diciamo il salario di cittadinanza (copyright Il Cronicario).

Per l’occasione si sono scomodati i pezzi grossi, che ci hanno fatto sapere una cosa che mai avremmo sospettato: gli italiani guadagnano poco.

Glielo giuro, signora mia. Dia un’occhiata a questo grafico se non ci crede.

Chi non crede al Fmi, che è notoriamente anglofono, può credere a mamma Inps che proprio stamane è stata ascoltata dall’augusta commissione Lavoro dove si sta elaborando la genialata del salario di cittadinanza. E che dice l’Inps? Che il 22% dei dipendenti privati italiani (escludendo agricoli e domestici) ha una retribuzione oraria inferiore ai 9 euro, ossia la base minima che uno dei tanti disegni di legge vorrebbe porre come reddito di lavoro. Complessivamente il 40% dei lavoratori guadagna meno di 10 euro l’ora.

Per non farci mancare niente, l’Inps ha pure sottolineato che la giurisprudenza lavorista e gli studi economici del mercato del lavoro hanno “sollecitato giustamente l’esigenza di un salario minimo legale, tanto più se integrato con la contrattazione collettiva”. Purché ci siano “efficaci forme di controllo del rispetto dei parametri di legge” e di “misure sanzionatorie nei confronti dei trasgressori”. Più soldi per tutti, insomma, ma coi controlli.

Ma siccome i commissari ancora può darsi che non siano conviti, è arrivata anche l’Istat, che ha fornito informazioni altrettanto importanti. La prima sugli andamenti del mercato del lavoro, che va benissimo altroché.

E poi, sempre in Commissione, l’Istituto ha fatto sapere che con un salario minimo di 9 euro lordi ci sarebbero 2,9 milioni di lavoratori che avrebbero un aumento retributivo medio annuo di 1,073 euro. Tale misura riguarderebbe il 21% dei dipendenti e avrebbe un impatto sul monte salari di 3,2 miliardi. Da qui l’annosa domanda.

Tranquilli. questo aggravio di costi peserebbe sui margini operativi lordi delle imprese con dipendenti, che sono circa 1,5 milioni. Direte: chissenefrega. Certo, salve che qualcuna potrebbe decidere di tagliare qualche contratto a termine (che sono gli unici che crescono), o terminarne qualcuno a tempo indeterminato (che sono già in calo) per rientrarci. A meno che non riescano a scaricare l’aumento dei costi. In tal caso…

Bravi, siete pronti per fare gli economisti di governo. Scrivete a: Avvocato del popolo, c/o Palazzo Chigi, 00100 Roma.

A domani.