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Cronicario: Perdere 500 miliardi di mattone e vivere (in)felici
Proverbio dell’1 febbraio Il rimedio contro i tempi avversi è la pazienza
Numero del giorno: 145 Kg di cibo che ogni italiano getta nella spazzatura ogni anno
A chi dice che noi italiani siamo vagamente incazzati, vorrei ricordare che abbiamo avuto un lustro (a dir poco) vagamente depressivo e che, come se non bastasse, ce lo ricordano pure ogni giorno.
Ora vorrei dire a questi signori che se siamo sicuri esperti del piagnisteo dipende pure dal fatto che, oltre a essere dotati di un certo talento melodrammatico, abbiamo visto la nostra economia praticamente investita da un meteorite proprio mentre iniziavamo a credere di avere i superpoteri. Mi chiedo come avrebbero reagito – chessò – gli inglesi, maestri di aplomb, se avessero perduto più di 500 miliardi di ricchezza abitativa in cinque anni.
Bene, a noi è successo, e precisamente fra il 2011 e il 2016, come ci racconta Istat in una release molto istruttiva che mostra come la crisi abbia tosato notevolmente la nostra ricchezza patrimoniale, abitazioni in testa.
E siccome le famiglie sono le grandi proprietari di case, nel nostro paese, finisce che buona parte di questo dimagrimento coatto lo hanno subito loro. Parliamo di 350 miliardi buoni.
Ci sta che siamo un filo incazzati, che dite? Ma siccome non vedo nessuno che marcia per le strade con le chiavi di casa in mano, ne deduco che il nostro buon carattere mediterraneo abbia avuto il sopravvento. Della roba in fondo ce ne infischiamo, basta che abbiamo sole, cuore& amore.
Oddio, in effetti nel 2011 eravamo un filo più soddisfatti. Ma è questione di decimali. Abbiamo perso 500 miliardi di ricchezza abitativa – e vi faccio grazia del resto – e francamente ce ne infischiamo. Sono vagamente fiero di noi. Mi chiedo se non dipenda dal dettaglio che complessivamente la nostra ricchezza patrimoniale (esclusa quella finanziaria) nel 2016 abbia superato i 9,5 trilioni, l’84% dei quali sono immobili. Siamo un popolo di palazzinari (in)felici. Forse il buonumore viene alimentato dalla circostanza che il robusto dimagrimento dal 2012 sia stato più che compensato dal robustissimo incremento del valore del nostro patrimonio abitativo a partire dal 2001, quando inizia la serie. Il calo del valore delle abitazione dell’8,1% rispetto al 2011 non impedisce che il valore cumulato dal 2001 al 2016 sia cresciuto del 76%, passando da 3.268 miliardi a 5.738. Fino al 2008 crescevamo al ritmo del 9%. Questo mentre i nostri redditi andavano così:
Quindi al momento del picco dei nostri valori abitativi, i redditi avevano già perso quasi il 10% rispetto al livello del 2003. Vi sembra strano che il mattone sia dimagrito? A me sembra strano che sia ancora in piedi.
A domani.
Cronicario: Offresi cavia per sperimentare gli effetti del lusso
Proverbio del 29 gennaio Ingannami sul prezzo, ma non sulla qualità della merce
Numero del giorno: 656.000.000 Risarcimenti versati dallo stato italiano per ingiusta detenzione dal 1992 a oggi a 26.412 persone
L’ennesimo scandalo automobilistico che ha coinvolto i colossi tedeschi, che hanno fatto pippare gas di scarico di auto diesel – i peggiori – a un manipolo di cavie ha convinto tutti che non è possibile permettere a questi cattivoni di fare cose del genere e passarla liscia. Anche perché mica si sono limitati a inquinare gli uomini, ‘sti balordi, ma hanno usato anche cavie animali, capito? Delle povere scimmiette.
Ora usare cavie umane è un conto: dopotutto quella monnezza la respiriamo ogni giorno e siamo pure felici di estinguerci così. Ma le scimmie? La deriva del capitalismo pseudo-ambientalista deve essere assolutamente arrestata prima che vengano fuori altre nefandezze e magari le scimmie si incazzino sul serio.
Anche perché mica c’è bisogno di scomodare altri primati. Noi uomini, che siamo un po’ il top della fascia, siamo felicissimi di prestarci alle sperimentazioni. Lo facciamo con i farmaci, i gas di scarico e c’è una fila sicura di quelli che s’offrono di provare i nuovi IPhone e soffrono quando non ci riescono. Figuratevi se un giorno dovesse venire fuori che gli smartphone cuociono il cervello.
A me più che questo spaventa il fatto che, secondo il Financial Times, Apple si appresta a chiudere il miglior trimestre di sempre con gli analisti a stimare un utile superiore a 18 miliardi di dollari. Ma lo spavento diventa curiosità quando leggo che il quarto trimestre 2017, quello record, è il primo che incorpora le vendite del mitico IPhone X, per cui uno pensa che i 29 milioni di esemplari venduti abbiano in qualche modo contribuito. Epperò leggo altrove che le vendite non sono state considerate soddisfacenti, tanto che l’IPhone X scomparirà entro fine anno perché Apple pensa di far uscire tre nuovi modelli (tre) l’autunno prossimo per la gioia dell’esercito dei selfie.
Ora, cara industria delle cose belle e lussuose, oltre che vagamente futili, che non mi posso permettere: nel caso dovesse occorrerti una cavia disposta a sperimentare tutte le cose pericolose che produci conta pure su di me. Offro un impegno a tempo pieno, riservatezza e anche una rinuncia ad alcuni diritti civili, se serve.
Sono tentato di mettere a tacere il mio demone consumistico insoddisfatto, che divora quel che resta dei miei neuroni, quando leggo con un certo sconcerto che la Coldiretti è preoccupata che il nostro beneamato Mister T terremoti il nostro export di beni alimentari che negli Usa trova uno dei suoi bengodi. Ballano 40 miliardi di esportazioni che finiscono nel mucchio dei soldoni che gli Usa pagano al nostro commercio estero. Cerco di immaginarmi ritorsioni raffinate abbastanza da far pagare agli yankee un eventuale dazio sul parmigiano. Ma poi capisco che per loro il made in Italy è come per noi l’Iphone: sono dipendenti. E quindi mettessero pure i dazi. Noi aumenteremo la stagionatura.
A domani.
Cronicario: Il bottocoin di Bitcoin
Proverbio del 16 gennaio Meglio non tagliare ciò che può legare
Numero del giorno: 27,9 Incremento % export italiano in Russia nel 2017
A un certo punto, un paio di mesi fa, una mia parente lontana mi scrive un messaggio tipo: “Ma che ne pensi di Ethereum, vale la pena investirci?”. Rimango esterrefatto perché ignoravo che costei conoscesse la differenza fra un’azione e un’obbligazione. E invece non solo conosce le criptovalute, ma persino quelle più esotiche, oltre al solito Bitcoin che in questi mesi sta regalando gioie da montagne russe ai suoi affezionati.
Memore dell’adagio che il rischio va a braccetto col rendimento, suggerisco alla mia congiunta di provare il casinò, che è di sicuro più divertente che guardare grafici o decrittare il pensiero astruso dei profeti delle monete esoteriche che fanno guadagni molto essoterici. Dopodiché me ne dimentico.
Qualche tempo dopo, per le feste di Natale, mi chiama un amico da Chicago, dove la borsa ha autorizzato il trading di strumenti finanziari con Bitcoin come sottostante. Mi dice che ha comprato non so cosa e ha guadagnano mille dollari comprando e vendendo lo stesso giorno. Mi congratulo. Gli dico di regalarsi una bella cena fuori e magari qualcos’altro. Mi risponde che no, ha subito reinvestito e che adesso ne perde 1.200. Gli ricordo che al casinò è buona pratica uscire dopo aver vinto, perché sennò si perde. Ne conviene, ma sta ancora lì.
L’altra sera poi, la minaccia Bitcoin mi si è materializzata direttamente in casa. La mia dolce metà mi ha domandato a bruciapelo se non dovessimo investire due spicci sulle criptovalute. Capisco che la seduzione dei soldi facili non ha tempo e si aggiorna con la tecnologia che, diabolicamente, li fa credere ancora più facili. Bitcoin ha fatto un boom e finirà col fare il botto, come sempre accade, una volta che i sedotti si trasformeranno in abbandonati. La cosa curiosa è che il botto parta da Oriente, dove si annida gran parte degli utilizzatori finali. Il primo schiaffone è arrivato dalla Cina qualche settimana fa. Più di recente ci ha pensato la Corea del Sud e oggi di nuovo la Cina che promette nuovi inasprimenti. Non so se gli orientali disprezzino i soldi facili, o più semplicemente ambiscano al loro controllo. Nel dubbio mi torna in mente Balzac, che odiava le lotterie perché le giudicava infidi strumenti del governo per sfruttare le disperazione dei poveri. Probabilmente avrebbe odiato Bitcoin.
A domani.
Cronicario: Il quarto segreto di Anghela provoca un’eurezione
Proverbio del 12 gennaio Il destino è un mare senza sponde
Numero del giorno: 6,3 Incremento % produzione auto in Italia a novembre 2017
Dopo lo svelamento del terzo segreto di Fatima non ci resta che attendere quello del quarto segreto di Angela, che si legge Anghela, all’origine di grandi stupori nelle cancellerie europee, testimoni attonite del nuovo matrimonio del barbutissimo socialdemocratico Herr Schulz, che ha ceduto, alla faccia di chi ne dubitava, alle grazie della matrona Mutti.
E pensare che solo a novembre scorso…
E vabbé. Oggi il nostro Schulz celebra la ritrovata armonia coniugale parlando di “un risultato eccezionale”, come uno sposino dice di sé stesso dopo la prova del talamo. E come ha fatto Anghela, si chiedono basiti i corvacci che già ne disegnavano il tramonto, a fargli cambiare idea? Qual è il suo segreto?
Ma siccome un segreto è un segreto, probabilmente non lo sapremo mai. Contentiamoci del miracolo di un accordo sul quale nessuno avrebbe scommesso e che somiglia e un gigantesco salvagente per i destini dell’eurozona. Vi do giusto un paio di elementi su cui riflettere. Una delle prime dichiarazioni della neonata grande coalizione ha riguardato l’intenzione di voler aumentare i fondi destinati all’Unione europea “in modo che possa mettere in pratica meglio i suoi compiti”, pure a costo di “contributi maggiori della Germania nel bilancio europeo”.
Il secondo elemento è l’impennata dell’euro, ormai in fase eurone.
Notate l’eurezione all’orario in cui le agenzie battevano la notizia dell’accordo. Poi siccome sono notoriamente sadomaso mi dilungo persino a leggere i dettagli del contratto matrimoniale e scopro che fra le tante cose che han messo d’accordo moglie e marito ci sono anche robusti aumenti di paghetta per i figli, ossia i bambini tedeschi. Non dico per dire: aumenterà l’ammontare della Kindergeld, la somma che le istituzioni fanno arrivare ogni mese nelle tasche delle famiglie per ognuno dei figli, al momento poco meno di 200 euri a bambino. E poi ci saranno contributi per il doposcuola, gli asili nido gratuiti e tutte quelle cose meravigliose e perfettamente logiche in un paese che ha un enorme problema di natalità come si può vedere in questo grafico.
Come dite? Quello è il grafico della natalità in Italia? Caspita è vero. Infatti noi abbiamo il bonus bebé che dura un anno e l’Ape social per i nonni baby sitter.
Ora i saputelli dicono che bisognerà aspettare pasqua per vedere il nuovo governo tedesco in tutto il suo splendore, visto che serviranno più di due mesi, oltre ai quattro già trascorsi dalle elezioni finora per trovare un accordo, per individuare chi ne farà parte. Caso vuole che anche da noi la pasqua dovrebbe servire a far resuscitare un governo dopo le elezioni marzoline. Una vera rimpatriata.
Ma lasciamo da parte la politica, che già ce n’è fin troppa in giro, e torniamo un attimo a farci due conti perché c’è un’altra controindicazione in agguato, oltre a quella sulla bilancia delle merci, nel ritorno dell’eurone. Guardate qua.
Come vedete, le famiglie eurodotate risparmiano in media il 12% del loro reddito lordo e ne investono poco più dell’8%. Che ci fanno col resto?
Ecco, questo non è un segreto: lo prestano al resto del mondo. E ci guadagnano pure bei soldini. Il saldo dei redditi primari, che misura la somma algebrica fra le rendite che l’eurozona incassa dall’estero e quelle che paga all’estero, nel terzo trimestre del 2017 è stato positivo per 38,7 miliardi, proseguendo una serie positiva che dura ormai da anni. I ricchi sono sempre tirchi, lo sanno tutti. E noi rischiamo di diventarlo sempre di più. Saluta Anghela.
A lunedì.
Cronicario: MAlitalia crescerà ancora malgrado la Fornerò
Proverbio dell’8 gennaio Non è il sapere che è difficile, ma il fare
Numero del giorno 233.000.000.000.000 Debito globale al III trimestre 2017
Tornare dalle vacanze e leggere Padoan che promette a un noto quotidiano milanese che “L’Italia crescerà ancora”, mi provoca una reazione automatica poco onorevole.
Specie dopo aver scorso l’intervista insieme al programma economico dei tre poli, e vi faccio grazie di una “l”, che si contendono i nostri voti per l’imminente elezione parlamentare. Siccome non riesco a scriverle, queste perle di politica economica, anche perché sorprendentemente simili, ve le faccio vedere.
Questa è la versione sovranista. Notate l’effendi, che sta a significare che coi soldi nostri siamo padroni a casa nostra. E apprezzate la tonalità vagamente anni ’70 alla quale tale nostalgia palesemente s’ispira.
Questa invece è la versione ‘sticazzista, nel senso di “chissenefrega di quanto mi costa, intanto io spendo”. A differenza di quella sovranista, che appare cupa e retrò, la versione ‘sticazzista si denota per una coloritura soave che lascia trasparire il gusto per l’effimero tipico di una certa Italia da bere che abbiamo conosciuto un trentennio fa. Un’Italia da cocktail e da show.
Questa invece è la versione trumpiana, limite per x che tende a infinito dell’allegria di bilancio d’invenzione keynesiana, che soddisfa il doppio requisito di spendere e insieme far crescere, e quindi rimuove pericolose crisi di coscienza del tutto nocive in campagna elettorale. La nouvelle vague del XXI secolo. Questa seduzione alligna specie fra i politici di più buone maniere. Capirete che tragedia. Le tre anime, che diventano una nel segreto dell’urna, si contendono la platea degli elettori, elencando le più fantasiose motivazioni di spesa, dalla rimozione delle tasse universitarie a quella del canone Rai, a quella della legge Fornero, detta anche Fornerò perché in un modo o nell’altro la riforma delle pensioni tornerà a galla alla prima crisi. Altre amenità ve le risparmio perché tanto ce le proporranno in tutti i modi da qui al 4 marzo, quando finalmente convoleremo a elezioni. Vi chiederete perché mai da noi le elezioni suscitino così tante attenzioni. Io un sospetto ce l’ho.
Poi magari mi sbaglio. Ma su una cosa covo una ragionevole certezza: l’Italia crescerà ancora, proprio come dice Padoan. Almeno quella dei debiti. Quanto al resto, chissà. Per dirne una, il ministro Calenda ci ha fatto sapere che sono rimasti in gara tre soggetti per conquistare Alitalia e che a giorni si deciderà con chi convolare, stavolta in trattativa esclusiva per le nozze. Un dossier che certo qualche danno può provocare, sempre ricordando le imminenti idi di marzo del governo e l’indotto politico della ex compagnia di bandiera. Alitalia, d’altronde, è uno dei malanni cronici del nostro paese che perciò a buon diritto merita di essere ricordato nel nostro cronicario.
Esattamente come merita di essere altrettanto ricordato, in questa alba di nuovo anno, il notevole contributo che la Cina ha dato alla crescita globale.
Sempre quella del debito, intendevo. Se vi spaventa il fatto che siamo passati dal 246% di debiti sul pil del 2002 al 327% nel 2017 vuol dire che non avete abbastanza fegato per l’attualità. Viviamo tempi frizzanti.
E se non vi sta bene, fatevi un drink liscio.
Buon 2018.
Cronicario: Caro Babbo Natale, ti regalo un anno di successi
Proverbio del 22 dicembre Non c’è medicina per uno sciocco
Numero del giorno: 21 Perdita % di Bitcoin negli ultimi giorni
Caro Babbo Natale,
io lo so che ti sei scocciato di trainare pacchi con le renne manco fossi un corriere mistico di Amazon. So benissimo che sei un lavoratore precario a chiamata – lavori una volta l’anno – e che non andrai mai in pensione perché neanche in questi centinaia di anni di lavoro parasubordinato a progetto a collaborazione occasionale o come si chiama – e comunque avventizio e sottopagato – sei riuscito a raggranellare i contributi che servono ad andare in pensione. E infatti si capisce dalla barba bianca e dal pancione, sintomo di disordini alimentari e di stress, che sei vecchietto abbastanza e tuttavia stai sempre lì a smazzare pacchi e a leggere lettere illeggibili di bambini smaniosi di avere in regalo l’universo mondo.
Caro Babbo Natale, io lo so che ti sei scocciato di fare il postino e di fingere pure che te ne freghi qualcosa. Di fare il faccione sorridente e distribuire carezze. Di ridere di pancia quando qualche moccioso fa le smorfie, di mostrarti sempre solerte, attento e comprensivo, ben sapendo inoltre che quelli che credono in te sono sempre di meno, visto che i bambini si stanno lentamente estinguendo per la gioia dei millenaristi.
Ma soprattutto, caro Babbo Natale, io lo so che ti sei scocciato di portare pacchi e fare auguri mentre a te nessuno regala mai nulla, un po’ come accade ai contribuenti italiani col fisco. Di auguri, poi, manco a parlarne perché la gente, là fuori, si fa solo i fatti propri e di te si ricorda solo quando ha bisogno. Si e no una volta l’anno e per poco. E questo spiega perché ogni tanto ti senti triste e bevi.
Perciò, caro Babbo Natale, quest’anno ho pensato di scriverti la solita letterina – visto che non ho mai smesso di credere in te – non per chiederti qualcosa come faccio sempre, ma per offrirtene una. Un bell’augurio di un anno pieno di successi, alla faccia nostra che dovremo pure eleggere un nuovo parlamento, fare i conti con la Bce che smette di comprarci i titoli di stato, mentre l’universo mondo continua a rimproverarci i nostri debiti. Quest’anno invece sarà il tuo anno: un anno fortunatissimo e ricco. Anzi: opulento. Tanto che potrai concederti finalmente una vacanza per il prossimo Natale, visto che non riesci mai a festeggiarlo a casa con i tuoi amici cornuti. Per l’anno prossimo non serve che vieni a trovarci. Non servono i tuoi pacchi. Abbiamo imparato a farceli da soli. E ce li scambiamo volentieri.
Tanti auguri dal Cronicario.
Ci rivediamo nel 2018.
Cronicario: Se questo è il lavoro, W le pensioni
Proverbio del 21 dicembre L’aceto regalato è più dolce del miele
Numero del giorno: 1.920.000 Produzione Eni di barili di petrolio nel 2017
Poi dice che uno vuole la pensione. E ti credo. E’ un inferno là fuori. Il lavoro intendo. E se non ci credete, date un’occhiata alle cronache che hanno ispirato il vostro Cronicario di oggi.
Nei primi 11 mesi di quest’anno l’ispettorato del lavoro ha effettuato oltre 150 mila controlli in aziende di casa nostra trovando irregolarità nel 65% dei casi, che sembra un tantino esagerato anche in un paese devastato dalla burocrazia come il nostro. Fra questi 150 mila sono stati trovati quasi 44 mila lavoratori in nero, che magari hanno pure i vantaggi statali riservati ai poveracci senza lavoro, oltre a far salire i tassi di disoccupazione, il numero degli inattivi e tutte quelle mestizie che ci raccontano.
E stendiamo un velo sulle condizioni di lavoro di questi “neri”, ferie, malattia e altre amenità, per la semplice ragione che non le conosciamo. Allora un dice: vabbé il nero è l’eccezione, per fortuna c’è la regola. Nel senso di quelli messi in regola. E come no, fatevi due risate.
L’Osservatorio del precariato Inps ci regala alcune perle di saggezza che vi faranno passare un sereno Natale. Nei primi dieci mesi del 2017 sono stati attivati 1,33 milioni di contratti a tempo indeterminato, in calo del 2,7% rispetto all’anno scorso nello stesso periodo, visto che le cessazioni sono state 1,343 milioni nel frattempo. Complessivamente i posti di lavoro sono aumentati di 729 mila unità, ma solo perché sono cresciuti quelli a termine (+28%) e dell’apprendistato (+26,3%) che hanno compensato il calo di quelli a tempo indeterminato.
E anche qui stendiamo un velo pietoso sulle condizioni di questo lavoro perché non è abbastanza natalizio raccontare di part time a termine pagati a 400 euro al mese. Meglio quindi tenersi sulle generali e raccontare dell’autentico boom del nostro mercato del lavoro: quello dei contratti a chiamata. Da quando hanno abolito i voucher sono cresciuti del 126%.
Di fronte a questo teatrino vagamente scoraggiante capite bene perché risulti così seducente l’isola felice della pensione pure a vent’anni. Per farvi un’idea di come vadano le cose laggù, leggetevi l’ultima release di Istat dedicata proprio ai nostri cari, nel senso di amati e dispendiosi, pensionati.
Ma non illudetevi, anche il paradiso non è più quello di una volta. Perché è pur vero che in media aumenta il reddito, ma i pensionati diminuiscono e con loro anche la pensione dei nuovi arrivati rispetto a quelli che ce l’hanno già. E’ un paradiso che si avvia a diventare un purgatorio. Meglio godersi il nostro piccolo inferno quotidiano, quindi. Almeno da vecchi e (im)probabili pensionati saremo abituati.
A domani.
Cronicario: Un Visco maschio senza rischio (con il fisco)
Proverbio del 19 dicembre Il vuoto dà la strada al pieno
Numero del giorno: 77.9 Aumento % lavoro a chiamata in Italia nel terzo trimestre
E adesso possiamo pure chiuderla questa benedetta commissione degli orrori bancari? Che tanto adesso va in vacanza e poi ci sono le elezioni. Dopo la rutilante audizione del Governatore di oggi, che altro c’è da dire? Ma poi soprattutto, che c’è da ascoltare? Il Governatore si è dimostrato maschio come deve esserlo un governatore, e vigile come deve esserlo il vigilante bancario. Nemico del rischio, come deve essere un buon padre di famiglia, e soprattutto del fischio, nel senso di spiffero maldicente, avendo cura delle risorse del fisco, che non a caso rima con Visco, e in ogni caso ripiana quando serve.
L’ultima performance di un vigile all’altezza di quella di oggi, non a caso rimasta nelle leggenda, è quella che vedete sopra, nel caso (improbabile) l’abbiate dimenticata. Ma nel caso rivedetela qua. Ha persino il vantaggio di durare meno di quella del vigile generale di Bankitalia. Che in compenso è assai più interessante, ça va sans dire, se vi piacciono le storie horror. Vi faccio giusto una rapida rassegna di alcuni titoli delle agenzie di stampa, nel caso (improbabilissimo) che evitiate di leggere integralmente l’intervento sul sito di Bankitalia.
Visco, agito con impegno, dolore perdite risparmiatori. Superate tante difficoltà nei limiti mandato;
Visco, mai da Bankitalia pressioni per Popolare Vicenza;
Visco, mai detto che andava tutto bene;
Visco, in 120 anni nessun ispettore Bankitalia colpevole;
Visco: vigilanza riduce probabilità crisi,non può annullarla;
Visco,su crisi banche non vigilanza disattenta ma malagestio;
Ha pesato anche peggiore crisi economica nella storia Italia;
Visco, crisi sette banche senza mala gestione si risolvevano;
Visco: con Consob collaborazione leale e costante;
Visco, in 2013 resistenza banche a rafforzare capitale: riunione tesa con manager su rischi npl;
Visco, mai telefonate con Zonin su Veneto Banca;
Visco,mai incontri banchieri da solo,ho registri telefonate;
Visco,su Etruria nessuna indicazione,recepito interesse Bpvi;
Visco, Vigilanza non può intervenire su base di ipotesi;
Visco, mai screzi con presidenti consiglio;
Visco, a governo spiegato bene problema bond 4 banche;
Visco: Renzi mi chiese di Etruria, io non risposi;
Visco, Boschi a Panetta, preoccupata crisi Etruria;
Visco, su vigilanza banche parlato solo con ministro economia;
Visco, sbagliata idea preservare banche del territorio;
Visco, da Boschi nessuna richiesta interventi Etruria;
Visco, anche a Bruxelles capito flessibilità crisi banche.
Perché se dopo tutto questo non avete ancora capito a che serve la commissione bankhorror siete senza speranza. Anzi siete maturi per Babbo Natale.
A domani.
Cronicario: E per regalo di natale, iniziamo a dare i numeri
Proverbio del 15 dicembre Un ospite lieto non grava su nessuno
Numero del giorno: 339.000.000.000 Entrate fiscali italiane genn/ott 2017
La sentite, sì, quest’arietta frizzante da ultimo week end prima del Grande Month End natalizio? C’è quell’odorino di festa per le strade dove si mischiano i vapori seducenti del torrone con quelli delle carte di credito surriscaldate. E così tuttoduntratto anche il cronicario globale, dove presto leggeremo solo di cenoni e panettoni, diventa frizzante regalandoci gli ultimi brividi del 2017. L’Ocse, per dire, arriva a consigliare a noi italiani, notoriamente santi e navigatori, ma soprattutto poeti, di studiare più matematica e informatica per catturare le opportunità offerte dal progresso come se a) ci fregasse qualcosa del progresso e b) si potesse convincere un vegetariano a mangiare bistecche crude, che è più o meno quello che si chiederebbe a un poeta proponendogli di scrivere un algoritmo.
Ora sarà pure vero, come dice sempre l’Ocse che i nostri laureati sono in gran parte sovraistruiti (di cose futili) e così finiscono sottopagati (perché futile rima con inutile). Però è vero pure che noi italiani siamo bravissimi quando si tratta di dare i numeri. Prendete Bankitalia. Oggi, nel pieno dell’entusiasmo pre natalizio ne ha sparati alcuni belli grossi.
I più ottimisti noteranno che le previsioni di fine anno sono migliorate rispetto a quelle d’inizio autunno, e sarà sicuramente merito dell’entusiasmo col quale sono state preparate. Ma anche, sospetto, di una certa invidia sociale derivante dal fatto che poco prima la Bundesbank aveva sparato le sue, di previsioni, secondo le quali l’economia tedesca crescerà il 2,6% nel 2017 e il 2,5% nel 2018, aumentandole parecchio dall’1,9 e 1,7 delle stime precedenti.
Il secondo numeretto niente male è il grande protagonista delle nostre cronache politico-economiche: il debito pubblico, senza il quale è impossibile immaginare l’Italia. Bene, a ottobre è arrivato a 2.289,7 miliardi, 5,8 in più del mese prima. Il che ci fa capire che godiamo di ottima salute – pensate a quanti creditori si preoccupano per noi là fuori – e che ci possiamo godere le feste senza troppi patemi. Anche perché poi ci sono le elezioni di primavera e lo sappiamo tutti che significa.
Non dovremmo preoccuparci del debito, infatti, che tanto sta lì e chi l’ammazza, ma del fatto che a parte l’eccesso di poesia che ci candida a ruoli improduttivi, ci stiamo pure guastando il carattere, a furia di guardarci in cagnesco l’un l’altro. Ecco un esempio: oggi Istat ha discusso la sua ultima fatica, il rapporto sul benessere equo e sostenibile, che non ho ancora capito che significa, ma dove leggo che “il 2016 restituisce l’immagine di un tessuto sociale che presenta criticità: scende la soddisfazione per le relazioni familiari (dal 34,6% al 33,2%) e per le relazioni amicali (dal 24,8% al 23,6%). La fiducia negli altri si mantiene piuttosto bassa, con solo una persona su cinque ritiene che la maggior parte della gente sia degna di fiducia”.
La dismissione della fiducia reciproca mi spiace persino più del nostro insuccesso economico, produttivo e magari anche matematico. Ma poi capisco che è la solita esagerazione della stampa. Non siamo diventati stronzi. Stiamo dando i numeri.
A lunedì.
Cronicario: Un’Ape ci salverà, alla faccia dei derivati
Proverbio del 13 dicembre Solo ciò per cui combatti è duraturo
Numero del giorno: 1,8 Accelerazione % inflazione a novembre in Germania
Oggi che è una giornata meravigliosa, in cui l’occupazione europea cresce come la produzione industriale – quella italiana di auto persino dell’11,7 a ottobre – e Calenda ed Emiliano se le suonano su Twitter per la storia dell’Ilva, facendoti sognare una vera classe politica, e Confindustria aumenta la stima del pil per il 2018 all’1,5%, mentre paventa i rischi di caos post elettorale, e nel Regno Unito si verifica un altro miracolo statistico, per cui l’occupazione cala insieme con la disoccupazione…
oggi dicevo, che in quella galleria degli orrori finanziari che è la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche si è manifestato un pubblico ministero della Corte dei Conti che ha sparato a zero contro il ministero del Tesoro per la storia dei derivati del 1994, costati finora almeno quattro miliardi alle casse dello stato, sostanzialmente sputtanando tutta la classe politico-burocratica, che ha fatto girare i soldi negli ultimi vent’anni in Italia – ve le raccomando le esternazioni del pm: sono un campionario assai istruttivo sullo stato della nostra macchina pubblica – e mettendo in croce la povera dottoressa Cannata, che già cognome omen e per giunta è chiamata a tenere in piedi quel mostro che si chiama debito pubblico…
oggi quindi che nel mentre l’Istat e il Cnel firmano un accordo per misurare congiuntamente il benessere equo e sostenibile del paese – che chissà cos’è – e il cronicario globale torna a parlare di Giampiero Fiorani, indimenticato protagonista dell’estate dei furbetti del quartierino nonché banchiere popolari di Lodi, baciafronte del governatore di via Nazionale dell’epoca, presentandolo come il manager che guiderà la riscossa dell’holding Orlean Invest di Gabriele Volpi, petroliere nonché azionista di Carige, che finirà in borsa non oggi ma domani e comunque presto…insomma
è sbarcato in commissione bilancio alla Camera l’emendamento che allarga l’Ape social a 15 categorie di lavoratori, comprese quindi le 4 decise dopo l’accordo con i sindacati, per cui per tutti costoro potranno andare in pensione prima a spese dello stato. Con l’occasione è stato pure creato un fondo per eventuali proroghe anche a dopo il 2018.
L’Ape social ci salverà. #StateSereni.
A domani.

























































